Quando si parla di Liturgia,
tutti sappiamo di che cosa si tratta; anche se la liturgia stessa
può essere considerata da diversi punti di vista (antropologico,
storico, teologico, giuridico...) e non è facile darne una definizione
precisa ed esauriente, comprensiva di tutti gli aspetti insieme.
Sappiamo comunque che dicendo
«liturgia» ci si riferisce alla Messa e ai sacramenti,
alla «liturgia delle Ore» e all'anno
liturgico, con tutti gli annessi e connessi.
Mi è stato chiesto di esporre
in che modo la liturgia, nel suo complesso, può essere una strada,
una «via» per «conoscere
Maria oggi». Cercherò di farlo nel modo più semplice possibile,
attenendomi prevalentemente ad una prospettiva metodologica
(«come» conoscere Maria attraverso la Liturgia) senza
entrare in una dettagliata analisi contenutistica circa la figura
di Maria nella Liturgia.
Quando diciamo «conoscere»,
il significato più immediato ed evidente di questa parola fa riferimento
al fatto di sapere determinate cose, di essere informati
di determinate realtà. Alla base di questo nostro discorso vi è
dunque l' ipotesi che la liturgia «dica qualcosa» di
Maria, ci faccia sapere qualcosa sul suo conto. Si tratta di verificare
questa ipotesi. Ma allora la questione appare subito più complessa
di quanto si potrebbe pensare a prima vista.
La Liturgia, infatti, non è
un oggetto, una cosa; e non è neppure in primo luogo una scienza,
una disciplina teologica. È una prassi, un «fare qualcosa»:
celebrare un battesimo, celebrare la festa di Natale..., ecc. E
questa prassi non è unica e identica nel tempo e nello spazio, ma
appare diversificata, a seconda dalle varie Chiese (basti
pensare al vasto mondo delle liturgie orientali) e a seconda delle
epoche. La domanda: «Che cosa dice la Liturgia a proposito
di Maria?», va quindi precisata: «quale liturgia?»
(quella romana, quella bizantina, quella copta...?). E inoltre:
consideriamo la liturgia romana (per esempio) così com'è oggi,
o ci interessa vederne, in rapporto al nostro tema, anche lo sviluppo
storico?
È evidente che in un convegno
come questo, programmato soprattutto per operatori di pastorale,
al centro dell'attenzione si pone l'esperienza attuale della
liturgia nelle nostre comunità. E quindi fermiamo il nostro sguardo
esclusivamente sulla liturgia romana, lasciando da parte le altre.
È bene comunque tenere presente che esistono altre tradizioni liturgiche,
in cui si possono eventualmente riscontrare altri dati sulla figura
di Maria, o perlomeno altri modi di «parlarne» attraverso
le varie celebrazioni.
Nell'ambito poi della tradizione
occidentale romana, ritengo che sia utile, in ordine al nostro tema,
non solo l'analisi del dato attuale della Liturgia, ma anche la
considerazione dello sviluppo storico attraverso cui si è costruito,
a poco a poco, l'attuale stato di cose. L'indagine storica, infatti,
permette di cogliere con più facilità le linee di fondo che caratterizzano
il rapporto fra la Liturgia e la figura di Maria; e consente di
discernere con maggiore chiarezza la diversa importanza e
i reciproci rapporti fra i vari dati e riferimenti mariani
presenti nella Liturgia di oggi, giungendo così ad una visione più
organica ed equilibrata di tutto il rapporto fra Cristo, Maria e
la Chiesa.
Poiché, se la Liturgia «dice
qualcosa» di Maria, è perché nella Liturgia la Chiesa celebra
il mistero di Cristo; e nel mistero di Cristo, Verbo fatto carne,
è presente di fatto Maria, la Madre del Signore, «congiunta
indissolubilmente con l'opera salvifica del Figlio suo», come
dice il Concilio (SC,103). È proprio questa la prima cosa
che la Liturgia dice di Maria: la prima in ordine cronologico
(nella storia della Liturgia) e la prima in ordine di importanza,
poiché il posto e il ruolo di Maria nella storia della salvezza
in rapporto al Cristo costituiscono la chiave di interpretazione
di tutte le sue prerogative.
Di fatto il primo riferimento
mariano riscontrabile nella Liturgia è costituito dai testi biblici
che venivano letti nelle assemblee cristiane, e nei quali si parla
di Maria nel contesto del Vangelo di Gesù Cristo (cfr Mt 1-2; Lc
1-2; Gv 2 e 19; At 1,14; Gal 4,4).
E il secondo lo troviamo da
una parte nella professione di fede battesimale («Credi
tu nel Cristo Gesù, Figlio di Dio che è nato da Maria Vergine per
opera di Spirito Santo...?»1;
e dall'altra nella preghiera eucaristica:
«Ti rendiamo grazie, o Dio, per il tuo
Figlio diletto Gesù Cristo che hai inviato dal cielo nel seno
di una vergine ed, essendo stato concepito, si è incarnato e
si è manifestato come tuo Figlio, nato dallo Spirito Santo e
dalla Vergine»2.
Non a caso si tratta dei due
sacramenti «maggiori», in cui, per dirla con il Concilio,
si attua l'opera della salvezza che viene annunciata nella predicazione
della fede (SC,6).
Tutto il significato salvifico
del rito che la Chiesa celebra deriva dall'evento che Dio ha compiuto
in Cristo incarnato, crocifisso, risorto. Rievocando nella professione
di fede e nell'azione di grazie questo evento, la Chiesa ricorda
esplicitamente la Vergine Maria, poiché il suo nome diventa come
il simbolo stesso dell'iniziativa d'amore di Dio il quale «quando
venne la pienezza del tempo, mandò il suo Figlio, nato da donna,
nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge,
perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).
Come sappiamo, nei primi secoli
della Chiesa il mistero di Cristo veniva celebrato in prospettiva
globale e unitaria partendo dal «centro» della sua Pasqua
di morte e risurrezione: non esistevano altre feste cristiane se
non la domenica, «celebrazione settimanale della Pasqua»
nell'assemblea eucaristica, e la Pasqua «celebrazione annuale
della salvezza»3.
La prima festa cristiana che comincia a celebrare come tema dotato
di un proprio rilievo un momento particolare del mistero
di Cristo, è la festa di Natale (s. IV): si tratta proprio
di quel «momento» della vicenda di Cristo in cui il
ruolo di Maria appare in primo piano come madre del Messia. (cfr
Mt 1-2; Lc 1-2). Ed è ancora in connessione con il Natale che si
formerà la prima festa mariana della Liturgia romana: quella
che ora si chiama ufficialmente «Solennità di Maria SS. Madre
di Dio» (1° gennaio, ottava di Natale).
Altro fatto degno di nota:
nel Canone romano (divenuto unica preghiera eucaristica della
Liturgia romana) troviamo la «memoria di Maria»
in una prospettiva nuova. Il testo attuale (in italiano) dice:
«In comunione con tutta la Chiesa
ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre vergine
Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo, San Giuseppe
suo sposo, i santi apostoli e martiri... e tutti i santi».
Nell'azione di grazie citata
prima, Maria era ricordata in quanto protagonista attiva della storia
della salvezza; ora viene vista «dalla parte dell'assemblea
tra i beneficiari della redenzione, al primo posto fra gli eletti»4,
pienamente inserita nella «comunione dei santi». Il
Concilio dirà che Maria dev'essere riconosciuta quale «sovreminente
e del tutto singolare membro della Chiesa» (LG,53).
Gli altri dati salienti della
storia che riguardano il nostro tema sono:
a. l'organizzazione del tempo
di Avvento, che acquisterà, tra gli altri aspetti, una coloritura
mariana notevole, soprattutto nelle orazioni e letture degli ultimi
giorni prima di Natale.
b. il progressivo moltiplicarsi
di feste mariane, a cominciare da quelle più antiche
della Purificazione (Presentazione del Signore), (2 Febbraio), dell'Annunciazione
(25 marzo), della «Dormitio» (Assunzione -15 Agosto),
della Natività di Maria (8 Settembre); feste nate in Oriente nel
secolo VI ed esportate in Occidente nel sec. VII.
c. la presenza di elementi
mariani nella Liturgia delle Ore:
- dal Magnificat
- agli Inni
- alle grandi antifone
mariane conclusive dell'Ufficio.
Senza procedere oltre per la
strada della storia, rileviamo soltanto una specie di grande principio
in base al quale si viene configurando il rapporto fra «Liturgia»
e «conoscenza di Maria».
1. Partendo dalla celebrazione
del mistero di Cristo e dalla riflessione e meditazione su di
esso, si precisa e si approfondisce nella Chiesa la comprensione
teologica di Maria
- sia in rapporto a Cristo (e con lui al Padre e allo Spirito)
- sia in rapporto alla Chiesa stessa. Da questa comprensione e contemplazione
della figura di Maria si sviluppano i vari aspetti e le varie forme
del «culto» di Maria che entrano via via nella Liturgia
della Chiesa.
2. In un secondo momento, quando
già si è stabilita una tradizione liturgica comunemente accettata,
la Liturgia stessa diventa principio di riferimento per la comprensione
e la contemplazione della figura di Maria, secondo l'antico assioma
«lex orandi, lex credendi»: a partire dalla prassi liturgica
stabilita, e soprattutto dai testi di preghiera presenti nei libri
liturgici, si può ricostruire la «dottrina ecclesiale»
su Maria.
Non sto a rifare l'analisi
dei dati attuali della Liturgia romana in riferimento a Maria: basta
rileggere i nn. 1-15 dell'Esortazione apostolica «Marialis
Cultus». Faccio notare soltanto la sintesi di dati
dottrinali che lo stesso Paolo VI propone al n. 11 del documento
citato, ricavandoli dai testi eucologici del Messale Romano:
Percorrendo poi i testi del Messale restaurato,
vediamo come i grandi temi mariani dell'eucologia romana - il
tema della concezione immacolata e della pienezza di grazia,
della maternità divina, della verginità integerrima e feconda,
del tempio dello Spirito santo, della cooperazione all'opera
del Figlio, della santità esemplare, dell'intercessione misericordiosa,
dell'assunzione al cielo, della regalità materna e altri ancora
- siano stati accolti in perfetta continuità dottrinale con
il passato, e come altri temi, nuovi in un certo senso, siano
stati introdotti con altrettanta perfetta aderenza agli sviluppi
teologici del nostro tempo. Così, ad esempio, il tema Maria-Chiesa
è stato introdotto nei testi del Messale con varietà di aspetti,
come vari e molteplici sono i rapporti che intercorrono tra
la Madre di Cristo e la Chiesa. Tali testi, infatti, nella Concezione
Immacolata della Vergine ravvisano l'esordio della Chiesa, sposa
senza macchia di Cristo: nell'Assunzione riconoscono l'inizio
già compiuto e l'immagine di ciò che, per la Chiesa tutta quanta,
deve compiersi ancora; nel mistero della Maternità la confessano
Madre del Capo e delle membra: santa Madre di Dio, dunque, e
provvida Madre della Chiesa. Quando poi la liturgia rivolge
il suo sguardo sia alla Chiesa primitiva che a quella contemporanea,
ritrova puntualmente Maria: là, come presenza orante insieme
con gli apostoli; qui, come presenza operante insieme con la
quale la Chiesa vuol vivere il mistero di Cristo: «...
fa' che la tua santa Chiesa, associata con lei (Maria)
alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione»;
e come voce di lode insieme con la quale vuole glorificare Iddio:
«... per magnificare con lei
(Maria) il tuo santo nome»; e, poiché la liturgia è culto
che richiede una condotta coerente di vita, essa supplica di
tradurre il culto alla Vergine in concreto e sofferto amore
per la Chiesa, come mirabilmente propone il Post-communionem
del 15 settembre: «... perché, nella
memoria della beata Vergine Addolorata, completiamo in noi,
per la santa Chiesa, ciò che manca alla passione di Cristo».
Finora ho parlato di conoscenza
di Maria attraverso la Liturgia, attenendomi ad una accezione fondamentalmente
intellettuale del «conoscere» (che è poi la accezione
più comune del termine). Una conoscenza di tipo tecnico, distaccato
che non coinvolge di per sé il soggetto conoscente con l'oggetto
conosciuto (notando subito che in questo caso l'oggetto della conoscenza
di cui parliamo è una persona). Una conoscenza, potremmo
dire, «dal di fuori», che consiste in una somma di informazioni
a proposito di feste, di riti e di testi riguardanti la Madonna
presenti nella Liturgia, da cui possiamo ricavare una somma di nozioni
storiche e teologiche circa la figura di Maria. Questa conoscenza
si può ottenere studiando la liturgia, cioè studiando i libri
liturgici antichi e nuovi, e ricercando ogni altra fonte di
informazioni relative alla prassi liturgica della Chiesa nelle varie
epoche.
Ma la liturgia non si identifica
né con i libri liturgici, né con la somma dei testi e delle rubriche
in essi contenuti. Anzi, in realtà, la Liturgia esiste solo nell'atto
del suo farsi Liturgia in senso proprio non sono né i testi
né le norme liturgiche, ma sono le singole celebrazioni in atto.
Nel riflettere dunque su come
si può conoscere Maria «attraverso la Liturgia», non
dobbiamo fermarci a livello degli strumenti per celebrare (tali
sono da considerare i libri liturgici) e delle norme che regolano
il loro uso (tali sono le leggi e le rubriche). Dobbiamo piuttosto
partire (o comunque arrivare) dall'esperienza viva del celebrare,
dalla partecipazione «piena, consapevole e attiva» alle
celebrazioni liturgiche (cfr SC, 14).
Allora la «conoscenza»
di Maria a cui la Liturgia ci conduce acquista un taglio diverso.
La Liturgia infatti, in quanto «celebrazione» del mistero
di Cristo, opera per natura sua il coinvolgimento dei soggetti celebranti
nell'oggetto della celebrazione stessa. La Liturgia è un agire
simbolico che pone in atto il rapporto fra la nostra
esistenza e il mistero di Cristo. In questo modo veniamo a trovarci
in rapporto di comunione personale profonda con Maria, da diversi
punti di vista. Celebrando l'Eucarestia e gli altri sacramenti,
ricordando i misteri della redenzione nel corso dell'anno liturgico,
anche noi veniamo consapevolmente «presi dentro», insieme
con Maria, nel grande mistero della grazia, nell'opera salvifica
di Dio Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Insieme con Maria
e con tutti i santi, anche noi facciamo parte dello stesso grande
progetto di Dio creatore e salvatore.
Dentro questo legame
oggettivo che ci unisce a Maria nella stessa storia di salvezza,
Maria costituisce un modello per ogni credente: sia perché
in lei l'opera della grazia si manifesta nel massimo grado
(«grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente»), sia perché
la sua disponibilità e rispondenza umana all'opera della
grazia è perfetta ed esemplare per tutti, pur nella varietà di situazioni
storiche e di vocazioni personali ed ecclesiali di ciascuno (cfr
MC,35).
Celebrare la «memoria
di Maria» nella Liturgia significa per ciò stesso riconoscerne
l'esemplarità e impegnare la propria conoscenza e libertà in questa
direzione. Così la celebrazione pia e consapevole della
Liturgia porta a quella conoscenza di Maria che diventa affinità,
comunione di spirito, compartecipazione al medesimo evento di grazia
e di salvezza nel suo duplice aspetto di dono da accogliere
e di missione da svolgere. Una «conoscenza» intima
e vissuta (anche se non concettualizzata in parole) che deriva dalla
medesima esperienza dell'amore di Dio creduto, accolto, corrisposto
e trasmesso. Una conoscenza in cui il «sapere» comprende
insieme e diventa un amare, contemplare, pregare, imitare.
Aggiungo ancora un'ultima osservazione.
Nella Liturgia attuale non tutto è già definito e detto attraverso
i testi ufficiali dei libri liturgici. C'è spazio per la «creatività»
- come si dice - specialmente per quanto riguarda i canti,
l'omelia, la preghiera dei fedeli. Le nostre liturgie,
concretamente, comprendono anche questi elementi celebrativi non
predeterminati: e questi elementi svolgono spesso un ruolo determinante
nel conferire un certo tono, nel definire l'immagine e la fisionomia
complessiva di una celebrazione. C'è da augurarsi che anche questi
elementi «liberi» delle nostre liturgie, assimilino
lo stile e lo spirito generale della Liturgia nel «parlare»
di Maria. Uno stile caratterizzato dalla discrezione e dalla
sobrietà: la presenza di Maria - nella Liturgia come nel Vangelo
- proprio perché è importante, non ha bisogno di «farsi
notare» in modo vistoso (dove «vistose» e inopportune
diventano tutte le forme di esagerazione e di intemperanza verbale,
teologica e sentimentale). Uno stile in cui la figura di Maria non
appaia mai separata dal suo rapporto qualificante ed esemplare
con Cristo e con la Chiesa.
NOTE
1
IPPOLITO, Tradizione Apostolica, 21.
2
Ibidem, 4.
3
F. BROVELLI, Anno Liturgico, in Dizionario
Teologico Interdisciplinare, I, 38-383.
4
L. LIGIER, in La Madonna nel culto della
Chiesa, Queriniana, Brescia, 1966, p. 75.
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