Perché parlo dei mosaici
della Cattedrale di Torcello1,
lo si può comprendere:da una parte si possono raggiungere facilmente,
dal momento che l'isoletta si distende nell'aperta laguna di Venezia;
dall'altra, costituiscono un esempio d'iconografia bizantina, accolta
e rivissuta in territorio latino.
La chiesa, che secondo una
preziosa iscrizione, sarebbe stata fondata nel 639, ai tempi di
Eraclio imperatore di Bisanzio, per ordine dell'esarca Isaacio,
ha subìto, per tutto il medioevo, radicali restauri e ricostruzioni.
I resti dei mosaici che la decorano
sono del XII sec.2 Alcuni,
della prima metà: i mosaici che ornano l'abside del diaconico e
le 12 figure degli apostoli nell'abside principale; gli altri, appartengono
alla fine del XII sec. e riguardano i mosaici del catino (Hodigitria
in piedi), dell'arco trionfale (Annunciazione) e, infine, della
parete d'ingresso (Giudizio Universale).
L'immagine della Theotokos
è presente in questi ultimi ed offre motivi sufficienti per una
riflessione teologica e liturgica. La Madre di Dio si ritrova, nonostante
che alcuni mosaici siano andati perduti, nel punti-chiave della
decorazione dell'edificio, conservando intatta la lettura iconografica
e iconologica.
Una prima riflessione, che
non va trascurata, l'ubicazione geografica di Torcello, situata
nelle acque adriatiche. Venezia e le città della costa hanno da
sempre e naturalmente sviluppato i loro contatti con Bisanzio e
il vicino Oriente, con scambi non solo di carattere commerciale,
ma anche culturale. Non va dimenticato che il mare Adriatico è da
considerarsi un grande lago, facile ad attraversarsi più che i monti
delle Alpi e degli Appennini.
Per tale situazione riesce
difficile talora poter distinguere fino a che punto, in campo figurativo,
si possa parlare per queste popolazioni di acquisizioni di schemi
iconografici dovuti ad assimilazione dei loro contenuti teologici.
Le unità culturali, in campo di fede, sono di gran lunga superiori
alle differenze che alcuni teorici della teologia, privi di senso
storico, hanno accentuato sino a creare spaccature storiche che
si risolvono in modeste distinzioni scolastiche. L'Europa cristiana,
durante il medioevo, risulta più unita di quanto non si possa credere,
pur nelle caratteristiche delle due Chiese, di Roma e di Bisanzio
3.
Una seconda riflessione di
base riguarda il XII secolo e la devozione mariana che, assieme
a quella eucaristica, forma uno dei cardini della storia spirituale
e religiosa dell'epoca 4.
L'Oriente si caratterizza per
la fedeltà a una fondamentale spiritualità teologica verso Maria;
influisce il permanere dell'alto prezzo pagato, durante le lotte
iconoclaste, per la difesa del mistero dell'Incarnazione, al quale
è legata strettamente Maria, la Theotokos.
In Occidente, diversamente,
si sviluppa un'ondata di devozione, di pietà popolare verso la Vergine
Maria, dovuta agli Ordini religiosi ai cistercensi che pongono le
proprie chiese sotto la protezione della Vergine. La riflessione
su Maria si volge alle sue virtù, alla purezza, alla verginità inviolata,
al patrocinio. È significativo il fatto che viene associata all'«Apostolo
vergine», san Giovanni l'Evangelista: «In cruce denique
moriturus, huic Matrem suam virginem virgini commendavit»
(Ufficiatura di s. Gv. Ap.). La preghiera «O intemerata»
(sec. XII) è sulle labbra dei fedeli.
Torcello, cittadina d'Occidente,
associata a questo movimento di spiritualità mariana, la vive nella
sua Cattedrale con espressioni iconografiche che appartengono all'Oriente.
Ed è proprio questa specificità, comune ad ambienti della costa
adriatica occidentale, che suscita interesse e diventa oggetto di
riflessione storica e teologica.
La chiesa, a pianta basilicale
secondo la tradizione latina, accoglie nel santuario una decorazione
strettamente bizantina: nell'arco trionfale, l'Annunciazione;
nel catino absidale, la Hodigitria.
Anche Carpignano, in Puglia,
conosce qualcosa di simile, nella cripta delle sante Marina e Cristina.
L'affresco del X secolo, nella parete absidale, raffigura il Cristo
Pantocrator tra la Vergine e l'Angelo annunziante 5.
Inoltre, una lunetta, che richiama
evidentemente l'idea di un catino d'abside, a S. Sofia in Costantinopoli,
raffigura ancora in una Annunciazione, collocata in due clipei (l'immagine
clipeata è una formula iconografica elastica e comoda per esprimere
le verità più essenziali e di fondo) la figura del Pantocratore
con l'imperatore Leone IV in proskienesis (prostrazione). Il mosaico
si colloca tra l'886 e il 912 6.
Il Cristo Pantocratore o la
Vergine del tipo Hodigitria nel mezzo della scena dell'Annunciazione,
appartiene a uno schema iconografico antico, che trae origine dalle
lotte iconoclaste.
Gli iconoclasti negavano la
possibilità di raffigurare l'immagine del Cristo. Ad essi rispondono
s. Giovanni Damasceno e gli iconoduli, opponendo un argomento di
carattere teologico: il rifiuto dell'immagine di Cristo porta a
negarne la sua umanità, mette in dubbio la natura stessa del mistero
dell'Incarrazione.
Nella Cattedrale di Torcello,
l'arco di trionfo esalta, come è nella natura stessa di questo elemento
architettonico, il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio attraverso
la scena dell'annuncio dell'angelo a Maria. La conca absidale presenta
uniti insieme la Madre e il Figlio. L'icona mariana è del tipo Hodigitria
«colei che mostra la Via» e si risolve in una immagine
essenzialmente cristologica.
La Madre di Dio, sostenendo
sul braccio il Logos, lo indica presente ai fedeli. Il Bambino è
piccolo solo per.le proporzioni, ma è raffigurato quale Verbo di
Dio, dal momeneto che riflette sul volto la maestà della Sapienza
Divina e veste l'himation (tunica e mantello) tessuto di
fili d'oro etereo. La Theotkolos, così come vuole
l'iscrizione che gira in basso, è la novella Eva, la porta della
salvezza.
Nell'immagine la Theotokos
è figura della Chiesa sta in piedi, fissa il fedele, presenta il
figlio all'umanità redenta. In basso, sono disposti i 12 apostoli
(i «piedi» di Cristo, secondo un'espressione adoperata
dai Padri della Chiesa) che hanno portato nel mondo la parola del
Verbo. In alcune raffigurazioni similari, sul catino absidale, in
luogo degli apostoli, si trovano rappresentati i loro successori,
i vescovi.
I mosaici degli apostoli, eseguiti
prima dell'Hodigitria, offrono indicazioni sul contenuto
della primitiva scena del catino: una raffigurazione nella quale
il Cristo, con o senza la Theotokos, veniva esaltato quale
Salvatore e Signore.
L'Hodigitria, proiettata
su sfondo aureo (il colore dell'immaterialità e della pura atemporalità)
si stempera in un significato escatologico, che si avvale della
presenza dell'Annunciazione. Occorre per ottenere una lettura dello
spazio religioso, avvicinare l'immagine della Theotokos alla
raffigurazione dell'arco trionfale in modo da cogliere un'unica
immagine, completa nelle sue componenti di pensiero. La decorazione
dell'arco e della conca absidale non sono a sé stanti, né si possono
concepire come tali in un luogo dove le raffigurazioni perdono il
carattere narrativo in favore di quello liturgico e teofanico, ma
formano un'unità inscindibile, si completano a vicenda, l'una permette
la comprensione dell'altra.
Una immagine che illustra il
tema, visualizzandolo, è data da una miniatura dell'Exultet
Bari 2, del XII secolo: la lettera V della parola Vere
7. Al centro dell'iniziale
siede il C:risto adolescente, eterna giovinezza, seduto su di un
trono che, a somiglianza del Logos nell'Hodigitria, benedice
con la mano destra e sostiene con l'altra il consueto rotolo. La
sua figura è circondata da tre immagini clipeate riguardanti l'Annunciazione:
la colomba dello Spirito Santo aleggiante nell'alto, la figura a
mezzo busto della Vergine e dell'Angelo.
La scena dell'Annunciazione
e il Cristo in trono formano i poli del dogma dell'Incarnazione:
«Colui che nascerà, sarà grande e sarà chiamato il Figlio
dell'Altissimo (spiega l'an gelo alla Vergine). Il Signore Dio gli
darà il trono di Davide suo padre e regnerà in eterno sulla casa
di Giacobbe e il suo regno non avrà più fine» (Lc 1,32-33).
Il messaggio dell'angelo viene espresso in forma attualizzata, nel
suo più profondo significato escatologico.
La lettera V, che si
legge nei due sensi, è al tempo stesso un'Alfa e un'Omega, l'inizio
e annuncio della prima parousia, il temine e la gloriosa
espressione della seconda venuta.
La figurativa del santuario
della Cattedrale di Torcellu raccoglie queste arditezze simboliche,
che per loro natura rifiutano gli schemi retorici, affidandosi alla
profondità dei testi liturgici e patristici, alla centralità del
mistero di Cristo e della Chiesa.
Gli artefici dei mosaici provengono
da Venezia, eseguono un programma iconografico dettato dalla committenza
religiosa. L'immagine della Madonna in piedi suscita un tale fascino
che, in un altro contesto iconologico, poco più tardi, viene raffigurata
nuovamente nell'abside di S. Maria e Donato nell'isola di Murano
8.
Se la prassi liturgica assegna
ad oriente della chiesa il santuario e una iconografia che illustri
il mistero della salvezza ad opera del Salvatore, nel XII secolo
prevede sulla parete di fondo, volta ad occidente, la scena del
Giudizio Universale: la seconda venuta del Signore. Tale rappresentazione
s'incontra a Torcello e in quelle zone d'Italia influenzate dall'arte
bizantina: S. Angelo in Formis (affresco); Palermo (mosaico della
Cappella Palatina); S. Cecilia in Trastevere a Roma (affresco del
Cavallini); Cappella degli Scrovegni a Padova (opera di Giotto),
per citare le opere più notevoli.
La raffigurazione comprende
normalmente tre scene fondamentali: al vertice, la seconda parousia
o Apparizione del Cristo giudice; al centro, la Separazione degli
eletti dai reprobi; in basso, la Resurrezione dei morti. L'irnmagine
della Theotokos assieme a quella di s. Giovanni il Battista,
com pare nella Deêsis, cioè la preghiera, accanto al
Cristo giudice. Il Signore siede tra i due intercessori e i 12 apostoli,
anch'essi chiamati a giudicare il mondo.
In Torcello, la scena del Giudizio
Universale è unita nella parte superiore ad altre due immagini:
l'Anastasis (di scesa di Cristo agli inferi e liberazione
di Adamo, di Eva e dei giusti) e la Crocifissione. L'una e l'altra
sono state aggiunte (prima metà del sec. XIII ?), come si può rilevare
dal fregio che unisce l'Anastasis al Giudizio, dalle notevoli
differenze stilistiche (concezione dello spazio e distribuzione
figurativa), dalla sovrabbondanza dei contenuti.
Una miniatura del Vangelo (gr.
74) della Biblioteca Nazionale di Parigi, assegnabile al terzo quarto
dell'XI secolo e collegabile alla serie dei manoscritti costantinopolitani,
raffigura un Giudizio Universale, le cui componenti strutturali
sono paragonabili a quelle di Torcello: i piani distributivi, la
figurativa, la cura nel rappresentare i singoli momenti del Giudizio.
La fascia superiore, che contiene
il Cristo apocalittico con la Deêsis (intercessione)
gli apostoli e le alte schiere degli angeli, risulta la più compatta;
le altre, si frazionano in episodi a sé stanti: l'Ethimasia,
immediatamente in basso e al centro; la resurrezione dei morti,
in due pannelli; la pesatura delle anime; la «diavoleria»
di Satana truffatore che tenta di far pendere la bilancia dalla
sua parte; il corteo dei giusti in distinte categorie; il seno di
Abramo; la Chiesa; Pietro ianitor coeli; le scene dei dannati spinti
verso le fauci del Leviathan; il loro supplizio, descritto in riquadri
sempre più piccoln Interessante è l'ingenua convenzione di raffigurare
gli eletti vestiti, i reprobi ignudi.
Non v'è dubbio che la fonte
iconografica del mosaico sia un manoscritto miniato, forse della
seconda metà dell'XIinizio del XII secolo.
La scena risulta un grande
manifesto medioevale sul Giudizio, dove le immagini rese fisse e
immobili per mettono una lettura memorabile al fedele. L'estetica
bizantina non poteva meglio servire alla causa. Nella grande visione
apocalittica, compaiono le speranze che il cristiano coltiva nel
suo animo: l'apostolo Pietro, che ha le chiavi del regno; l'arcangelo
Michele, estrema difesa dalle ultime insidie del diavoslo; la Thecotokos
e Giovanni il Battista, che intercedono per ottenergli l'eterna
bratitudine.
La Deêsis è un'immagine
di origine liturgica che si è sviluppata con l'Anafora di san Giovanni
Crisostomo e si è diffusa primordialmente nell'area presbiterale.
La Chiesa, rivolgendosi a Dio
Padre, offre, come si esprime l'Anafora' di san Giovanni Crisostomo,
«il culto immateriale» per l'intercessione «soprattutto
della santissima pura, gloriosissima e benedetta Nostra Signora,
la Madre di Dio e sempre Vergine Maria, di san Giovanni Battista
il Precursore, e dei santi apostoli degni di ogni lode...».
La preghiera chiede il dono della partecipazione alla luce eterna
9.
La Madre di Dio raffigura la
Chiesa, la Sposa di Cristo sulla terra; Giovanni il Battista, l'ultimo
dei profeti, simbolizza l'«Amico dello Sposo» (Gv 3,29)
e la preghiera veterotestamentaria. Nell'intercessione Maria si
tiene alla destra del Cristo; il Precursore, alla sinistra.
L'immagine della Deêsis,
con il tempo, si trasferisce dal catino absidale sull'architrave
dell'iconostasis, quindi sull'ingresso dell'edificio-chiesa, acquistando
di volta in volta un significato che volge sempre più verso un accentuato
devozionismo 10. Il fedele
si rivolge alla Theotokos, davanti alla sua immagine accende
il cero, pulsa d'amore per Colei che è la Madre di misericordia.
La Theotokos, come si
accennava, compare pure, sulla medesima parete, nella scena della
Crocifissione, una immagine che sovrasta l'ampio ciclo. Anche
in questa raffigurazione di carattere narrativo si riscontrano elementi
dovuti alla riflessione teologica e ai testi patristici e liturgici.
La scena è essenziale: la croce
sul Golgota e il Crocifisso tra la Vergine e Giovanni l'Evangelista;
Maria è considerata la novella Eva, figura della Chiesa. Pare di
ascoltare l'ultimo colloquio che Gesù ha con la Madre: «Donna,
ecco tuo figlio... Ecco la tua Madre» (cf Gv 19,26-27).
Il Golgota è raffigurato da
un cumulo di terra che racchiude, in riferimento a un'antica credenza
cristiana, la tomba di Adamo. Il cranio del progenitore è irrorato
dal sangue di Cristo.
Se Cristo è il nuovo Adamo
- scrivono i liturgisti e i teologi - Maria è la novella Eva
11. Se Adamo ha portato
la morte, Cristo ha portato la vita. Se Eva ha generato il pianto,
Maria ha dato alla luce la Consolazione dei giusti. Eva, ancora
vergine, crede e obbedisce al serpente e attraverso la sua credulità
diviene la madre del peccato e della morte; Maria, la Vergine, crede
e obbedisce all'angelo, diviene Madre di Colui che distrugge l'opera
del serpente e libera dal male coloro che credono in Lui.
La Crocifissione appartiene
alla cultura figurativa di Bisanzio, secondo la quale l'immagine
di Maria Vergine e di Giovanni si arricchisce di significati simbolici.
Maria che mostra il Figlio dal cui costato zampilla il sangue della
vita, è figura della Chiesa, sorta dal costato di Cristo. In alcune
immagini la Vergine, diversamente dalla Sinagoga che vie ne allontanata
dalla croce, raccoglie il sangue del Redentore. L'Evangelista assiste
con dolore al supremo sacrificio (poggia il capo su una mano) e
acclama il Signore della vita.
Un'ultima immagine, infine,
della seconda metà del XII secolo, riguarda una Madonna Orante nella
lunetta in terna della parete d'ingresso. Il mosaico, che si appella
alla tradizione iconografica bizantina di porre all'ingresso l'immagine
di Maria, ricorda la lunetta del nartèce della chiesa della Dormizione
a Nicea, eseguita tra gli anni 1065 e 1067 12.
La Madre di Dio (MP - (OY)
è raffigurata a mezzo busto, con il maphorion, in preghiera,
cioè con le braccia spalancate nel tipico atteggiamento dell'orante.
L'iscrizione che corre sul bordo superiore illumina il fedele sul
ruolo di Maria, porta del cielo. Una preghiera bizantina rivolta
alla Madre di Dio m questa attitudine così recita: «O tabernacolo
più vasto dei cieli, fai partecipare ai tabernacoli materiali
il tuo popolo che accorre per cantare in questo santuario attraverso
la tua fervente preghiera al Cristo che hai generato, il Sovrano
e il Signore di tutti» (01 sab. I, 3 t., Giuseppe).
Per concludere, l'itinerario
spirituale delle iscrizioni e dei segni che troviamo nel mosaici
sono una testimonianza della fedeltà al rapporto tra la parola della
sacra Scrittura e l'immagine. È possibile nello studio migliorare
le precise referenze dell'insieme e dei particolari, ma l'idea-madre
che presiede le composizioni, la forza della parola che si trasmette
dal volto della Vergine che è nello stesso tempo contemplata, venerata
e amata dagli artefici che la composero, appartiene a quel mondo
della poesia che nasce dalla gentilezza e dall'intensità della preghiera.
Siamo in un mondo dove la letteratura
religiosa è divenuta arte, e per questo è possibile uno studio sull'uno
e sull'altro versante, rendendoci conto di questa unità che è propria
della sintesi tra la liturgia, il pensiero cristiano e la venerazione
dell'immagine.
NOTE
1
Cf P. GIANNELLI, Saggio
sopra l'antichissima isola di Torcello e sua Decania, Venezia,
Museo Correr, Cod. Cic. 2233; L. CONTON, Torcello,
il suo estuario e i suoi monumenti, Venezia 1927; G.
LORENZETTI, Torcello. La sua storia, i suoi monumenti,
Venezia 1939; S. BETTINI, La decorazione
musiva a Torcello, in «Torcello», Venezia 1940;
O. DEMUS, Studies among the Torcello mosaics,
in «Burlington Magazine», giugno 1943, pp. 136-141;
W. WELDLE, Mosaici veneziani, Milano
1956; I. ANDREESCU, Torcello: I,
Le Christ Inconnu, Il, Anastasis et Jugement Dernier: tetes
vraies, tétes fausses, in «Dumbarton Oaks Papers»,
1972, p. 185 e segg.
2
Tutti i mosaici di Torcello hanno sofferto, in modo grave, in conseguenza
dei lavori di testauro. Sino ad epoca recente venivano datati nel
modo più arbitrario. Per una panoramica sulle differenti posizioni
degli studiosi cf V. LAZAREV, Storia della
pittura bizantina, Torino 1967, p. 271, n. 234. Inoltre, I.
ANDREESCU, Torcello III. La chronologie
relative des mosaiques pariétales, in «Dumbarton Oaks
Papers», 1976, pp. 247-341.
3
Lo stesso deve dirsi per le popolazioni slave; cf The Common
Christian Roots of the European Nations (An International Colloquium
in the Vatican), I - II, Le Monnier, Florence 1982.
4
Cf C. CECCHELLI, Mater Christi,
I - IV, Roma 1946 - 1954; A. WENGER, La
maternité spirituelle de Marie dans la théologie byzantine du X°
au XV° siecles, in «Cahiers Marials», 1960;
F. MARCHISANO, L'interpretazione di fino
alla metà del secolo Xlll, Roma 1968.
5
Cf A. MEDEA, Gli affreschi delle cripte
eremitiche pugliesi, Roma 1939, p. 111, fig. 51.
6
La scena è stata variamente interpretata e le differenti posizioni
degli studiosi sono illustrate da H. KALER -
C. MANGO, Hagia Sofia, London
1967, pp. 53-54. La presente, è pubblicata da P.
AMATO, Iconografia cristologica in Terra di Bari dall'XI
al Xlll secolo. Ricerca di Storia, Arte e Spiritualità,
Molfetta 1977, pp. 125-128, fig. 85.
7
Cf P. AMATO, op. cit., pp. 70-71,
fig. 21.
8
Cf N. KONDAKOV, Ikonografia Bogomateri,
Sankt Peterburg - Petrograd 1915, 11, pp. 359-362.
9
Cf F. E. BRIGHTMAN, Liturgies Eastern and
Western, 1, Eastern Liturgies, Oxford 1896, pp. 331-332.
10
Cf P. AMATO, L'immagine medioevale delle
Deêsis. Note orientative, in «The Common Christian
Roots of the European Nations», Firenze 1982,11, pp. 601-606.
11
Cf A. WENGER, La nouvelle Eve dans la théólogie
byzantine, in «Cabiers Marials», 1955.
12
Cf C. MANGO, The Date of the Narthex Mosaios
of the Church of the Dormition at Nicaea, in «Dumbarton
Oaks Papers», 1959, pp. 245-252.
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