1.
L'angolatura del discorso
Il nostro tema
comprende tante dimensioni da farcelo ritenere assai complesso: tant'è
che, per meditarci sopra equilibratamente, cioè evitando pericolose
riduzioni, di per sé, sarebbe necessario rispondere a diverse impegnative
domande; ad esempio, a queste: esiste un progetto di Dio nella storia
degli uomini? Se esiste, di che natura è questo progetto? Se questo
progetto esiste, I'uomo è chiamato a collaborarvi? ed a quali condizioni
e a quali livelli e per quale fine?1
Noi diamo per risolte
queste domande nel convincimento che esiste un progetto di Dio che
riguarda la storia clegli uomini, che esso ha finalità dossologico-soteriologica2,
che all'attuazione del quale l'uomo è chiamato a collaborare con tutto
se stesso3. Il nostro intervento
perciò non riguarda un
livello essenziale
del discorso (che esista un progetto storico di salvezza e che dobbiamo
collaborarvi); esso invece, riguarda un livello modale: come collaborare
a questo progetto di: Dio. Anzi, neppure si tratta di una modalità
generica, ma di una modalità specifca: ci interroghiamo sul come possiamo
collaborare a questo progetto salvifico ispirandoci a Maria. Il nostro
discorso - che sarà un teologizzare amabile e tranquillo, come si
conviene quando si parla di Maria - intende risultare, in un certo
senso, un congiungimento tra mariologia e teologia della liberazione
e della speranza4.
2.
Il rapporto fra il mistero di Maria e la realtà storico-secolare
Prima
di chiederci come Maria possa ispirarci nella nostra collaborazione
al piano storico di Dio in termini di liberazione e di speranza, chiediamoci
se c'è e com'è il rapportoc: fra mistero di Maria e realtà storico-secolare.
Le realtà terrestri, oltre a possedere valori immanenti e autonomi
(cf GS 36), sono anche realtà relazionali: sono
in fatti in relazione con l'uomo (cf AA 7; GS 55),
con Dio (cf; : GS 36; DV 3), con Cristo (cf
LG 7; AG 3; GS 65; AA 5), con lo Spirito (cf
AG 4; GS 26), con la Chiesa (cf IM
3; AA 6-7; GS 42). In tale contesto ci
si può chiedere: non c'è nesuna relazione fra mistero mariano e realtà
storico-secolare? È una domanda a cui qui s'intende dare una risposta
assai breve, ma, ad un tempo, il più possibile precisa perché da essa
può venire una buona illuminazione al nostro prospetta-to problema:
quale ispirazione Maria può darci nello stabilire il nostro rapporto
di liberazione e di speranza con il mondo all'interno del progetto
di Dio?
Per vedere quale sia stato
il rapporto Maria-mondo ci sembra utile tentare una particolare lettura
di due soli privilegi mariani: I'Immacolata Concezione e l'Assunzione.
C'è del paradossale:
proprio il dogma dell'Immacolata Concezione che sembra separare Maria
dal mondo e addirittura dalle sorti dell'umanità, offre la possibilità
di una lettura e di una interpretazione in termini di liberazionepromozione
della realtà storico-secolare: «In Maria l'immacolata concezione non
diventa un sistema, una struttura, un uso o una tradizione che la
separa dagli uomini»5. L'Immacolata
è la creazione senza peccato, cioè integra, senza difetti, senza «caduta»;
essa è la perfetta creazione parziale quale Dio aveva desiderato fosse
la creazione totale. Ma l'Immacolata, con la sua integrità, non ricorda
solo come poteva e doveva essere- se l'uomo fosse rimasto fedele-
l'intera creazione, non profetizza anche come questa può e deve diventare.
Scrive acutamente Rahner: «L'Immacolata non è unicamente l'ideale
che avremmo dovuto raggiungere e che salutıamo da lontano come
inaccessibile per sempre. Abbiamo intrapreso più tardi di Maria un
cammino seminato di ostacoli: ciò non significa che noi arriveremo
solo a metà, se ci salveremo»6.
L'Immacolata è l'esempio della perfetta reahzzazione del progetto
vocazionale offerto da Dio all'intera realtà storico-secolare. Nell'Immacolata
è possibile vedere a quale vertice Dio ha inteso portare (già in Maria),
e intende portare (in noi) l'intera creazione; l'Immacolata pertanto
è la meta che indica l'integrità a cui Dio vuole riportare, con l'opera
salvifica, I'intera realtà creata. L'Immacolata, fra l'altro, e un
punto di riferimento obbligato perché l'uomo possa capire se stesso:
«Possiano sapere che cosa è l'uomo unica mente tenendo presente...
il macchiato di colpa originale e l'Immacolata»7.
In essa pertanto
«l'uomo contempla la sua perfezione: quella di essere lo specchio
puro entro il quale Dio ammira con compiacenza la storia che per la
sua benevolenza ha creato e nella quale Egli riflette la sua immagine
eterna»8.
L'Immacolata è
«fiaccola sopra il moggio», «citt' sul monte» non solo per i cristiani,
ma attraverso questi, per tutti gli uomini e per l'intera realtà storico-secolare.
Il cristianesimo, nel suo dialogo con il mondo, può presentare Maria
Immacolata, fra l'altro, come tipo nel quale si compendiano tutti
i desideri d'integrità e di pienezza coltivati da tutti i cercatori
di Dio (anche da quelli anonimi), e, ad un tempo, come il tipo nel
quale si compendia l'accoglimento di tali desideri da parte di Dio.
L'Immacolata è la sintesi simbolica di tutte le domande esistenziali
nate dal cuore degli uomini ed è anche la sintesi simbolica di tutte
le rispOste date da Dio ad esse. L'Immacolata inoltre è la grazia
redentrice più piena e più ricca fatta da Dio all'uomo, che ha trovato,
per contro, la risposta più piena e più ricca da parte della creatura.
L'Immacolata Concezione, come tipo di una risposta completa alla domanda
vocazionale di Dio, si fa, in termini negativi, critica radicale di
ogni esistenza colpevolmente irrealizzata e alienata, di ogni vita,-anche
associata -inautentica e falsa; in più, essa si fa critica radicale
di tutti gli atteggiamenti fatalistici e rassegnati di fronte al peccato
personale, comunitario, delle strutture, e altresì delle opere e dei
progetti spersonalizzati o comunque carenti d'integrità. Essa è la
proclamazione profetica che, come per Maria, un giorno tutto è stato
buono, così, in maniera diversa, anche per noi tutto sarà buono9.
La verità di fede
nell'Assunzione è - forse senza una piena ed esplicita avvertenza
- una pietra di paragone per il pensiero cristiano contemporaneo e
per le scelte dei cristiani, specie per quelle di tipo storico-secolare.
Maria Assunta è l'icona della creazione trasfigurata, pienamente realizzata
e glorificata. Le attuali fragilità e incompletezze della creazione
sono destinate ad essere definitivamente superate; di questo superamento
Maria, con la sua Assunzione è l'annuncio profetico e l'anticipazione:
«Oggi i cori di fuoco degli spiriti vedono la nostra natura d'argilla
e tremano», canta un inno arnmeno nella festa dell'Assunzione di Maria10.
Soprattutto nella patristica orientale e nella teologia russa della
trasfigurazione, si è conservato questo profondo pensiero del rapporto
fra l'Assunzione e la realtà storico-secolare: la Vergine, Madre del
genere umano, resta in cielo trasfigurata. Ella santifica tutto il
mondo naturale, in lei e per mezzo di lei l'umanità arriva alla sua
trasfigurazione11.
L'Assunzione, rappresentando
lo stadio ultimo della salvezza di Maria, è, a sua volta, paradigma
della salvezza cristiana che concepisce la salvezza in termini d'integrità,
cioè come salvezza dell'uomo intero. La salvezza di Maria è una verità
estensiva della densità della salvezza cristiana: questa non e concepita
angelisticamente (perché l'uomo non è un angelo), ma è comprensiva
di molteplici dimensioni: da un lato include e ingloba la dimensione
cosmico-temporale, dallaltro sfugge ad un'ermeneutica storico-secolare
che escluda o tenga in poca evidenza l'aspetto spirituale-mistico
della comunione con Dio. L'Assunzione di Maria si presenta come il
'concreto' confronto cristiano con il pensiero utopico facendosene
critica radicale12 in quanto
dell'utopia rifiuta la troppo breve parabola, il cui 'vettore' di
speranza si confıcca mesorabılmente, con caduta assaı
rattrıstante, neı cimiteri degli uomini, che, se non recano
i segni della resurrezione, quelli della morte non possono non essere
e non apparire che disperanti. Maria, con la sua Assunzione, cioè
con il suo ingresso nel Regno, celebra pertanto la liberazione piena
e radicale dell'uomo, perciò tale da affrancare non solo dalla cattività
di natura economico-politico-culturale, ma anche dal gancio schiavizzante
della morte13.
L'Assunzione di
Maria è la concreta dimostrazione di fede di quanto pensi il cristianesimo
sul 'destino' dell'uomo: I'uomo è fatto per un altro mondo, che non
è la contraddizione di quello che stiamo vivendo, che anzi è da questo
preparato e meritato, che però a questo non è riducibile e per questo
non può essere dimenticato. L'Assunzione di Maria è la 'concreta'
soluzione cristiana data al problema dell'uomo in rapporto alla storia
e della storia in rapporto all'uomo. Per il cristianesimo l'uomo deve
fecondarsi nell'azione del tempo destinato a sfociare nell'eternità
e non isterilirsi nel tempo che passa. Con l'Assunzione di Maria il
cristianesimo proclama che l'uomo 'merita' di più della storia, che
la storia non basta all'uomo. Ha un senso cristiano l'affermazione
dello Sciacca: «Io con la storia mi accendo la pipa!»14.
Dio infatti ha chiamato l'uomo - Maria ha già realizzato con l'Assunzione
questa chiamata - ad una esperienza eterna della salvezza, intesa
come esistenza integrale, da cui non è escluso un vero umanesirno,
sia pure nella forma escatologica15.
Maria però non è solo tipo di una salvezza futura; se fosse così,
in un qualche modo, non interesserebbe
l'uomo perché sarebbe lontano dal presente della storia: l'escatologia
cristiana è indissolubilmente escatologia del presente e del futuro
anticipato nel presente; pertanto «la speranza di Maria» si pone in
rapporto con la speranza di Gesù, con quella della Chiesa con quella
del mondo16.
Infine, l'Assunzione
di Maria possiede un'altra forte sollecitazione da far vibrare nei
confronti del pensiero e della prassi utopici contemporanei. Con essa
il cristianesimo confessa, di fronte alla storia, di credere non solo
alla dignità della comunita degli uomini, ma anche in quella d'ogni
singolo uomo. L'Assunzione di Maria è l'evento salvifico tipico per
tutta la Chiesa, ma è pur sempre la salvezza di Maria di Nazareth:
della sua singola e singolare esistenza17.
Dio perciò ci salva singolarmente: non salva all'ingrosso; non solo
gli uomini illustri, ma tutti: «Cesare e lo schiavo di Cesare» (Sciacca).
3.
Maria segno di liberazione e di speranza
Maria
è segno di liberazione anzitutto perché è la madre del liberatore18:
per suo tramite è entrato nel mondo Gesù, la salvezza in persona.
La maternità salvifica si diffonde per l'intera esistenza del Figlio
Redentore: dalla nascita fin sotto la croce, il gesto più liberante
compiuto da suo Figlio19.
Questa
interpretazione la teologia d'oggi l'ha data soprattutto leggendo
in un certo modo il Magnificat.
La
teologia contemporanea - non solo quella latinoamericana - ha voluto
intrattenersi a commentare in ottica liberatrice il Magnificat.
Quest'interpretazione liberatrice dell'inno mariano è iniziata nell'alveo
della «teologia della liberazione», ma non si è fermata ad essa: ha
interessato anche la teologia europea e non solo quella cattolica,
ma anche quella protestante. Il padre della «teologia della liberazione»,
Gutierrez, cominciò circa quindici anni fa a leggere in prospettiva
più storica il Magnificat da lui giudicato come «uno dei testi
di maggior contenuto liberatore e politico del Nuovo Testamento»20.
Sulla stessa linea di Gutierrez, anche Arturo Paoli, proprio dalla
condizione della sorte dei poveri nel continente sud-americano è stato
indotto a confessare di aver «compreso un po' più il Magnificat»21.
Maria, per quella teologia va diventando segno di liberazione per
tutta la chiesa:
«I
poveri stanno seguendo questa immagine di Maria che ci dà il
Vangelo, colei che viene per mettere nella storia il fermento
di liberazione che la smuove dalle fondamenta, e che imprime
nella storia il ritmo del •rovesciare i potenti e sollevare
gli umili'»22.
Da
ultimo Boff ha insistito anch'egli sulla dimensione liberatrice del
Magnificat: nella scia e nell'eco delle donne forti dell'Antico
Testamento - Miriam, Anna, Giuditta (cf Es 15,20-21; 1 Sam 2,4; Gdt
13,17-18 - Maria innalza anch'essa il suo grido di liberazione:
«Ha
sbalzato dal trono i potenti ed ha innalzato gli umili; ha riempito
di beni gli affamati ed ha mandato a mani vuote i ricchi» (Lc
1,52-53).
Alla
obiezione di un'interpretazione che non si può presentare un Dio antiricchi
e pauperista, Boff risponde convenendo che il Dio biblico è un «Dio
senza discriminazioni»: che fa nascere il sole sui buoni e sui cattivi,
fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45), ama gli ingrati
e i malvagi (Lc 6.,35), ama tutti e tutti avvolge con il suo gesto
misericordíoso, perché tutti sono suoi figli, ma afferma che
«in
un mondo, e contraddittorio e disumanizzato, dove vi sono innegabilmente
oppressi e oppressori, la forma dell'amore di Dio è differente...
Sbalza dal trono i potenti perché la smettano di usare il potere
in funzione dei propri Interessi e lo usino a servizio del bene
comune di tutti, e così si mettano in condizione di ricevere
la salvezza. La forma con cui Dio offre loro la possibilità
della salvezza è di togliere loro il potere»23.
Viene
rivisto, in questa prospettiva, anche il concètto di conciliazione
e di pace:
«Tra
il progetto di Dio ed il progetto del peccatore non vi è possibilità
di conciliazione. Soltanto la conversione che implica il cambiamento
della maniera di pensare, di agire ed organizzare i rapporti
tra gli uomini e degli uomini con i beni della terra, apre il
cammino per la riconciliazione e per la pace»24.
Si
sottolinea- inoltre la dimensione storico-concreta dell inno mariano
mentre se ne critica e se ne respinge il tentativo di una sua riduttiva
interpretazione di tipo spiritualizzante:
«La
spiritualizzazione che si è operata dal Magnifcat - connota
ancora Boff - entro il contesto di una spiritualità privatistica
ed intimistica ha finito per svuotarlo di tutto il contenuto
liberatorio e sovversivo nei confronti dell'ordine di questo
mondo decadente, contenuto presente in forma inequivocabile
nell'inno della Vergine»25.
Anche la teologia della
speranza si è interessata al Magnificat. Per Moltmann ií cantico
di Maria è un inno sovversivo;
«È
l'inno di una grande rivoluzione della speranza, poiché questo
Dio nel quale Maria esulta così filialmente, rende supremo ciò
che è infimo... Questo inno risuona come la marsigliese del
fronte cristiano di liberazione, nelle lotte tra le potenze
e gli oppressi di questo mondo»26.
Anche
Moltmann interpreta l'unico amore di Dio per tutti i suoi figli come
un amore differenziato che assume forme e finalità diverse
a seconda che si tratti di oppressi o di oppressori, di poveri o di
ricchi, di umili o di arroganti:
«Egli
(Dio) esalta nella sua grazia gli umiliati e gli offesi, gli
oppressi e gh schiacciati, i disumanizzati; ... d altra parte
egli protesta contro i non-uomini, che distruggono la vita degli
altri con la violenza, la ricchezza, I'egoismo. Egli disperde
i boriosi, affinché da non-uomini diventino uomini. Egli rovescia
dal trono i potenti affinché riscoprano la loro umanità. Rimanda
a mani vuote i ricchi affinché imparino a guadagnare per sé
e per il prossimo»27.
È
ancora un protestante, uno dei grandi spirituali del nostro tempo,
a interpretare con forte realismo storico i versetti 51-53
del primo capitolo del Vangelo lucano.
«Si
tratta - scriveva nel 1963 Max Thurian - veramente dell'irruzione
del Regno di Dio nell'ordine della creazione decaduta, ove gli
orgogliosi, i potenti e i ricchi hanno sempre l'ultima parola.
Questa irruzione della gloria del Signore nella povertà della
sua serva, implica la dispersione degli orgogliosi, un rovesciamento
di troni e di ricchezze che non possono più prevalere nel Regno
dei poveri innalzati e degli affamati saziati....Giustizia politica
e sociale, uguaglianza di diritti e comunione dei beni, sono
segni della misericordia del Re-Messia, caneati da colei che
è sua madre e
sua serva. Così il Vangelo della salvezza eterna diventa il
Vangelo della liberazione umana»28.
Il
canto di liberazione di Maria è, fra l'altro, un progetto di vita
proposto a tutta la comunità messianica, dacché essa non l'ha cantato
per sé sola e da sé sola,- ma come donnapopolo, come Figlia di Sion.
Perciò Max Thurian collega alla Chiesa la profezia liberatrice del
Magnificat:
«Maria,
prima cristiana è anche la prima rivoluzionaria nell'ordine
nuovo. La Chiesa, di cui- la vergine è la figura, non può proclamare
la buona novella della salvezza senza concretare, al tempo stesso,
l'amore di Dio nella difesa della giustizia in favore dei poveri
e degli affamati. La Chiesa è serva del Signore, come Maria,
quando è povera come lei, quando trova la sua gioia' rra i poveri,
quando cerca con essa la loro liberazione. Poiché è questa la
volontà del Signore la sua promessa e il suo ordine nuovo. Come
non se ne compiaceva Maria, la Chiesa non può trovarsi a suo
agio tra gli orgogliosi, i potenti ed i ricchi di questo mondo.
Come Maria, la Chiesa ama i poveri e gli affamati e si rallegra
che nella sua misericordia, il Signore disperda gli orgogliosi,
rovesci i potenti dai loro troni e rinvii i ricchi a mani vuote
perché allora questi orgogliosi, questi potenti, questi ricchi
conosceranno a loro volta la gioia della povertà che può essere
innalzata, della fame che può essere saziata, dal solo Potente,
dal solo Ricco, il Signore glorioso»29.
a.. La
speranza-liberazione di Maria
si fonda sulla liberazione-speranza del Dio
d'Israele
Maria
proclama la fede in una speranza-liberazione che si radica nell'esperienza
religiosa del suo popolo. Tutta la rivelazione veterotestamentaria
ha per oggetto principale un evento decisivo: la liberazione dall'Egitto
e l'Alleanza. Ma c'è di più: e l'esperienza dell'esodo
il «luogo di nascita» della fede d'Israele, anzi dello stesso Israele
in quanto popolo di Dio. Pertanto la storia della liberazione costituisce
il credo d'Israele (cf Dt 6,20-24; 26,5-9; Gs 24, 2-13).
I Salmi cantano la potenza di Jahvè rivelata nella sua azione liberatrice
(cf Sal 78, 106, 135, 136). Maria è l'espressione
di un popolo che ha coltivato una vera spiritualità della liberazione
e della speranza; il popolo a cui Maria appartiene era un popolo che
possedeva, per così dire, una psicologia esodale, perché la íiberazione
non ha rappresentato un progetto episodico o marginale, ma, al contrario,
un progetto costante e centrale della storia della salvezza; anzi,
la liberazione dall'oppressione appare non solo come atto rivelatore
di Dio, ma, più ancora, come l'atto col quale Dio inaugura la storia
della salvezza (cf Es 3,7-9; 14,30-31).
Tutto il rivelarsi di Dio e ií suo rapportarsi al suo popolo avviene
in termini di liberazione: progetto che Dio porta avanti mediatamente,
attraverso i Giudici e i Re (cf Gdc 2,16-18; 4,12-16;
6,7-16; 10,10-16). Jahvè tuttavia, pur agendo mediatamente,
resta il vero liberatore d'Israele (cf 1 Sam 8,7-22;
10,17-26; 16,13; 2 Sam 3,18; 5,2; 7,8).Jahvè
inoltre si mostra liberatore d'Israele in due sensi: nel senso che
libera Israele dai suoi oppressori, e nel senso che libera quanti
sono oppressi o patiscono ingiustizia dentro lo stesso Israele (cf
Sal 76,10; 103,ó; 9,10.13; 10,14.17.18; 40,18; 72,12-14;
146,7).
In un popolo e da un popolo che ha respirato ideali decisivi di liberazione
ed è stato animato per secoli dalla speranza messianica sgorga dal
cuore di Maria il canto liberatore del Magnifcat; pertanto,
isolare quest'inno della Figlia di Sion dal suo retroterra storico-religioso,
è violentare il testo lucano, impedendosi peraltro di comprenderlo.
Nel canto di Maria si sente l'ala dei profeti e l'eco dei salmi: i
versetti 51-53 del Magnificat ripropongono, quasi letteralmente,
una serie di versetti dei Salmi in cui si ripete un tema dominante
della teologia e della spiritualità veterotestamentaria: Jahvè è il
Dio difensore dei poveri e degli oppressi, colui che condanna
l'oppressione e l'ingiustizia (cf Sal 3,3-4.7-11.16-23;
74,1; 88,14; 106,9.4-41; 112,7-8)30.
b. La
liberazione-speranza di Maria si appoggia
alla
liberazione-speranza di Gesù
Maria,
Madre del Messia, condivide tutto il progetto messianico che, di fatto,
è un messaggio di liberazione e di speranza. Già Isaia aveva profetizzato
che la missione del Messia futuro sarebbe stata quella di proclamare
la giustizia e di liberare gli oppressi (Is 9,56; 11,2.4;
61,1; cf anche Sal -72,1-4.12-13); ed
inoltre quella di annunziare l'avvento del Regno di Dio quale regno
di giustizia e di liberazione degli oppressi (cf Is 24,23;
52,7; 49,9-13; 55,1-3; 65,13; 66,10). Il Messia venuto non
deluderà le profezie, ma, ponendosi nella loro scia, le` attuerà:
farà dell'annuncio del Regno il nucleo centrale del suo messaggio;
inoltre, il Regno sarà annunciato da Gesù come la realtà dell'atto
nuovo e definitivo della grazia di Dio già presente nel mondo e che
tuttavia dovra ancora venire in pienezza, come dono assoluto, alla
fine dei tempi (cf Mc 1,14-15; 2,10; 3,23-27; 9,22-24;
10,48-52; Lc 4,8; 7,22; 10,23-24; 11,20; 16,16; 7,21; 22,18-30;
Mt 11,1-ó; 12,26-28). Gesù, non solo annuncia
il Regno, ma offre la sua vita per l'avvento del Regno a vantaggio
di tutti (cf Mc 10,45), specie dei più bisognosi.
Nel discorso della montagna Gesù proclama che Dio nell'atto salvifico
del suo Regno esercita il suo potere sovrano in favore degli oppressi
e dei diseredati31. Facendo
proprie le parole di Isaia (61,1) Gesu afferma
esplicitamente che la sua missione messianica consiste nell'annunciare
il Vangelo di grazia ai poveri e la liberazione agli oppressi (cf
Lc 11,18); anzi non dubiterà di identificarsi con essi (cf Lc 11,23;
Mt 25,34-45; cf Is 58,ó-7).
Ed ancora: tutta
la rivelazione di Gesù su Dio è avvenuta in termini di liberazione:
il Dio che Gesù annuncia è il Dio liberatore degli oppressi e degli
sfruttati, il Dio giustiziere che realizza la giustizia32.
Cosicché il Regno messianico si presenta insieme, come atto supremo
dell'amore del Padre e perciò come esperienza assoluta d'amore fraterno
e di giustizia (cf Mt 23,8-9). Il canto del Magnificat è profeticamente
appoggiato sulla liberazione-speranza del Messia: nella sua vita al
fianco di Gesù, Maria vedrà attuarsi quanto aveva cantato nel Magnificat
facendo memoria della liberazionesperanza che Dio aveva suscitato
in Israele e alludendo all'opera messianica dei tempi nuovi; Maria
constata pertanto la coincidenza fra memoria e proJezia rispetto alla
scelta privilegiata che Dio fa dei poveri e degli oppressi:
«Il vantaggio dei
poveri al tempo dell'instaurazione del Regno di Dio trova quindi la
sua spiegazione... nella giustizia che egli vuole manifestare facendosi
loro difensore e salvatore. Il Dio che rovescia i potenti dai troni
e innalza la gente che non conta, che ricolma di beni gli affamati
e rimanda i ricchi a mani vuote (Lc 1,52-53), apparirà come la realizzazione
perfetta del re ideale. La prospettiva non è quella della idealizzazione
della povertà, ma quella di una teologia della giustizia di Dio e
di una speranza che guarda al regno escatologico di Dio»33.
c.
Maria esempio di liberazione-speranza per noi che dobbiamo collaborare
al
progetto di Dio nella storia salvifica
Maria,
con la sua esistenza tutta segnata e caratterizzata dalla liberazione
e dalla speranza, è perciò esempio a noi cristiani circa il modo della
nostra collaborazione al piano salvifico di Dio nel mondo: un piano
salvifico che evidentemente pervade la pratica della liberazione e
l'esercizio della virtù della speranza. È questo il punto che maggiormente
ci interessa, ed è un punto che praticamente si ricava da quanto s'è
detto finora circa il fatto che Maria è essa stessa segno di liberazione
e di speranza. Si tratta, in altre parole, di imitare il mistero mariano
nel nostro impegno storico-secolare. Ma, in concreto, cosa ci insegna
Maria, col suo mistero, sul modo della nostra collaborazione
al progetto salvifico di Dio nel mondo? Risponderò a questa domanda
ricavando le risposte da una brevissima analisi del mistero mariano.
Maria, con la disponibilità del suo fiat all'Annunciazione
si mostra come la sottolineatura vivente della concreta responsabilità
dell'uomo nella salvezza: questa nel cristianesimo non è un proposito
di Dio nonostante l'uomo, ma è un evento sacramentale: Dio si fa salvatore
entrando per la concreta mediazione umana nella vita degli uomini;
tutto questo avviene passando per Maria, strada umana dell'ingresso
personale di Dio nella storia degli uomini. Perciò, noi collaboreremo
al piano salvifico facendoci come Maria, strada - cioè mediazione,
sacramento - della continua e incessante venuta del Dio salvatore
nella storia.
Maria
- con la sua maternità divina - attesta la grandezza e la relativa
autonomia dell'uomo e della realtà storico-secolare nel progetto salvifico;
il Salvatore-liberatore viene nel mondo per l'impegno della concreta
condizione creaturale di Maria: della sua femminilità, della sua maternità:
«In
mariologia diventa chiaro che la dottrina della grazia non termina
col ritiro della creazione ma, al contrario, è il sì definitivo
della creazione stessa la mariologia diventa così garanzia dell'autonomia
della creazione, malleveria della fede nella creazione e sigillo
ad una dottrina sulla creazione rettamente intesa»34.
Perciò,
noi collaboreremo al piano salvifico se, come Maria, svilupperemo
la coscienza della grandezza dell'uomo e della realtà storico-secolare
che sono i destinatari della stessa salvezza. Maria,
con la sua Immacolata Concezione, è l'esempio, come s'è già visto,
della radicalità della salvezza a cui Dio vuole condurre l'uomo e
l'intera creazione con lui. Perciò, noi collaboreremo al progetto
salvifico se avremo dinanzi agli occhi della nostra fede il modello
di una liberazione integrale e di una salvezza piena, dacché Dio vuole
salvarci non nei riduttivi termini di una pura liberazione, ma nei
termini di una «creazione nuova».
Maria, con la sua Assunzione al cielo, ci presenta l'integralità
della salvezza cristiana; questa è la salvezza dell'uomo intero: la
sua completa elevazione. Tutta la storicità e la corporeità della
vita dell'uomo entrano a far parte della salvezza. Inoltre, ci viene
ricordata la multidimensionalità della speranza cristiana,
cioè la sua tipica tendenza che è fra il già e il non ancora; si tratta
dell'escatologia del presente e del futuro, cioè dell'anticipazione
attuale della venuta ultima di Dio: in Maria assunta già la Chiesa
ha iniziato la sua glorificazione, ma essa dovrà ancora
compiersi per tutti i suoi figli e per tutta la creazione, alla fine.
Perciò noi collaboreremo al progetto salvifico se mireremo ad un tipo
di liberazione e di salvezza che riguardi l'uomo nella complessità
del suo essere, rifuggendo, da un lato da angelismi e interiorismi,
e dall'altro da tutte le forme di terrestrismo, orizzontalismo, storicismo
prive di interiorità e profondità escatologiche.
Maria, con la sua
compagnia del Figlio sotto la croce, è il segno dellaiedeltà assoluta
a cui deve spingersi la nostra collaborazione al progetto salvifico,
ed è anche il segno della drammaticità e 'negatività' inevitabili
dell'opera salvifica. Perciò, noi collaboreremo al progetto salvifico
se avremo la tensione crescente a sviluppare, sull'esempio di Maria,
un'adesione a Cristo pienamente fedele. Inoltre, Maria presso la croce
Ci invita a rifuggire da ogni idea esageratamente ottimistica
nella ricerca della liberazione e della salvezza: la Croce è una legge
salvifica ineliminabile ed è il fondamento della speranza35.
Non ci si salva nonostante la Croce, ma per la Croce. Maria è presso
la Croce perché sa che lì è il luogo della salvezza: lì c'è l'inizio
nella storia nuova degli uomini. Perciò, col suo esempio di compassione
con Cristo c'insegna che la Croce non chiama ad una presenza passiva
e apatica, ma ad una presenza attiva e dinamica nella realtà storico-secolare:
con la Croce solo si opera la liberazione piena e la speranza definitiva36.
Ed
infine: Maria - soprattutto con la sua verginità - ci chiama all'opzione
pnvilegiata dei poven, dacché la verginità è forse l'aspetto più radicale
della povertà. Maria peraltro condivide totalmente la povertà di Cristo;
la sua vita è stata contrassegnata da una duplice povertà: in lei
la povertà secondo le categorie sociologiche37
e la povertà secondo le categorie del Regno38
sono armoniosamente coincidenti. Maria ci dà l'esempio di partecipazione
alla sorte del suo popolo (cf Lc 1,54), di solidarietà
con gli umili di cuore e con gli oppressi (cf Lc 1,52-53;
Mt 2,16-18), di attenzione alle necessità del
prossimo (cf Gv 2,3), di sollecitudine verso
la nuova comunità dei discepoli di Gesù (cf Gv 2,1-12;
At 1,14). La devozione a Maria, fra l'altro,
dev'essere pertanto, sia una fonte d'ispirazione per crescere personalmente
nella spiritualità della povertà evangelica, sia un incitamento e
una spinta ad operare l'opzione privilegiata dei poveri.
Sull'atteggiamento
pastorale da assumere verso i poveri, come frutto della pietà mariana,
ci illumina una bella pagina di quello che ritengo sia uno dei documenti
mariani più seri del post-concilio:
«Per
quanto concerne la pietà mariana, la nostra riflessione ci ha
portati a concludere: il culto della beata Vergine, se si vuole
che non si perda nell'astrattezza o sia confinato in di mensioni
puramente individuali, deve essere permeato dai contenuti del
messaggio evangelico sulla povertà. Vogliamo dire: deve essere
occasione per predicare a coloro che sonosociologicamente ricchi
e a coloro che sono sociologicamente poveri l'unico evangelium
paupertatis, cioè la subordinazione dei beni di questo mondo
ai valori del Regno e la loro primordiale destinazione al servizio
e alla promozione dell'uomo; deve essere momento cultuale per
l'annuncio del messaggio del Magnificat e delle Beatitudini,
per il rifiuto di ogni 'compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia
sociale' (Evangelica Testifcatio, n.18) e per la denuncia di
ogni forma di oppressione dei poveri; ambito orante per sollevare
i cuori sfiduciati verso Dio che 'solleva l'indigente dalla
polvere, dall'immondizia rialza il povero' (Sal 112 [113], 7)
e per ascoltare il' grido dei poveri' (Gb 34, 28) che si leva
'più incalzante che mai [...] dalla loro indigenza personale
e dalla loro miseria collettiva' (Evangelica Testificatio, 17);
deve essere ammonimento a non presentare certe situazioni sociali
come espressioni della 'volontà di Dio'quando
sono solo effetto del peccato degli uomini.
In questo atteggiamento cultuale - di fiducia in Dio e di denuncia
dell'ingiustizia - ci ha preceduti Maria di Nazareth»39.
Conclusione
breve
L'intero
mistero di Maria - dall'Annunciazione all'Assunzione - ispira una
presenza liberatrice e di speranza nel mondo. In particolare, il mistero
mariano sul piano della cooperazione al progetto di Dio nella storia,
sollecita ad avere disponibilità-responsabilità (Annunciazione),
coscienza della dignità dell'uomo e della creazione (Maternità divina),
tensione verso la radicalità della salvezza (Immacolata Concezione),
senso dell'integralità, della storicità e dell'escatologicità della
salvezza (Assunzione), slancio verso unaiedeltà assoluta, accettazione
della dimensione drammatica e «negativa» dell'opera
salvifica (presenza di Maria presso la Croce).
Infine,
con il suo inno di liberazione (il Magnifcat) Maria ci chiede
di meditare sulla scelta che Dio ha fatto dei poveri40
e, conseguentemente, sulla scelta che noi dobbiamo fare di loro. Il
Magnificat «non è certo un proclama di messianismo terreno
né un grido di rivolta sociale, ma non è nemmeno una preghiera disincarnata:
è un canto di liberazione sgorgato dalla fede; è memoria degli interventi
di Dio nella storia»4l;
è parola detta a nome di «coloro che non accettano
passivamente le avverse circostanze della vita personale e sociale
né sono vittime dell' 'alienazione'- come si dice oggi - bensi proclamano
con lei che Dio è vindice degli umili e, se è il caso, 'depone i potenti
dal trono'»42.
NOTE
1
Si tratta della categoria della «storia della salvezza» che è da considerarsi
uno dei portati più fecondi del Vaticano II: è una categoria che,
rimessa al fondo dei trattati teologici, li sta rinnovando radicalmente.
2
Questo duplice e indivisibile fine della «storia della salvezza» sara
anche il fine inestimabile di tutta la realtà sacramentale: del Cristo,
della Chiesa, dei singoli sacramenti.
3
Si tratta del sinergismo o sinergitismo, una legge fondamentale
dell'espenenza salvifica, da intendersi però non come paritaria unione
di forze fra Dio e l'uomo: Dio fa tutto e l'uomo, nella grazia, deve
collaborare con tutto se stesso, assecondando radicalmente l'iniziativa
e l'opera di Dio.
4
Queste due «teologie della prassi», pur essendo fra loro profondamente
diverse per origine, impianto statutario e motivazioni, convergono
fra loro su diversi punti, e, come nel nostro caso, creano convergenze.
5 E. RUFFINI,
Presenza di Maria nella storia della salvezza e il suo significato
per il mondo d'oggi, in Maria e la promozione umana. (XV
Settimana di studi mariani, Chieti 1975), Roma
1976, 38.
6 K. RAHNER,
Saggi di cristologia e di mariologia, tr.it., Ed. Paoline,
Roma 1967, 448.
7
Ibidem, 451.
8
G. PIANA, Maria donna nuova, in Maria
e la promozione umana.... cit., 62.
9 Cf K. RAHNER,
o.c., 450-457.
10 Citato in: M.
JUGIE, La mort et l'Assomption de la Sainte Vierge tr.it.,
Roma 1944, 309.
11 S.
BUEGAKOV, L'Orthodoxie, Parigi 1932,
166s.
12
Sul rapporto cristianesimo-utopia, cf: M. G. MASCIARELLI,
L'Utopia di Ignazio Silone, Ed Marchionne, Chieti 1978,106-113.
13 L'arco della liberazione
deve rapportarsi all'arco della cattività. Sul tema cf: J.
AlFARO, Speranza cristiana e liberazione dell'uomo,
tr.it., Ed. Queriniana, Brescia 1972, 43-55.
14 M. F.
SCIACCA, Come si vince a Waterloo, Ed. Marzorati, Milano
1957, 10-11.
15 Cf F.
LIVERZIANI, Il senso della vita di fronte alla morte,
in Renovatio 2 (1976) 187-213; M.G.
MASCIARELLI, La Chiesa sacramento di riconciliazione nel
cuore della città, in Bollettino Diocesano di Teramo e Atri
1-2 (1984) 86-88.
16
Cf J. ALFARO, Maria. Colei che è beata perché
ha creduto, Ed. Piemme, Torino 1983,51-69.
17 Cf M.G.
MASClARELLl, Il dogma dell'Assunzione e il 'secolo della
Chiesa' in L'Osservatore Romano, 12
agosto 1977,5.
18 Sull'ampiezza del significato
sotereologico di liberazione per esprimere l'azione salvifica
del Cristo e la subordinata funzione materna di Maria, cf: S.
MEO, Le tematiche teologiche attuali intorno alla funzione
materna di Maria verso gli uomini, in Il ruolo di Maria nell'oggi
della Chiesa e del mondo, (Simposio Mariologico, Roma, Ottobre
1978), Ed. «Marianum» -Dehomane, Bologna 1979
45-67.
19 Maria è prossìma
alia Goce perché quella è l'Ora della salvezza perciò da «quell'Ora»
essa diventa madre di tutti i figli della nuova Alleanza (cf Gv 19,25-27).
20 G. GUTIERREZ,
Teologia della liberazione. Prospettive, tr.it., Ed.Queriniana, Brescia
1972,207.
21 A PAOLI,
La radice dell'uomo. Meditazioni sul Vangelo di Luca, tr.it.,
Ed. Morcelliana, Brescia 1972, 205.
22 Ibidem, 207.
23 L BOFF,
Il volto materno di Dio. Saggio interdisciplinare sul femminile
e le sue forme religiose, er.it., Ed. Queriniana 1981
186.
24 Ibidem, 187.
25 Ibidem, 188.
26 J MOLTMANN,
n linguaggio della liberazione. Prediche e meditazioni,
tr.it., Ed. Queriniana, Brescia 1973, 126-127.
27 Ibidem,
128.
28
M THURIAN, O.C., 109.
29 Ibidem,
109-110.
30
Cf J. ALFARO, Maria...,
cit., 62-63.
31 Cf J.
DUPONT, Les Béatitudes, Parigi 1969,
I, 209-222; II, 89-90.139-142.379-380.
32 Cf J.
ALFARO, Teologia della giustizia, tr.it.,Ed. PaOIine,
ROma 1973,
5-20.
33 J. DUPONT,
Les Béatitudes, II, o.c, 89-90.
34
J. RATZINGER, Considerazioni sulla posizione
della mariologia e della devozione mariana nel complesso della fede
e della teologia, in Maria Chiesa nascente, tr.it., Ed. Paoline, Roma
1981, 31-32.
35 Sempre le «categorie
della distruzione» sono gestibili fruttuosarnente e produttivamente
cf E. MANCINI, Cultura cristiana: specificità
e senso, in Cristianesimo e cultura, Ed. vita e Pensiero, Milano 1975,
42ss.
36
M.G. MASCIARELLI, Un cristianesimo festivo,
Ed Ballarini, Pescara 1977, 80-81.
Dalla Croce è derivabile un'ispirazione liberatrice per l'impegno
storico-secolare: cf M.G. MASCIARELLI, I
dinamismi critici della Croce in rapporto al fatto politico, in
La Sapienza della Croce, oggi. (Atti del Congresso Internazionale,
Roma 13/18 ottobre 1975)
Elle Di Ci, Torino 1976, 256-265.
37 Solo alcune indicazioni
per questa povertà sociolo_ica di Maria: nasce nella disprezzata regione
della «Galilea delle genti» (cf Mt 4,15), in
una borgata che nella storia d'Israele conta niente (cf Gv 1,42),
diviene sposa di un povero operaio (cf Lc 1,27;
Mt 13,55) e madre di un figlio povero dalla
naseita alla morte (cf Lc 2,7.24, Mt 2,13,
Lc 4,29; Mc 3,21 Lc 23,33).
38 Maria «primeggia tra
gli umili e i poveri del Signore i quaii con fidueia attendono e ricevono
da lui la salvezza» (LG n.55).
39
208° CAPITOLO GENERALE DELL ORDINE DEI SERVI Dl MARIA,
Fate quello che vi dirà, Curia Generalizia OSM,
Roma 1983, 78-79.
40 Il tema della
«scelta dei poveri» da parte di Dio, che poi ovviamente condiziona
le opzioni inevita ili della Chiesa, è quanto mai complesso e suscettibile
di opposte radicalizzazioni: di un'interpretazione unicamente spiritualizzante
e di un'interpretazione unicamente
sociologica. L'interpretazione sociologica, debitamente integrata
con l'interpretazione spirituale, è ineliminabile. Per facilitare
la sua comprensione può forse aiutare quest'osservazione: «Dio sceglie
i poveri non perché sono più buoni, umili, raccomandabili, ma perché
hanno bisogno. Il motivo per cui Dio sceglie i poveri sta m Dio, non
nei poveri. Mentre l'ira di Dio ha il suo motivo nell'ingiustizia,
l'amore gratuito di Dio ha l'unica ragione in lui. Sceglie i poveri
perché è fatto così. Questa è l'immagine di Dio che propone Gesù.
Non perché sono più buoni, più disponibili, più aperti o perché hanno
dei mentl o titoli religiosi, ma perché Dio è Dio» (R.
FABRIS, Un Dio senza la tentazione del potere, in: Gesù
di Nazareth: Il 'caso' non è chiuso, Ed. Cittadella, Assisi 1984,
111.
41
208° CAPITOLO GENERALE DELL ORDINE DEI SERn Dl MARIA,
doc.cit.79.
42
GIOVANNI PAOLO II, Omelia ai fedeli messicani
presso il Santuario di Zapopán (30 gennaio
1970), in Acta Apostolicae Sedis 71
(1979), 230.
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