di Angelo Amato


INTRODUZIONE

      Nella famosa icona della Trinità di Andrej Rublev, eseguita nel 1425 e considerata quasi subito come il modello di tutte le rappresentazioni orientali della Trinità, i tre Angeli raffigurano le tre persone divine: al centro, il Padre con dietro l'albero della vita, di cui è sorgente infinita; a destra, lo Spirito Santo il cui scettro indica il Tabor, il monte della trasfigurazione; a sinistra, Gesù Cristo, il cui scettromostra il tempio, la Chiesa. Questa casa-chiesa sembra essere a ragione l estensione del corpo di Cristo e rappresenta Maria. Il tempio ha un tetto dorato, che sporge come una potenza di protezione: simbolizza la protezione materna della Theotòkos, della Genitrice di Dio. Non solo la tradizione pittorica orientale, ma anche quella occidentale (quest'ultima teologicamente un po'più rozza), così come la tradizione poetica e teologica orientale e occidentale hanno spesso associato Maria al mistero della Trinità. E non poche volte poeti e teologi cristiani hanno usato iperboli così ardite da superare la stessa verità di fede. Qualche esempio. Il benedettino Petrus Cellensis († 1183), un notevole rappresentante della riforma e della spiritualità benedettina del sec. XII, pensa che fosse possibile una «quaternitas» nella «Trinitas», Maria sarebbe la più idonea a tale complemento; siccome però ciò non è possibile, Maria è da considerarsi «una et prima post Unitatem et Trinitatem»1. Il gesuita Alfonso Salmeron, famoso teologo del sec. XVI che partecipò attivamente a tutto il Concilio di Trento, definisce Maria come la «quarta persona in dignitate post tres illas supremas et divinas personas»2. In un'omelia in onore della Theotòkos, che si trova tra le opere spurie di Epifanio di Salamina († 403) e che gli autori attribuiscono o a Germano, patriarca di Costantinopoli dal 715 al 730, o a un anonimo dello stesso tempo, Maria viene chiamata «sposa della Trinità»: «Tria&dov ga\r nu&myh u&pa%rxei p& a&gi%a Qeoto&kov ko&rh Maria»3. Il Cardinal Tommaso de Vio, detto il Caietanus († 1534), afferma che Maria «ad fines deitatis attigit»4. Lungo i secoli si sono anche delineati i rapporti esistenti tra Maria e le singole Persone della SS. Trinità. Ruperto di Deutz († 1129/30?), chiama Maria «Sponsa Patris, Sponsa et Mater Filii, Templum Spiritus Sancti»5. Elinando di Froidmont († dopo il 1229) la chiama: «Coniux Patris, Mater Filii, Sacrarium Spiritus Sancti»6. Il francescano Corrado di Sassonia († 1279) scriveva nel suo famoso Speculum B. Mariae Virginis:

«Dominus iste... ipse est Dominus Pater, cuius Maria est Filia nobilissima; ipse est Dominus Filius, cuius est Mater dignissima; ipse est Dominus Spiritus Sanctus, cuius est Sponsa venustissima; ipse est Dominus trinus et unus, cuius est Maria ancilla subiectissima»7.

      Proprio questa enfasi non poche volte esagerata ha provocato reazioni fortissime soprattutto nei fratelli protestanti, i quali hanno visto in Maria e nel dogma mariologico cattolico (da K. Barth chiamato 'eresia'), «il dogma critico centrale della Chiesa cattolica»;8 il dogma a partire dal quale devono essere considerate tutte le altre posizioni fondamentali e con il quale esse sussistono o cadono. Dice ancora Barth:

«La Madre di Dio della mariologia cattolica è infatti semplicemente il principio, il prototipo e il condensato della creatura umana, che coopera alla propria salvezza, servendosi della grazia che la previene, ed è pure il principio, il prototipo e il riassunto della Chiesa»9.

      E, infine:

«La Chiesa, in cui viene venerata Maria, si deve comprendere, così come si comprese al Concilio Vaticano I, e cioè che essa deve essere la Chiesa dell'uomo, che in virtù della grazia coopera alla grazia»10 .

      Prescindendo dall'atteggiamento di rifiuto del dogma mariano, l'analisi barthiana ha centrato bene la verità del cattolicesimo:

«La fede cattolica - dice, ad esempio, de Lubac - riassume simbolicamente nella Vergine santissima, nel suo caso privilegiato, la dottrina della cooperazione umana alla Redenzione, offrendo così come la sintesi o l'idea madre del dogma della Chiesa»11.

      L'uomo, cioè, con l'aiuto della grazia può cooperare alla propria e all'altrui salvezza. Quindi Maria, la piena di grazia, puo essere collaboratrice eminente alla salvezza in stretta relazione con la SS. Trinità. Tale opera attiva di Maria alla salvezza, per essere corretta, deve essere vista alla luce di due criteri fondamentali, che sottolineano l'essenziale dipendenza di Maria dal suo Figlio divino. Il primo criterio viene così ` enunciato dalla Costituzione conciliare sulla Chiesa: Maria,

«redenta in modo così suLlime in vista dei meriti del Figlio suo e a Lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, è insignita della somma carica e della dignità di madre del Figlio di Dio, e perciò è la figlia prediletta del Padre e il tempio dello Spirito Santo» (LG 53).

      Il secondo criterio viene enunciato dieci anni dopo (1974) dall'Esortazione apostolica a «Marialis cultus» di Paolo VI, il quale afferma:

«È sommamente conveniente, anzitutto che gli esercizi di pietà verso la vergine Maria esprimano chiaramente la nota trinitaria e cristologica, che in essi è intrinseca ed essenziale. Il culto cristiano infatti è per sua natura, culto al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, o mealio - come si esprime la liturgia - al Padre per Cristo nello Spirito» (MC 25).

      Subito dopo così il Papa precisa:

«Nella vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui Dio Padre, da tutta l'eternità, la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito, a nessun altro concessi» (MC 25).

      Maria è cioè la creatura redenta in modo sublime da Dio in ordine alla nascita del Redentore:

«Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente sulla croce, ella ha cooperato in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita sopranaturale delle anime. Per questo è stata per noi la madre nell'ordine della grazia» (LG 61).

      Tale cooperazione di Maria alla redenzione è però sempre subordinata all'opera di Cristo - l'invocazione di Maria con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice nulla deve togliere o aggiungere alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico mediatore (LG 62) - ed è tutta dipendente da Lui (MC 25).
      Fatta questa importante precisazione, ci permettiamo ora di delineare in somma sintesi la relazione che Maria ha con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sulla scorta di quanto la teologia contemporanea ha messo in luce.

I. MARIA E IL PADRE

      1. Il mistero del Padre e Maria

      Sappiamo che oggi il mistero di Dio come Padre, che per i cristiani rappresenta la rivelazione suprema dell'amore di Dio ricco di misericordia, è oggetto di contestazione sia fuori - cfr. il cosiddetto rifiuto frendiano della paternità di Dio o la considerazione radical-marxista di Dio come padrepadrone - che dentro il Cristianesimo (cfr. la provocazione della tesi di Dio come Madre avanzata da alcuni settori della teologia femminista). È chiaro che in questa problematica viene coinvolta anche la nostra riflessione su Maria «volto materno di Dio», che con la sua tenerezza rivela l'essere stesso di Dio. In risposta diciamo solo che la rivelazione di Dio come Padre fatta da Gesù nel Nuovo Testamento è un evento «teologico». Dio cioè si rivela Padre ontologico di Gesù Cristo e Padre nell'ordine della grazia per tutti gli uomini, figli nel Figlio. Il nome Padre per Dio non ha alcun riferimento maschilista o patriarcale: indica solo la libertà, l'amore, la compassione, la salvezza che Dio Padre offre a tutti i suoi figli nel suo Figlio Gesù Cristo.
      Ciò premesso, diciamo subito che la tradizione ha colto la relazione Dio Padre-Maria nell'affermazione della duplice nascita del Figlio: la sua generazione eterna dal Padre e la sua nascita teinporale da Maria. Così Gesù è Figlio del Padre secondo la divinità e figlio di Maria secondo l'umanità. Sono soprattutto due titoli che sembrano sintetizzare la tradizione al riguardo: Maria viene chiamata Figlia e Sposa del Padre. Il primo titolo fa riferimento alla specialissima grazia di cui fu ornata Maria in tutta la sua esistenza e soprattutto all'annunciazione, quando accolse con fede la Parola del Padre. Per questo divenne, oltre che Madre del Verbo, anche la prima dei redenti, la prima figlia adottiva del Padre nel Figlio. Il secondo titolo di sposa fa riferimento alla maternità di Maria, che fu associata al Padre nell'Incarnazione del Figlio.

      Il Vaticano II ha dato la preferenza al titolo «Figlia del Padre»:

«Redenta in modo sublime..., è insignita del sommo officio e dignità di Madre del Figlio di Dio e perciò figlia prediletta del Padre» (LG 53).

      Il Concilio mette anche in risalto il consenso di Maria al piano del Padre e la sua cooperazione:

«Volle il Padre delle misericordie, che l'accettazione della predestinata madre precedesse l'incarnazione» (LG 56). «Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel Tempio» (LG 61),

      Maria cooperò col Padre mediante l'obbedienza, la fede, la speranza e la carità (cfr LG 63, 56, 55).

      2. L'esperienza filiale di Maria

      Se la vocazione del cristiano è quella di essere figlio di Dio nel Figlio, per vivere nella libertà di questa sua condizione filiale, Maria per prima ha vissuto in sé questa esperienza. Come creatura assolutamente piena di grazia, essa ha partecipato in pieno alla vita divina trinitaria. Prediletta dal Padre e da lui scelta al servizio della maternità divina, ella ha vissuto tale sua condizione in riflesso atteggiamento di servizio al Padre, proclamandosi «serva del Signore». È infatti la legge della spiritualità cristiana, che chi è il primo sia il servo di tutti, dal momento che Cristo per primo è «venuto non per essere servito, ma per servire» (Mc 10,45). Per questo dopo il suo fiat al Padre, il vangelo registra la visita di Maria ad Elisabetta, come immediata e concreta testimonianza di servizio. Il servizio a Dio, però, rende gli uomini non schiavi, ma amici. Per cui anche nell'umiltà del suo servizio, Maria ha sempre sperimentato la piena vicinanza e amicizia di Dio.
      L'esperienza filiale del Padre in Maria raggiunge il suo vertice nella sua condizione di Madre del Figlio di Dio incarnato. Mediante tale maternità infatti, Maria è stata unita in modo unico al Figlio dell'eterno Padre, che ha preso proprio dal seno della Vergine la sua umanità. Per cui la sua unione intima con Cristo, non solo per grazia, ma anche mediante la sua natura umana, ha posto Maria nella condizione di totale apertura e unione col Padre. Realizzando anche una situazione paradossale: essa, infatti, nel Figlio Gesù Cristo, non solo era Figlia del Padre, ma anche Madre del Figlio. Per cui la paternità di Dio in lei veniva vissuta come maternità nei confronti del Figlio. Conseguentemente, come il Figlio era tutto dal Padre e rivolto al Padre, anche Maria era tutta dal Padre e rivolta al Padre. Se la maternità divina di Maria può essere vista come l'immagine umana e creata della paternità di Dio, la sua esistenza filiale in unione col suo Figlio divino, può essere considerata come l'immagine umana e creata della figliolanza divina del Cristo.
      
Maria ha vissuto questa sua realtà filiale non in modo passivo, ma attivo, corrispondendo in pieno alle conseguenze di tale sua situazione di privilegio nel servizio sia al Figlio, sia ai suoi fratelli in Lui. Come madre del Cristo - e quindi non solo rivestita dell'uomo nuovo, ma essa stessa nuova creatura in Cristo, nuovo Adamo-Maria ha vissuto nello Spirito l'esperienza filiale di santità, di amore, di libertà e di servizio. Il Magnifcat, oltre che il fiat, è una delle espressioni più significative dell'esperienza che Maria ha del Padre delle misericordie e del suo amore paterno nei confronti del popolo eletto. Per cui, se è vero che il Cristo è il volto umano di Dio, è anche vero che Maria prende attivamente parte alla rivelazione del volto misericordioso del Padre, che dona al mondo il suo Figlio prediletto, che si interessa della libertà dei poveri e degli oppressi, che rivendica il loro diritto contro i prevaricatori.
      
Infine l'esperienza della paternità di Dio in Maria rivela all'uomo alcune realtà particolarmente significative oggi.
      
1. Anzitutto tale paternità di Dio implica la riscoperta e la valorizzazione di Maria come Figlia del Padre. Come tale essa restituisce all'uomo la sua vera identità difglio di Dio. Invocare, infatti, Dio come Padre, è ritrovare la vera identità dell'uomo nuovo, creato a immagine e somiglianza di Dio, e ricreato suo figlio adottivo in Cristo.
      
2. In secondo luogo l'esperienza della paternità di Dio in Maria, Madre del Figlio di Dio incarnato, fa scoprire la sua funzione di maternità spirituale nei confronti dei figli del Padre e dei fratelli del Cristo. Come tale Maria restituisce all'uomo la sua identità difratello tra ifratelli, figlio di un solo Padre, impegnandosi anche a rivendicare a nome di Dio i «diritti» di uguaglianza, di giustizia, di libertà e di pace. In quest'unica famiglia di Dio vengono superati tutti i confini, i limiti e le disparità di lingua, popolo, condizione, sesso, poiché tutti sono figli del Padre in Cristo e tutti sono eredi e partecipi del regno.
      
3. In terzo luogo l'esperienza della paternità di Dio in Maria mette in rilievo il suo fondamentale stato di creatura, già redenta però dal Padre in vista della riconciliazione dell'uomo e del cosmo nel suo Figlio. Come tale Maria restituisce all'uomo il cosmo, nel suo duplice senso di luogo profano, offerto alla conquista, alla conoscenza e all'uso, non all'aLuso dell'uomo; e di luogo sacro, in cui l'uomo raccoglie la lode del creato indirizzandola a Dio. Alla creazione che:

«nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,20s),

      Maria rivela già il suo destino di libertà e di ricreazione nello Spirito del Signore Risorto.
      
In conclusione, l'esperienza della paternità di Dio in Maria non è nevrosi, ma liberazione; non è limitazione dell'uomo ma sua somma realizzazione; non è sopraffazione maschilista, ma affermazione di fratellanza universale e di riconciliazione col cosmo.

II. MARIA E IL FIGLIO

      1. Il dato centrale della mariologia

      Ci troviamo qui nel cuore del mistero cristiano. Il dato biblico, che la tradizione cristiana in tutte le sue espressioni ha vissuto, approfondito e trasmesso, mette in luce la condizione umana straordinaria di Maria in essenziale riferimento al suo Figlio divino. I dati scritturistici presi nel loro insieme rappresentano tante tessere di un mosaico, che la coscienza di fede della Chiesa lungo due millenni ha approfondito, coordinato e riletto. Si può sintetizzare in tre affermazioni generali quanto il NT e tutta la tradizione dice di Maria in relazione a Cristo: Maria è Madre del Salvatore, è discepola del Signore, è socia del Redentore.
      
Se la prima è l'affermazione centrale del dogma mariano (e su di essa non insistiamo), la seconda «discepola del Signore» ha una positiva eco ecumenica, specialmente in campo protestantico. «Fare la volontà del Padre» è per Gesù più grande che essere suoi parenti: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). Maria realizza in sè la definizione del vero discepolo del Signore: l'ascolto della Parola e la sua realizzazione pratica nella vita.
      
La terza affermazione, «socia del Redentore», trova perplessità è rifiuto nella teologia protestantica, data la concezione abbastanza passiva che quest'ultima ha dell'uomo e della sua cooperazione alla salvezza, in base ai noti principi «Solus Christus», «Sola gratia». Eppure anche questo titolo mariano, come i due precedenti, ha profonde radici bibliche. Maria infatti risulta concretamente associata a Cristo dall'inizio del suo evento salvifico fino al calvario e all'evento pasquale. Con il primo fiat ella disse si all'Incarnazione del Figlio di Dio, colfat sul calvario essa fu associata al sacrtficio redentore del suo figlio. L'associazione di Maria all'opera redentrice del Cristo - lo ripetiamo - è però totalmente subordinata e dipendente: solo Cristo è infatti il redentore di tutti gli uomini e prima di tutto della sua stessa Madre.

      2. Cristo - Maria nell'interpretazione di Puebla (1979)

      La cristologia cattolica contemporanea, nella varietà dei suoi modelli interpretativi, presenta anche una pluralità di rapporti Cristo-Maria. Qui presentiamo solo quanto dice al nguardo il famoso documento di Puebla, come espressione tipica di riflessione teologico-pastorale in contesto e come offerta a tutta la Chiesa di una interpretazione altamente suggestiva e originale.
      
Premesso che secondo noi la chiave di lettura del documento di Puebla è soprattutto la categoria della Religiosità Popolare, come identità storica, culturale e religiosa dei popoh latino-americani (n. 446), il Cristo di Puebla è un Cristo vissuto nella religiosità popolare, e quindi ascoltato, accolto e fortemente amato. Oltre a illuminare l'esistenza religiosa del popolo, Cristo si fa anche portatore e garante dei suoi valori più nobili e delle sue aspirazioni più autentiche. Il Cristo liberatore di Puebla è quello della rivelazione e della vita cristiana, senza riduzioni, deformazioni o ideologizzazioni: è il Cristo biblico-ecclesiale «Signore della storia» (n 1310). Proprio nella riaffermazione dello specialissimo sta tuto ontologico umano-divino di Cristo, Puebla vede la radice ultima dell'autentica liberazione cristiana, che ha la sua fonte nella vita trinitaria di Dio.
      
Puebla presenta Maria inserita nell'humus culturale religioso popolare dell'America Latina, purificandone i limiti provenienti dall'ignoranza, dalla superstizione, dal fanatismo, dal sincretismo e dal fatalismo con un rigoroso e aggiornato discorso teologico. La mariologia di Puebla ha un duplice contesto: uno ampio, che è quello biblico-ecclesiale, concernente la globalità dell'immagine tradizionale della Vergine; e uno più ristretto, costituito dalla particolare assi milazione di fede dell'immagine religioso-popolare di Maria
      
Maria, che viene vista nel contesto delle verità sulla Chiesa, è proclamata Madre e modello della Chiesa universale e soprattutto della Chiesa latino-americana: il «volto meticcio di Maria di Guadalupe» viene visto come il simbolo luminosissimo dell'identità stessa della Chiesa latinoamericana (n. 446). Maria viene anche annunciata come modello dell'uomo nuovo e della donna nuova in America atina:

.«Dinanzi a Cristo e a Maria devono essere rivalutati in America Latina i grandi lineamenti della vera immagine dell'uomo e della donna» (n. 334).

      In Maria il Vangelo ha penetrato la femminilità, l'ha redenta ed esaltata. Maria diventa cosi garanzía della grandezza femminile, indicando il modo specifico dell'essere donna, con quella sua vocazione a essere donazione totale (cfr. n. 229).
      
Conseguentemente, la donna cristiana latino-americana ha in Maria l'esemplare più riuscito del servizio ecclesiale:

«Nella Chiesa la donna partecipa dei doni di Cristo e diffonde la sua testimonianza mediante la nta di fede e di carità ... come Maria nell'Annunciazione, accettando mcon izionatamente la Parola di Dio; nella Visitazione, servendo e annunciando la presenza del Signore; nel Magnificat, cantando profeticamente la liberta dei figli di Dio e i compimento della promessa; nella Natività, dando alla luce il Servo di Dio e offrendolo all'adorazione di tutti que i che o cercano, siano essi semplici pastori o sapienti venuti da terre lontane; nella fuga in Egitto, sopportando le conseguenze dei sospetti e della persecuzione di cui è oggetto il Figlio di Dio; di fronte al comportamento misterioso e adorabi e del Signore, conservando tutto nel suo cuore, in una presenza attenta alle necessità degli uomini, provocando il segno messianico, favorendo la festa; al momento della croce, orte, fedele e aperta ad accogliere in modo materno e universale; nell'ardente attesa, con tutta la Chiesa, della pienezza dello Spirito, nell'Assunzione, celebrata nella 1iturgia come la Donna simbolo della Chiesa dell'Apocalisse» (n. 843-844).

      Puebla presenta Maria, non tanto nella sua dimensione devoziomstica di oggetto passivo di venerazione e di culto quanto nel suo aspetto profondamente dinamico e profetico di maternità ecclesiale e di paradigmaticità umana, riva
lutando decisamente la fondamentale dignità dell'uomo e della donna redenti in Cristo. Se Cristo e il liberatore unico e definitivo, Maria con il suo essere e con la sua prassi di totale disponibilità all'azione di Dio e di intima comunicazione col Figlio di Dio incarnato, è la liberata per eccellenza e mediante la sua materna intercessione e il suo esempio singolare indica continuamente all'uomo e alla donna latinoamericana la via concreta per la propria realizzazione umana e cristiana. Se Cristo è il liberatore, Maria è il modello dell'uomo nuovo liberato in Cristo.

      3. Orientamento cristologico ed eucaristico del culto mariano

      Sin dai primi secoli della Chiesa la Vergine Santissima è stata venerata dai fedeli principalmente in relazione a feste riguardanti il suo divin Figlio. La liturgia, infatti, ha iniziato a far posto a Maria a causa del ruolo che ella ha nell'incarnazione. Maria, infatti, prende il suo posto nell'orbita della festa del Natale, entrando nella liturgia come un significativo elemento dell'evento misterioso dell'incarnazione del Figlio di Dio. Verso la metà del IV secolo e prima di S. Basilio, l'Oriente cita già Maria nel canone della Messa. È però a partire da Efeso che il culto mariano esplode in modo universale e vivo con feste celebrate anche esclusivamente in suo onore. Si delineano subito due tipi di celebrazioni: alcune che sono di tipo biblico e cristologico; altre che più attente alla pietà popolare mettono maggiormente in rilievo la persona di Maria. Senza fare qui la storia della devozione a Maria, diciamo solo che il Vaticano II, dopo un periodo di forte concentrazione mariocentrica della pietà cattolica, reinserisce Maria nell'ambito della trattazione dogmatica della Chiesa e afferma che il significato e la validità del culto alla Vergine deriva soprattutto da Cristo, suo Figlio. Anzi il fine del culto mariano è la conoscenza, l'amore, la glorificazione del Figlio e l'osservanza dei comandamenti (LG 66). Anche la «Marialis cultus» apporta ulteriori precisazioni al carattere cristologico e cristocentrico della devozione alla Vergine:

«Nella vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da Lui dipende in vista di Lui Dio Padre, da tutta l'eternità, la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito, a nessun altro concessi» (MC 25). «Così ridonda sul figlio quel che è attribuito alla Madre; ... ricade sul Re l'onore che vien reso in umile tributo alla Regina» (ib).

       Questo totale riferimento del culto di Maria a Cristo trova una profonda é corretta espressione nel vissuto ecclesiale di ieri e di oggi, caratterizzato da una decisa dimensione eucaristica e mariana. È un fatto constatabile facilmente nella liturgia sia orientale che occidentale, nella pietà popolare, nelle feste, nei santuari mariani, nella spiritualità dei movimenti ecclesiali contemporanei anche giovanili, nella tradizione delle grandi e piccole famiglie religiose. Nella spiritualità salesiana, ad esempio, la Chiesa, rappresentata dal Papa, attraversa indenne il mare del mondo in tempesta, soltanto se rimane ancorata a due salde colonne: quella dell'Eucaristia e quella della Vergine. A Lourdes, dove imponente si avverte la presenza materna di Maria, si riscontra con altrettanta evidenza, che il centro della preghiera individuale e comunitaria è la celebrazione dell'encaristia, il tabernacolo, l'altare. Nelle nostre chiese la presenza di Maria è altrettanto scontata come quella dell'eucaristia. L'iconostasi della tradizione orientale deve ospitare oltre l'immagine del Cristo, anche quellà della Vergine dell'En&aggeliomo&v(dell'annunciazione), che segna l'inizio della nostra redenzione.
      
Il culto alla Vergine nella coscienza di fede dei cristiani ha già una sua fondamentale nota cristologica soprattutto eucaristica. E Maria ha in ciò un suo peculiare ministero carismatico, di guida dei fedeli a Cristo e al Cristo Eucaristico.

III. MARIA E LO SPIRITO SANTO

      1. Il dato biblico-tradizionale

      Diamo per noti gli elementi della tradizione biblica, e cioè i racconti dell'infanzia di Matteo e di Luca (soprattutto Mt 1,18 e Lc 1,35) e il racconto lucano della Pentecoste (soprattutto Atti 1,14). Vi emerge la presenza significativa di Maria in stretta relazione con lo Spirito di Dio, sia all'incarnazione, e cioè alla nascita del Redentore, sia alla Pentecoste, e cioè alla nascita della Chiesa. Entrambe le nascite sono opera dello Spirito. In entrambe Maria ha un ruolo di grande rilievo. Se all'Annunciazione è solo su Maria che si esercita la potenza rigeneratrice dello Spirito, principio della nuova umanità; alla Pentecoste a Maria si aggiungono gli apostoli ad ampliare l'azione dello Spirito ricreatore. Se in Lc 1,35 lo Spirito Santo viene su Maria in vista della realizzazione del mistero dell'Incarnazione; negli Atti degli Apostoli Egli viene sugli Apostoli, in vista della realizzazione del mistero della Chiesa, alla cui radice c'è anche la presenza di Maria, a indicare l'indissolubile legame di Maria allo Spirito, e, mediante lo Spirito, al Cristo e alla Chiesa.
      
Questo essenziale dato scritturistico fu sintetizzato nel simbolo di fede niceno-costantinopolitano con le parole che in latino suonano: aIncarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine» (DS 150). S. Tommaso, e con lui molti teologi, pur affermando che tutte e tre le persone della SS. Trinità cooperano alla concezione del corpo di Cristo, precisa anche che essa è attribuita allo Spirito Santo, fra l'altro, per questo motivo:

«Tale intervento ha un nesso intimo con il motivo ispiratore dell'Incarnazione da parte di Dio. Lo Spirito Santo, infatti, è l'Amore del Padre e del Figlio. Ora è evidente che è l'amore sommo di Dio per l'umanità che ha spinto il Figlio suo ad assumere carne umana nel seno della vergine Maria» (STh.,q.32,a.4).

      S. Francesco chiama Maria «Sposa dello Spirito Santo», titolo che sembra abbastanza raro nella tradizione preceden te, sì che qualcuno ha pensato che sia stato proprio il Santo d'Assisi a farne uso esplicito per primo. In un'altra preghiera il Santo così si rivolge alla Vergine;

«Santa Maria Vergine, non è mai nata al mondo una fra le donne simile a te, figlia ed ancella dell'Altissimo Re e Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo sposa dello Spirito Santo».12

      Titolo questo che diventerà abbastanza usato nella tradizione posteriore da S. Lorenzo da Brindisi a S. Roberto Bellarmino, da S. Luigi Maria Grignon de Montfort a S. Alfonso Maria de' Liguori, a S. Massimiliano Kolbe. Tutta la tradizione cattolica, non ancora sufficientemente esplorata e sistematizzata, considera Maria e lo Spirito indissolubilmente associati, nel senso che Maria vive tutta la sua vita nello Spirito, in pienezza di santità e di carità. E tale sua vita nello Spirito trova il suo apice nell'evento dell'Incarnazione del Verbo. Forse da queste semplici considerazioni si potrebbe ritoccare il detto tradizionale «Ad Jesum per Mariam», nel modo seguente: «Ad Jesum per Spiritum Sanctum cum Maria».
      
Il Concilio Vaticano II riconduce il nucleo del rapporto Spirito Santo-Maria all'evento dell'Incarnazione, chiamando Maria, Madre del Verbo e «sacrarium Spiritus Sancti» (LG 53). Questo titolo - come i sinonimi tempio, tabernacolo, santuario, usatissimi dai Padri - indica l'inabitazione dello Spirito Santo in Maria in modo del tutto singolare e superiore a quella degli altri cristiani.
      
Un'altra importante affermazione conciliare è la considerazione di Maria «quasi a Spiritu Sancto plasmatam, novamque creaturam formatam» (LG 53). Il Concilio ribadisce la santità eccelsa di Maria, fin dal primo istante della sua immacolata concezione. E tale santità è opera dello Spirito Santo che plasma Maria come nuova creatura.
      
Un'ultima affermazione riguarda la considerazione di Maria come «Ecclesiae typus et exemplar» (LG 53). La Chiesa, infatti, a imitazione di Maria e con l'aiuto dello Spirito, è allo stesso tempo madre, perché genera i figli di Dio, e vergine, perché conserva integra la fede, la speranza e la carità.

      2. La riflessione teologica contemporanea

      Per evidenziare meglio l'azione dello Spirito in Maria e per fare più spazio alla pneumatologia nella teologia mariana occidentale, alcuni teologi avanzarono nell'immediato post40ncilio delle ipotesi molto suggestive. Ci riferiamo, ad esempio, alle note e anche discusse interpretazioni di H. Muhlen, e di H.M. Manteau-Bonamy. Quest'ultimo, ad esempio, nel suo commento al capo ottavo della 'Lumen gentium' introduce a proposito della relazione «Spirito Santo - Maria» al momento dell'Incarnazione, il concetto di «missione visibile» dello Spirito nella Vergine, simile a quella del battesimo di Cristo e della Pentecoste.13
      
Gli orientamenti conciliari e le più valide suggestioni post-conciliari furono debitamente tenute presenti nella 'Marialis cultus' di Paolo VI, che rileva:

«la riflessione teologica e la liturgia hanno rivelato, infatti, come l'intervento santificatore dello Spirito nella Vergine di Nazaret sia stato un momento culminante della sua azione nella storia della salvezza (MC 26).

      Vengono poi enumerate le meraviglie operate dallo Spirito in Maria. Si parla così della santità 'originale' di Maria, plasmata e resa nuova creatura dallo Spirito Santo; dello Spirito, che all'annunciazione consacrò e rese feconda la verginità di Maria, trasformandola in Palazzo del Re o Talamo del Verbo, Tempio o Tabernacolo del Signore, Arca dell'Alleanza o della Santificazione; del rapporto arcano esistente tra lo Spirito Santo e Maria, assimilabile a quello sponsale per cui la Vergine fu chiamata Santuario dello Spirito Santo espressione che sottolinea il carattere sacro della Vergine, divenuta stabile dimora dello Spirito di Dio; della pienezza di grazia e dell'abbondanza di doni con cui lo Spirito ha arricchito la Vergine, sì che allo Spirito furono attribuite la fede, la speranza e la carità che animavano il cuore della Vergine, la forza che ne sosteneva l'adesione alla volontà di Dio il vigore che la sorreggeva nella sua compassione ai piedi della croce; del particolare influsso dello Spirito nel Magnificat, in cui Maria si fa portavoce profetico di Dio; della discesa dello Spirito a Pentecoste, presente Maria e la Chiesa nascente, fondamento del ricorso all'intercessione della Vergine per ottenere dallo Spirito la capacità di generare Cristo nella propria anima (MC 26).
      
Dopo aver notato che molti testi della moderna pietà mariana non rispecchiano sufficientemente tutta la dottrina intorno allo Spirito Santo, il Papa esorta tutti, specialmente i pastori e i teologi, ad approfondire la riflessione sull'azione dello Spirito nella storia della salvezza, e a far sì che i testi della pietà cristiana pongano nella dovuta luce la sua azione vivificante:

«Da tale approfondimento emergerà, in particolare, l'arcano rapporto tra lo Spirito di Dio e la Vergine di Nazaret e la loro azione sulla Chiesa; e dai contenuti della fede più profondamente meditati deriverà una pietà più intensamente vissuta» (MC 27).

      Per rispondere a questo invito del Papa alcuni noti teologi cattolici hanno approfondito in modo originale la relazione Spirito Santo-Maria. Mi riferisco, ad esempio, ai due volumi del noto mariologo servita G. Roschini «Il Tuttosanto e la Tuttasanta» del 1976-77, che fu il canto del cigno del grande studioso. Cito anche gli studi del mariologo Domenico Bertetto sulla sinergia dello Spirito Santo in Maria.
      Possiamo ancora riferirci alla mariologia personalista di Hans Urs von Balthasar, allo studio suggestivo ma molto problematico di Maria volto materno di Dio del brasiliano Leonardo Boff, o, infine, alla mariologia pneumatologica di Xavier Pikaza. Non potendo qui esporre in dettaglio tali studi - cfr. l'imminente dizionario di mariologia alle voci «Dio Padre», «Gesù Cristo», «Spirito Santo» - , ne presenterò una sintesi molto succinta.
      
Premettiamo una constatazione. Se prima del Vaticano II la considerazione teologica di Maria era quasi esclusivamente cristocentrica, col Concilio si operò un certo passaggio verso una maggiore attenzione del posto di Maria nella Chiesa, con accenni di sistematizzazione trinitaria e pneumatologica. Dopo il Concilio si è verificato un ulteriore spostamento della concentrazione ecclesiologica e una concezione trinitaria e pneumatologica della realtà di Maria. E questo senza rinnegare il principio che tutto quanto si riferisce alla Vergine dipende esclusivamente dal mistero di Cristo. A questa svolta hanno contribuito anche i movimenti carismatici e la pietà popolare, che hanno visto in Maria la «carismatica radicale», dal momento che la grazia della maternità divina per opera dello Spirito Santo le viene concessa non primariamente in vista della propria salvezza, ma in vista della salvezza degli altri.

      3. Sintesi teologica

      L'accento pneumatologico ha aperto la mariologia a una più attenta rilettura trinitaria dell'evento Cristo. Per questo gli autori oggi non isolano più le loro riflessioni su Maria al solo rapporto con il Cristo, ma le ampliano nel più vasto quadro della vita divina trinitaria ad intra e ad extra, per ricomprendere adeguatamente l'affermazione conciliare di

«Maria Madre del Figlio di Dio e per questo Figlia prediletta del Padre e sacrario dello Spirito Santo» (LG 53).

      Per situare meglio la realtà di Maria nel mistero della redenzione, si è introdotta la considerazione della sua duplice funzione. Funzione personale, che emerge nella libera accettazione dell'azione dello Spirito in lei. Funzione personologica, che emerge dall'ontologia stessa della Vergine, segnata radicalmente fin dall'inizio della sua esistenza dalla grazia dello Spirito (Muhlen). Sì che la maternità divina di Maria risulta essere una consacrazione dall'alto ad opera dello Spirito, per un ufficio decisivo sul piano della salvezza del Padre: quello del dono del Figlio redentore. In tal modo Maria diventa l'inizio storico della Chiesa.
      
Al di là di esagerazioni isolate, - come l'ipotesi di una missione visibile dello Spirito in Maria (Manteau-Bonamy) o di una unione ipostatica dello Spirito con Maria (Boff) - , l'accento pneumatologico ha riconfermato il fatto che la relazione tra il pana&gion e la panagi&a percorre tutta intera l'esistenza della Vergine, da prima dell'annunciazione, all'evento centrale della concezione verginale del Cristo, alla Pentecoste e all'assunzione gloriosa (Roschini). E tale azione continua, non solo 'appropriata' ma 'propria' dello Spirito in Maria, ne fa emergere una vita interamente 'pneumatica', in perfetta sinergia di intenti e di opere, sì che lo Spirito non solo fa agire, ma agisce nella Vergine Maria, in lei prega, in lei vive la relazione intima col Padre e col Figlio (Bertetto). Si evidenzia in tal modo il risvolto personalistico di questa azione dello Spirito, che si concretizza mediante il libero dialogo tra persone. Da una parte Dio che interpella, dall'altra Maria - e in lei la Chiesa e tutta l'umanità - che ascolta, risponde e accetta. Questa nota personalista, e non solo passiva e strumentale di Maria nei confronti della Trinità, è un dato rilevante dell'odierna mariologia. Maria è in dialogo di fede, di speranza e di carità con la Trinità intera, e non solo col suo Figlio divino (von Balthasar).
      
Tale impostazione dialogico-personalista rende Maria non solo ecclesialmente rilevante, ma anche antropologicamente esemplare. In Maria, infatti, si concentra, dopo Cristo, tutto lo splendore della nuova creatura plasmata dallo Spirito creatore di Dio. Sì che l'uomo-tutto l'uomo-si riscopre possibilità di trasparenza divina (Pikaza). Non solo, ma anche la dimensione femminile dell'essere umano, riceve il suo adeguato significato e valore, in quanto in Maria il femminile è elevato a segno ed espressione concreta del volto materno di Dio e del suo amore tenero verso la creazione (Boff). Non è senza suggestione la considerazione di Maria come Theotókos, ma anche come Pneumatofóros e quindi come Pneumatofórmis. Con tale orientamento antropologico-pneumatologico, la dottrina mariana diventa anche una dottrina dell'opera dello Spirito di Dio nell'uomo.
      
Il passaggio della mariologia cattolica dalla costellazione del Cristo alla costellazione della Chiesa e a quella dello Spirito allarga maggiormente le linee del dialogo ecumenico. Con 1 ortodossia infatti si concorda nel vedere in Maria l'icona dello Spirito di Dio. Con le altre confessioni cristiane, soprattutto protestanti - cui bisogna ricordare che nel caso di Maria ci vuole non 'Sola Scriptura', ma 'Tota Scriptura', non 'Solus Christus', ma 'Christus in Ecclesia ' - si potrebbe concordare sul fatto, che colflat Maria si pone in dialogo di libertà di fronte al Dio della grazia, che la rende perfetta nella sua santità spirituale; e che, inoltre, Maria, pur essendo nella Chiesa, è non solo la credente esemplare, ma anche madre spirituale, in connessione stretta col mistero della sua maternità divina. Si può allora affermare che in Maria si realizza la profezia del 'cuore nuovo' dono dello Spirito in vista della realizzazione del mistero della redenzione (Chavannes). Maria diventa così l'archetipo della Chiesa e il modello della santità cristiana.
      
L'accentuazione pneumatologica non significa affatto divorzio dal Cristo, ma enfasi sulla santità e sulla cooperazione spirituale di Maria nella Chiesa e nella storia, frutto dello Spirito del Signore Risorto. Importante il rilievo dato da qualche teologo alla funzione ecclesializzante di Maria il cosiddetto 'principio mariano' di von Balthasar - , per cui Maria, e sul suo esempio ogni cristiano, trasforma sotto l'azione dello Spirito Santo il suo essere personale in essere ecclesiale, a totale servizio e disponibilità della comunità ecclesiale. Inoltre, il fatto che Maria è la creatura che in obbedienza al Padre e per opera dello Spirito Santo fa nascere il Cristo in sé e per gli altri, diventa non solo una definizionedel cristiano, ma soprattutto la legge di vita di ogni essere cristiano. L'unione dello Spirito Santo in Maria ha la caratteristica insopprimibile di essere cristocentrica: infatti la missione dello Spirito in Maria, come nei cristiani, è quella di far nascere Cristo. È la base della spiritualità cristiana.

CONCLUSIONE

      In conclusione, la ricerca teologica contemporanea sembra aver chiarito meglio il significato di Maria sia nell'ambito dell'evento Cristo, sia nell'ambito del suo essenziale riferimento trinitario. Per questo possiamo sintetizzare meglio la collaborazione di Maria, nei confronti della Trinità, precisando qualche detto tradizionale nel modo seguente: «Al Padre per Cristo nello Spirito con e come Maria».           
NOTE

1 Senno XIII, In Purificatione B.M.V. PL 202, 675.v
2 Commentarii in Evangelicam Historiam, Lib. III, Tr. 12 (Madrid 1597-1601).
3 PG 43, 490.
4  In II. II., q. 103, a. 4, ad 2.
5 De glorificatione Trinitatis, VII, 13. PL 169, 155.
6 Sermo XIX In Assumptione B.M.V. PL 212, 638.
7 Speculum B.M.V (ed. Quaracchi 1904, 132).
8 K. BARTH, Kirchliche Dogmatik (Zollikon-Zurich, Ev. Verlag, 1960)1/2 157.
9 Ib.
10 Ib., 160.
11 H DE LUBAC, Meditazione sulla Chiesa (Milano, Paoline, 1963) 392.
12 O. VAN ASSELDONK, Maria Sposa dello Spinto Santo in S. Francesco d'Assisi, in Credo in Spintum Sanctum (LEV, Vatican City, 1983) II, 1128.
13 H.-M. MANIENU-BONAMY, La Vierge Marie et le Saint-Esprit, (Paris, Lethielleux,1971) 15 ss.

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