Per introdurre il tema, ricordiamo anzitutto
che il tema mariano non è un tema a sé j separabile dagli altri;
esso deve essere inevitabilmente e felicemente presente in tutta
la teologia, in tutta la pastorale e in tutta la spiritualità; è
da considerare un po' come una "forma" dentro i diversi contesti
teologici e pastorali.
Procederò per accenni
sull'essere e l'agire della Chiesa e del credente; considererò sia
l'essere che l'agire della Chiesa e del credente alla luce di Maria.
I . Alla luce di
Maria
Inizio con la parte
riferita a Maria.
Mi pare sia fondamentale
vedere prima questo aspetto, perché l'applicazione avrà le ripercussioni
che derivano da questa originaria comprensione.
a. Chiediamoci innanzitutto
che senso abbia il ritorno della devozione mariana in questi ultimi
anni; oppure, se si preferisce, se questo ritorno non sia il riemergere
di una devozione che non è mai scomparsa nella gente, ma è stata
un poco sottaciuta in chiave ufficiale. Dico "uffficiale" più sul
versante della teologia un po' inquieta, che non sul versante del
Magistero e della teologia con i nervi saldi.
Basterebbe pensare
alla predicazione del Papa. Ma non si tratta c i uno stacco rispetto
ai Papi antecedenti. Non dimentichiamo la "Marialis Cultus" di Paolo
VI.
Giovanni Paolo II insiste
continuamente, si può dire che non ha discorso in cui non compaia
il richiamo a Maria. Perché questo? che cos'è? una sorta di intercalare
mal dominato? è soltanto un motivo che risponde al sentimento della
gente "semplice"? Preciserei: se anche fosse un motivo che risponde
al sentimento della gente - della gente più solida e più capace
di affondarsi nel mistero di Dio - questo richiamo non coglie un
aspetto fondamentale del cristianesimo? non corrisponde alle ragioni
strutturali del cristianesimo, anzi del cattolicesimo? In Maria
troviamo non qualcosa che si "aggiunge" al cristianesimo, ma qualcosa
che si pone nel cuore del cristianesimo stesso e ne dà in qualche
modo la "forma".
b. La figura di Maria
non è un'astrazione, una lirica, qualcosa di etereo, di lontano,
di inconsistente: Maria è una realtà, una piccola fanciulla di Nazaret.
È una realtà, ma non isolata, nel cristianesimo. Maria
va considerata al tempo stesso come una realtà concreta, che coinvolge,
avvolge, l'intero cristianesimo. Ella si rivela così come la vera
"immagine" della Chiesa e del credente, la "icona" esistenzialmente
concreta ma "diffusa" in un certo senso.
È la persona
umana più vicina a Dio. E non si dica che più vicino a Dio è Gesù
Cristo, poiché Gesú Cristo non è persona umana; è natura
umana, natura divina. Persona divina.
A parlare con rigore,
questo significa che la persona umana più vicina a Dio è una donna,
ed è Maria. Inoltre è la persona umana che aderisce a Dio in una
maniera totale. E qui scorgiamo l'aspetto della verginità di Maria.
Già dall'inizio, quando si registra il cominciamento primo primo
di questo essere umano, Dio è presente per ghermirla, dal momento
che la vuole sua. E quando questa creatura viene iniziata alla coscienza
e alla libertà, si sente già posseduta totalmente da Dio fin dall'accendersi
della sua esistenza. E inoltre, questo appartenere a Dio, non è
un appartenere semplicemente iniziale e statico, ma un crescere
continuo, per cui il secondo "sì" riprende, approfondisce ed
amplia il primo; è un continuo susseguirsi non tanto di atti, ma
di un continuo approfondirsi, solidificarsi, ampliarsi dell'appartenenza
a Dio.
Maria è la persona
umana che maggiormente aderisce a Dio, lei che genera Dio, diventa
la Madre di Dio, non intaccando la verginità. Occorre rendersi conto
che la verginità di Maria non è qualcosa di risolvibile in termini
anatomicofisiologici, ma segna una cesura nella storia umana. Ognuno
ricorda il susseguirsi delle generazioni: genuit, genuit...
Infine, "Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria>>; e si aspetterebbe:
"generò Gesù"; no, dice: "Giuseppe, sposo di Maria dalla quale è
nato Gesù". (Cf Mt 1,16). Fosse continuata la lista delle
generazioni, l'umanità avrebbe consegnato la propria miseria. L'evento
di Cristo segna invece l'irrompere di Dio che inizia una nuova creazione;
e la nuova creazion .inizia con questa donna che diventa Madre di
Dio. Ciò significa che senza Maria non ci sarebbe cristianesimo.
Ella inoltre è la persona umana che si pone come "ideale concreto"
di tutta la realtà ecclesiale e della vita cristiana.
V'è da pensare ovviamente
alla maternità condotta fino al Calvario, dove Maria «stabat»
ai piedi della croce: non faceva scene isteriche, era lì
per partecipare, per concludere la sua appartenenza a Dio fino in
fondo.
E ovviamente c'è da
pensare all'Assunta che è una persona umana la quale si pone come
motivo di speranza, causa e sintesi di ciò che sarà ed è la Chiesa;
come punto di riferimento oltre la storia, rna che ha incidenza
sulla storia, perché in lei la storia ha già ricuperato tutti i
valori più profondi del divenire umano che procede verso il regno.
L'Assunta riscatta una donna dalla condizione di incompiutezza;
in lei c'è il valore della corporeità, il valore della sessualità,
il valore dell'affettività, che ha raggiunto la sua pienezza: il
tutto con la tenerezza di una madre, di una donna che segue, che
è immagine e nello stesso tempo è genesi e fine della Chiesa e di
ogni credente.
Maria ci appare cosi
come un richiamo alla dimensionfemminile, della realtà cristiana
e della Chiesa. Aggiungerei: della società. Ci fa capire una dimensione
che è fondamentale e che spesso, se dimenticata, rende incomprensibile
e insopportabile la Chiesa e il cristianesimo.
Mentre l'uomo è creato
"e limo terrae" ed è proteso a dominare la terra, la donna
è creata dall'uomo in vista della salvezza dell'uomo. L'uomo, lasciato
da solo, proprio per la sua origine e la sua destinazione, sarebbe
costantemente nel pericolo dell'efficienza, dell'anonimia, dell'organizzazione;
la donna, no; è tratta dall'uomo ed è orientata alla persona umana.
La donna ha il compito di tutelare l'uomo da questo suo pericolo
costante. Ha il compito di salvare l'uomo da se stesso, e lo salva
con la sua adesione a Dio, cioè, con la verginità sponsale, con
la generazione; nel caso di Maria, con la generazione stessa di
Dio.
Ciò significa che la
Chiesa sarebbe incomprensibile e insopportabile con la sola dimensione
maschile; o, c'è da aggiungere, con la sola dimensione femminile.
Sarebbe incomprensibile con la sola componente "petrina", "giovannea"
- nel senso del Battista -, COSf come sarebbe incomprensibile con
la sola dimensione femminile, mariana. Le due dimensioni, però,
non si giustappongono; in dipendenza da Cristo, la Chiesa deve avere
la dimensione "petrina" la quale, isolata, farebbe della Chiesa
un'organizzazione effficiente, ma non calda, non umana fino in fondo,
e la dimensione mariana, che richiama alla Chiesa ciò che è fondamentale
alla Chiesa stessa in quanto non è soltanto mediazione, ma è anche
partecipazione che vive la dipendenza da Cristo. Avessimo una Chiesa
unicamente "petrina", noi avremmo la Chiesa dei piani pastoriali,
delle iniziative, delle attività, ecc., ma senz'anima, col pericolo
di essere senz'anima. Ora, la dimensione mariana, femminile, all'interno
della Chiesa, ha il compito di richiamare questa dipendenza da Cristo
che è una dipendenza stupita, attonita, grata; ha il compito di
mettere il cuore nella struttura dell'organizzazione; ha il compito
di dare il motivo profondo e il fine ultimo di questa organizza
zione. C'è bisogno di un richiamo alla struttura, alla efficienza,
perché la Chiesa è anche mediazione; però occorre anche un richiamo
alla dipendenza, alla contemplazione, alla fecondità. Ed ecco che
Maria è esattamente il richiamo esistenziale più forte a questa
verginità che "si abbandona a,", e che poi diventa la maternità
della Chiesa stessa.
Si può notare un parallelo
abbastanza evidente tra il culto a Maria e la comprensione e l'esperienza
della Chiesa. Nei periodi di minore devozione mariana, troviamo
spesso la Chiesa arida, irrigidita, perché non prega con intensità,
non si commuove, non si meraviglia, non ha il Magnificat dentro;
e la tentazione è quella di sostituirsi a Cristo, diventa quasi
una sorta di difficoltà per la gente, perché non è più vissuto lo
spirito della strumentalità, lo spirito della mediaz~one m quanto
è uno spirito che deve essere accordato con la partecipazione, il
ricevere, lo sguardo attonito. Si provi a riflettere; non per nulla
i momenti di carenza di devozione mariana coincidono con i momenti
in cui la Chiesa viene da noi criticata come dall'esterno, quasi
fosse una cosa unicamente umana; non per nulla i momenti di assenza
o di calo di devozione mariana coincidono con i momenti in cui le
diverse vocazioni, all'interno della Chiesa, non compaiono più,
o compaiono assai meno. Perché? Perché si nota prevalentemente un
tipo di sottolineatura, che è quella strutturale.
I1 cristianesimo` diventa
insopportabile quando esperimenta la sola dimensione maschile o
la sola dimensione femminile: là dove manca la dimensione femminile,
mariana inevitabilmente la teologia si inaridisce e la pastorale
si sociologizza, non è più l'agire della sposa di Cristo. Cos~,
ad esempio, in certi periodi in cui si accentua soltanto la legge
e non la misericordia, l'aspetto di predestinazione e meno l'aspetto
di libertà che aderisce a Cristo, ciò avviene per una certa impostazione
razionale, maschile che prevale; e, per motivi provvidenziali, all'interno
del popolo di Dio, in quel periodo c'è sempre qualche donna che
riemerge, c'è sempre l'at teggiamento mariano che ricompare a richiamare
il contesto.
E così pure
è nella prassi. Per esempio, in certi periodi viene messo in evidenza
l'"ex opere operato" strettamente inteso, senza la partecipazione;
viene messa in evidenza e in primo piano, quasi in rnodo esclusivo,.la
testimonianza, ma come tecnica o come aggressione, non come fascino.
Inoltre, anche la società
diventa insopportabile con la sola dimensione maschile, senza la
dimensione mariana. I1 rilievo si spiega perché la società non è
del tutto staccata dalla Chiesa, se è vero che il credente deve
animare le culture. Le cappelle che c'erano ai crocicchi delle strade,
si ponga, potevano essere viste come cose devozionali da guardare
e da lasciare a un tempo passato, ma addolcivano la vita e la rendevano
vivibile. È nella natura dell'illuminismo razionalistico, un modo
di pensare e di vivere, per cui davvero si presenta il pericolo
di una struttura tale che dimentichi la persona. E tutto questo
costringe a prendere in considerazione seria dei problemi che un
certo femminismo ha esasperato; erano problemi veri da risolvere
in una maniera diversa, ma da non snobbare. Una società unicamente
maschile finisce per diventare una società talmente organizzata
da rischiare la struttura dittatoriale, la struttura anarchica "guidata"
o la struttura di una ditatura falsamente libertaria. La sola ragione,
la sola giustizia non bastano; occorre anche il richiamo all'essere,
al silenzio, all'accoglienza, all'"appartenere a", alla donazione,
alla bellezza, alla tenerezza. Certe civiltà di tipo mascolino in
maniera esacerbata, stanno forse andando incontro ad una rivoluzione
silenziosissima, ma efficace ed operata dalla donna; è la donna
che si ribella a questo soffocamento dell'essere.
Le "iconi>> mariane,
ad esempio, dove persistono? Perché mai la persistenza della devozione
mariana? Non è questo un richiamo al senso dell'appartenere, al
senso della bellezza, al fascino dell'aderire, al fascino dell'amore,
al fascino del donare che poi diventa la validità di una tradizione
religiosa?
II. L'impegno ecclesiale
Si può vedere la figura
di Maria soprattutto nei tre munera Ecolesiae: il munus docendi,
il munus santificandi e il i.
a. Applicando le intuizioni
che si sono dette circa la dimensione mariana, la ricerca della
verità acquista connotazioni peculiari. Se la Chiesa manca della
dimensione mariana, la ricerca della verità può sembrare una ricerca
di sola ragione, può sembrare una ricerca di soli strumenti intellettuali.
È il pericolo di una certa filosofia che si impone al dogma, è la
metodologia "scientifica" con cui si accosta la Bibbia ad avere
il sopravvento sulla fede che quasi cede di fronte a un certo sociologismo,
ecc. Sembra allora essere la sola ragione che accosta la Parola
di Dio: la sola ragione che non tien conto della sorta di "grembo
materno" che è la tradizione vivente dalla quale dipendiamo.
Se questa ricerca della verità all'interno della rivelazione è operata
anche con la dimensione e l'atteggiamento che veniva chiamato femminilemariano,
allora vi entra anche la ragione, una tale ricerca si pone innanzitutto
come esperienza, assimilazione: diventa il recuperare la persona
nel suo complesso per aderire, come la Vergine sposa, alla realtà
della rivelazione.
Di più, se si recupera
questo senso femminile mariano, se ci si inserisce nella tradizione
vivente come nel grembo di una madre, si accosta la rivelazione
anche con gli strumenti di controllo e di ricerca intellettuale,
umana, ma nella dipendenza dello Spirito. È lo Spirito che vive
in questa Tradizione della Chiesa, che è il principio conoscitivo
il quale ci rende capaci di intuire più a fondo la Parola di Dio.
Inoltre, se giungiamo
a vivere dentro di noi questa dimensione femminile materna, ci accorgiamo
come le certezze di fede, non sono soltanto un possesso, ma sono
anche una condivisione, e una condivisione non solo di un complesso
di idee, bensi di una teoria che rimanda alla realtà Tommaso osserverebbe:
"L'atto del credente non termina all'enunciazione, formulazione
o idea, ma termina alla realtà". L'atteggiamento maschile è tentato
di fermarsi alla formulazione; anzi, con la pretesa di esaurire
la realtà nella formulazione. L'atteggiamento femminile materno
è l'atteggiamento di chi è convinto che valgono anche le formulazioni
e le idee, ma x'è l'"aderire a"; dunque si tratta di scoprire la
realtà di Cristo per aderire a Lui.
Cosi, non si assolutizza la ricerca, né si véde il possesso della
verità come qualcosa di nostro da vantare con tono altero. Invece,
tale possesso della verità viene visto anche come conquista della
capacità umana, ma innanzitutto come dono da condividere; e la fede
si rivela anche come una scelta provata, ma innanzitutto come il
frutto di una grazia entro cui sì recupera la ragione.
La realtà della rivelazione
è colta anche negli enunciati perché gli enunciati sono la riflessione
dell'aderire, ma è coltá innanzitutto come ares": il dato rivelato
è colto nella sinteticità di Cristo, e l'atto di fede si rivela
chiaramente come un rapporto interpersonale che avverte soprattutto
l'essere catturati, l'essere presi, il mettersi in comunione con
il Signore Gesù.
E ancora, sempre circa
il munus docendi, occorrerebbe analizzare l'annuncio cristiano
alla luce di quanto si è detto. Bisognerebbe capire come, in fondo,
è soprattutto della donna intuire, avvertire il contatto personale
in una maniera tale per cui magari non si riesce a esprimere del
tutto l'esperienza che si compie, ma si tratta di un'esperienza
totalizzante (Luca dice di Maria "Continuava a rimuovere le cose
dentro di sé per considerarle dall'una e dall'altra parte" Lc 2,51).
La persona intera, non semplicemente la ragione o il sentimento,
entra nel rapporto di conoscenza di fede che dai segni risale al
significato e coglie il significato nella sua unicità.
Per l'annuncio del
cristianesimo nel amun?`S docendi" ovviamente bisognerà affermare
anche un'efficacia propria della Parola di Dio, anzi probabilmente
bisognerà affermare anche un'efficacia che è quasi sacramentale;
però, se manca la dimensione femminile mariana, inevitabilmente
la Parola di Dio diventa qualcosa di arido, qualcosa che sa di imposizione.
È esattamente la dimensione femminile mariana che dentro questa
effcacia della parola di Dio, pone un'esperienza di santità che
motiva in modo nuovo l'annuncio, per cui l'annuncio stesso non diventa
più un comando, un'esigenza degli altri, ma un'esigenza propria:
il debordare di un'esperienza che non si può contenere.
Accanto alla densità,
alla pregnanza della parola di Dio che reca in sé la propria forza,
si pone l'esigenza di evangelizzare dentro una tenerezza che affascina.
La dimensione femminile mariana motiva in modo nuovo l'"andare"
per l'annuncio. In una concezione unicamente maschile si capirebbe
Cristo che dice "Andate", oppure l'esigenza degli altri; in una
dimensione femminile rnariana, si capisce anche il comando di Cristo,
si capisce anche l'esigenza degli altri, ma innanzitutto si avverte
l'esigenza propria di "andare" agli altri.
A motivare ultimamente
l'annuncio sta anche l'imperativo di Cristo, anche il fatto che
gli altri hanno bisogno del credente, ma sta innanzitutto il fatto
che il credente ha bisogno degli altri se vuole salvarsi. L'entusiasmo,
l'affetto, la gioia, la passione con cui si aderisce a Cristo non
consentono più di tenere per sé questa esperienza: diventa una esigenza
l'annunciarla. Occorre però entusiasmarsi per il cristianesimo e
per la Chiesa. Se-la Chiesa fosse una realtà che Cristo ha fondato
in un momento di ira mal repressa, allora la Chiesa apparirebbe
come una realtà che ci schiaccia e non verrebbe proposta. Ma se
la Chiesa è il dono piú grande che Dio ha fatto, se è la sua Sposa,
inevitabilmente dentro il cristiano emerge l'esigenza di andare
agli alui e di andare con un nuovo stile, non soltanto offrendo
delle "prove," razionali, ma innanzitutto le "prove" della
santità: con un nuovo stile dovuto anche all'asprezza cattivante
del cristianesimo totale, al fascino dell'umiltà di chi mette in
tentazione di credere. Non si va agli altri come gente che sta attuando
una conée, ma come gente entusiasta di questo essere catturati,
di questo appartenere a Cristo: la Chiesa appare come un grembo
che non può non generare. In questo senso si riscontra la concordanza
tra quella che i teologi chiamano "infallibilità in docendo",
ma dentro l'infallibilità "in credendo". Il Magistero da
solo diventerebbe qualcosa di aspro, e invece è la santità della
Chiesa, la femminilità verginale materna della Chiesa che rende
il Magistero stesso affascinante.
Il munus santificandi
alla luce di Maria mostra l'attualità insuperabile dell'"ex opere
operato", ma fa vedere come l'ex opere operato ha bisogno dell'esperienza
di grazia per essere vissuto in tutta la sua ricchezza. È l'accoglienza
e la partecipazione alla salvezza che la dimensione femminile mariana
richiama. Si tratta di un recupero, se si vuole, della dimensione
"passiva" della vita cristiana, cioè il "dipendere da": una "passività"
terribilmente attiva, poiché si tratta di rendersi capaci di meraviglia,
di stupore, dell'atteggiamento attonito della gratitudine.
Si impone qui il recupero
della preghiera personale: non soltanto di un dire, ma come di un
ascoltare, le parole servono, ma servono alla fine, serve soprattutto
il sentirsi amati, il lasciarsi amare. È il dipendere, ancora una
volta. Giovanni della Croce direbbe: "Rompi la tela di questo dolce
incontro".
Di più, è una esperienza
del Dio che opera dentro di noi; è un lasciar lavorare Dio dentro
di noi, un lasciarsi condurre.
Anche la preghiera
comunitaria diventa creatività, ed è l'aspetto di iniziativa, di
organizzazione. Ma tale creatività è innanzitutto obbedienza, un
lasciarsi condurre dalle parole, dai gesti che vengono trovati veri,
nuovi, ma della verità e della novità che sono dentro di noi. Si
tratta di obbedire di lasciarsi formare dai gesti e dalle parole.
E poi, il "munus
regendi". Qui si comprende che la dimensione femminile mariana
segna una nuova concezione dell'autorità, per cui c'è la fermezza,
ma c'è la dolcezza; c'è la richiesta di iniziativa e la capacità
di sintesi; c'è l'animazione nascosta in seno al popolo di Dio;
c'è il suscitare una libertà autentica. Se si tralascia l'aspetto
di dipendenza dallo Spirito, di appartenenza a Cristo, ne esce l'anarchia
o la dittatura; ma se c'è questa presenza dello Spirito, si comprende
come l'autorità diventa il raccogliere le varie iniziative che con
docilità vengono offerte come esperienze dalla comunità cristiana.
Inoltre l'atteggiamento
mariano sollecita a recuperare le motivazioni delle iniziative;
spinge continuamente a chiedersi: perché si fa questo e quest'altro?
Non consente di cedere all'aspetto organizzativo, strutturale, di
arrendersi di fronte agli esiti esigui, delle iniziative: aiuta
a superare l'efficientismo. La dipendenza da Dio crea un nuovo stile
che unisce. Forse una delle problematiche più attuali è quella dell'unione
all'interno della Chiesa. Questa unità non la si raggiungerà né
per autoritarismo, né per discussioni continue; l'autoritarismo
è l'esasperazione del mascolinismo, le discussionecontmue sono l'esasperazione
di un certo femminismo sviato. Sarà la preghiera soprattutto a rendere
"una cosa sola".
Se il pluralismo non
è un fine, ma una situazione valida quando è motivata e quando le
diverse componenti si lasciano integrare tra loro alla luce di Cristo,
il «munus regendi» all'interno della Chiesa,
quando è vissuto nella dimensione femminile mariana, troverà lo
stimolo a suscitare tutte le vocazioni all'interno della Chiesa.
Ciò significa che ogni
vocazione recupererà il senso della propria povertà, ma al tempo
stesso si renderà capace di cogltere la ricchezza delle altre vocazioni.
La verginità per il regno si integrerà col matrimonio e viceversa.
Cristo è la vera sintesi, che si riverbera nelle parzialità vocazionali
che sono all'interno della Chiesa e che si chiariscono vicendevolmente.
Da un punto di vista
pastorale una simile visione pone dei problemi enormi. Se la Chiesa
ad un certo momento non trova più il coraggio, la libertà interiore
di proporre tutte le vocazioni, verginità per il regno compresa,
non si illuda di predicare il matrimonio in termini cristiani; poiché
il matri monto in termini cristiani, se non è accompagnato dalla
verginità per il regno, è sempre sul punto di terrenizzarsi e perdere
il significato della sua radice, la quále è esistenzialmente vissuta
dalla verginità per il regno.
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