Un sentimento di trepidazione
e di gioia è comune a quanti si accingono a parlare di Maria. Lo
esprimeva già S. Bernardo con le celebri parole:
«Non c'è nulla che tanto mi piaccia e
insieme mi spaventi quanto dover parlare della gloria della
Vergine Madre... Tutti bramano di parlare di lei, ma tutto ciò
che si dice di una realtà inesprimibile (de indicibili)
diviene, per il fatto stesso di tradurla in parole, meno gradito,
meno piacevole, meno accettabile»1.
San Bernardo ci manifesta la
ragione profonda di questo fatto indicando Maria come persona
ineffabile e densa di mistero poiché in lei Dio ha congiunto realtà
contrastanti come verginità e maternità: «duplice novità,
duplice prerogativa, duplice miracolo»2.
Lo stesso sentimento proviamo
noi nell'indicare le vie per la conoscenza di Maria:
1. Innanzitutto perché Maria
è una persona e, in quanto tale, porta con sé un segreto, un centro
intimo, un io profondo che non si può scandagliare senza un vero
incontro personale. Conoscere Maria diviene impossibile e impensabile,
se si intende conoscenza come studio oggettivo. Rilevava tempo fa
E. Schillebeeckx:
«Studiare una persona vivente non
è una cosa di per sé molto simpatica. Non si analizza una persona
con cui si hanno intimi rapporti d'amicizia. Ma Dio, il Cristo
e Maria hanno diritto all'omaggio della nostra intelligenza,
del nostro pensiero orante»3.
3. Comprendiamo che per Maria
non si tratta tanto di conoscenza come informazione o studio sistematico
astratto, ma di conoscenza nel senso di «riconoscere, entrare
in contatto»4. Si
conosce Maria quando si entra nel segreto della sua persona, nella
sua spiritualità, nella sua libertà che opta per Dio: in una parola
quando si conosce il suo «cuore» inteso biblicamente.
2. In secondo luogo Maria appare
come un essere paradossale difficile a comprendere. In lei si concentrano
e uniscono simbolo e realtà, storia e leggenda, vangelo e apocrifi,
fede e religione, teologia e arte. Chi è Maria? - si chiede Marina
Warner tra rabbia e nostalgia: figura storica, creazione popolare,
specchio magico di inappagati desideri, codice etico, «l'immagine
più bella e sublime dell'aspirazione dell'uomo al bene e alla purezza,
o... il più disprezzabile prodotto della superstizione e dell'ignoranza»?
Certo, in ogni caso, «la sua figura rappresenta un tema centrale
nella storia della concezione della donna in occidente»5.
Come notava S. Bernardo in
Maria si congiungono maternità e verginità; ma anche le dimensioni
storica e soprastorica. Umile donna del popolo d'Israele, la Vergine
è pure la Madre del Signore; è colei che viene imitata, ma anche
colei che viene pregata; apice dell'AT. e insieme prima cristiana;
ha abitato nella casetta di Nazareth, ma ora abita «in un
luogo luminoso, nella terra dei viventi»6.
Maria possiamo dire appartiene al genere paradossale, il cui ruolo
consiste nel provocare un urto per invitare ad un approfondimento7,
superando una prima impressione di irrazionalità o realtà al di
fuori della logica ordinaria.
3. Infine, Maria è «Madre
del mistero» (Nisseno) in quanto è implicata nel «mistero
di Cristo» (Ef 3, 4; Col 1, 27; 2, 2; 4, 3): fa parte della
volontà salvifica di Dio e della realizzazione del disegno divino
nella storia della salvezza, in cui consiste il mistero della Sapienza
di Dio8.
La percezione del mistero di
Maria è stata espressa dai Padri con un termine caratteristico:
Endoxos, gloriosa. Lo troviamo la prima volta in Basilio
( + 379), poi in Severiano ( + d.408), Nilo d'Ancira ( + 430), Teodoto
( + ca. 44(), Basilio di Seleucia ( + 459); con il VI secolo endoxos
entra nel Communicantes romano e nel Concilio di Costantinopoli
del 553 9. Come spiega
Davide M. Montagna,
«il senso primitivo dell'espressione va
cercato, a quanto pare, nel contesto generale della lode, venutosi
precisando sul finire del IV secolo, e non include un riferimento
diretto allo stato della Theotokos nella vita ultraterrena,
come può aver assunto in seguito, per estensione, specie nel
basso medioevo. Endoxos fa così il paio con hymnetós
e significa il riconoscimento della gloria ontologica
proveniente alla Vergine dalla maternità divina» 10.
Gli elogi patristici hanno
un'omogeneità tematica: la percezione della maternità verginale
di Maria come fatto trascendente e meraviglioso. L'anima reagisce
con lo stupore riverente e la lode estatica: con il silenzio e la
parola orante.
La dimensione di mistero in
cui la maternità verginale colloca Maria è coronata dalla sua condizione
glorificata: la Theotokos è percepita a partire dal Sub
tuum praesidium (III secolo), come «realtà numinosa»,
appartenente alla sfera della santità, dotata di potenza e di bontà,
perciò termine di rispetto e di amore.
Ritroviamo qui i due sentimenti
nei quali si dibatteva S. Bernardo: timore riverenziale e gioia
ammirativa dinanzi al mistero di Maria.
Se Maria è una persona, un
paradosso, un mistero: una realtà complessa, ricca di significato,
carica di storia e interpretazioni, sarà facile intuire che le varie
vie per giungere a lei rischiano di selezionare ed evidenziare alcuni
aspetti reali a danno di altri ugualmente importanti. Siamo obbligati
a distinguere questi sentieri che portano alla conoscenza di Maria,
ma non dimentichiamo il criterio della globalità e complementarietà.
Considerando Maria, come persona
scelta da Dio per cooperare responsabilmente e in modo unico al
suo piano di salvezza, mi pare di scorgere un ventaglio di strade
che conducono al suo mistero. Maria è punto di riferimento dei singoli
fedeli che muovono verso la sua conoscenza; in realtà le strade
partono da lei, anzi da più lontano, la coinvolgono e la superano
per ritornare verso la fonte della conoscenza di Maria, fonte che
è Dio-Trinità. Vogliamo dire che ogni conoscenza di Maria presuppone
la conoscenza di Dio in Gesù Cristo, che rimane la via maestra e
indispensabile per l'accesso al Padre nello Spirito (Ef 2,18). In
altre parole, esiste il problema del rapporto della conoscenza di
Maria con l'intero mistero cristiano, in particolare con il centro
di esso, che è Cristo. Giunti a Maria ci accorgiamo che a lei ci
ha condotti la grazia e che ella resta sempre una via verso Cristo.
Ciononostante Maria resta punto di riferimento, meglio persona da
incontrare percorrendo tutte le strade possibili.
Queste strade - distinguiamole
senza però forzarne la specificità - discendono dall'alto o muovono
dal basso, secondo che accentuano la rivelazione di Maria da parte
di Dio (nella Bibbia) e tramite Maria stessa (mariofanie), oppure
il cammino umano verso la realtà di Maria considerata come buona
(via spirituale), vera (via teologica) e bella (via della bellezza).
Abbiamo quindi 5 vie (il richiamo
alle 5 vie tomistiche per l'esistenza di Dio è solo casuale, perché
i procedimenti sono diversi) per accedere al mistero di Maria:
1. la via biblica o storico-salvifica, che ci mostra Maria
secondo la rivelazione che ne ha fatto Dio mediante gli scrittori
del NT. ;
2. la via epifanica, ossia della manifestazione libera di
Maria a crea ture scelte per una missione carismatica;
3. la via della spiritualità, intessuta di amore e di preghiera,
che si pone a livello di connaturalità;
4. la via della verità, ossia della riflessione umana sul
dato di fede;
5. la via della bellezza, che percepisce nell'ammirazione
ed espri me nel simbolismo il mistero di Maria.
Percorriamo queste vie a volo
d'uccello, fermandoci un po' di più sull'ultima di esse.
I -Via Biblica o Storico-salvifica
È la corsia preferenziale
per la conoscenza di Maria, perché mette a contatto con la Parola
di vita, con la «norma normans» di ogni ulteriore sviluppo.
Con la rivelazione divina cui l'uomo deve rispondere con 1'obbiedenza
della fede.
È la via ecumenica per un fondamentale
accordo delle confessioni cristiane sulla Vergine. Essa ha dato
ottimi frutti a giudicare dal cammino percorso da Max Thurian, che
ha sottolineato, basandosi sulla Scrittura, «tutto ciò che
la pietà cristiana può imparare di solido e di vivificante in una
meditazione sulla vocazione di Maria, Madre del Signore e figura
della Chiesa»11.
La Maria biblica è l'unica base di consenso a livello ecumenico.
La via biblica svolge tre funzioni:
1. Presentare l'editio typica
di Maria, ossia il suo ruolo e la sua persona secondo la parola
di Dio e nel contesto della rivelazione di Gesù Cristo. La presentazione
biblica di Maria, vista nel dinamismo evolutivo del Kerigma, presenta
i caratteri dell'autenticità, funzionalità e organicità: offre una
sintesi vitale tra storia e annuncio, tra la Maria della fede e
quella della storia.
2 . Operare una verifica
permanente circa lo sviluppo e le acquisizioni della tradizione
ecclesiale. Alla luce del vangelo si decantano le varie immagini
culturali di Maria, come pure le sue espressioni artistiche e di
culto, nonché le sue interpretazioni teologiche. È noto come le
ricerche esegetiche del nostro tempo per una parte abbiano arricchito
la figura di Maria (Figlia di Sion, povera di Jahve...), per un'altra
l'abbiano inquadrata meglio nel contesto salvifico evidenziando
l'unione di Maria con il Figlio nel rispetto della transcendenza
messianica 12. Così pure
un'immagine troppo glorificata di Maria ha dovuto comporsi con il
suo itinerario nella fede.
3. Offrire significato
salvifico della vicenda di Maria di Nazareth. La Bibbia è
sempre parola di salvezza, anche quando riguarda Maria, evidentemente.
È possibile pertanto attualizzate il significato della sua figura
per ogni tempo. È quanto indica la MC quando invita a leggere la
Scrittura «tenendo presenti le acquisizioni delle scienze
umane e le varie situazioni del mondo contemporaneo» (MC 37)
allo scopo di inserire Maria come elemento dinamico nella cultura
della nostra epoca.
La via biblica rimane però
ardua, perché richiede l'utilizzazione dei metodi esegetici onde
appurare l'elemento umano vincolante la volontà salvifica di Dio,
a meno di avere un dono carismatico speciale o di incorrere in un
semplicismo biblico di stampo monofisita che trascura i dati antropologici.
II - Via Esperienziale o Carismatica
Intendendo per esperienza spirituale
il «pati divina»13,
ossia uno stato interiore in cui percepiamo una presenza di Dio
che ci chiama in momenti in cui non lo cerchiamo, comprendiamo che
essa suppone l'azione di Dio in noi, anzi la sua iniziativa gratuita.
Si tratta sempre di un'azione
rivelativa, in quanto mediante essa Dio si manifesta. Tale rivelazione
assume due forme principali quando concerne Maria:
1. Le «mariofanie
o apparizioni di Maria. Esse costellano la storia della Chiesa.
La prima a noi conosciuta risale al III secolo: Maria - racconta
S. Gregorio Nisseno - è apparsa a S. Gregorio Taumaturgo ( + 270)
per istruirlo intorno ai misteri della fede14;
le ultime del nostro tempo, come Rue du Bac, Lourdes e Fatima, sono
note a tutti. È chiaro che tali manifestazioni rappresentano una
via efficace per la conoscenza della Vergine: i veggenti sono trasformati
dall'incontro con Maria, sentono di essere chiamati ad una missione
di testimonianza, sono attrarti nella scia dell'apparizione e all'esecuzione
del messaggio ricevuto. Bernadette e i Da pastorelli di Fatima sono
un esempio di tutto questo. È chiaro che a questa rivelazione di
Maria - una volta che presenta i caratteri di autenticità - occorre
prestare l'assenso di fede da parte del veggente e probabilmente
da ogni fedele che ne venga a certa conoscenza15.
2. Il dono dell'esperienza
mariana. La conoscenza vitale di Maria è originata secondo i
mistici da una duplice causa:
«Questa vita mariana - dice Michele di
S. Agostino - sembra alle volte prodotta nell'anima dallo Spirito
Santo per mezzo di una specie di effusione, sovrabbondanza o
piena d'amore verso Maria, ritornando da lei a Dio... Una tale
disposizione ha le sue origini ora nell'azione diretta e spontanea
dello Spirito d'amore nell'anima, ora nell'atteggiamento acquisito
con innumerevoli atti d'amore rivolti verso la nostra tenera
Madre»16.
È lo Spirito che rivela Maria
- ripete S. Luigi Maria di Montfort:
«Sì, è lo stesso Spirito di Cristo che
introdurrà in questo segreto l'anima molto fedele, perché avanzi
di virtù in virtú, di grazia in grazia, di luce in luce fino
alla trasformazione in Gesù Cristo...»17.
Talvolta lo scrittore mariano
sperimenta di essere strumento dello Spirito che lo introduce nel
mistero di Maria e lo rende atto a comunicarlo18;
tal altra prevale la ricerca continua della conoscenza di Maria
come in S. Massimiliano che prega così:
O Immacolata, ...oso supplicarti di essere tanto
buona da volermi dire chi sei Tu. Desidero, infatti, conoscerti
sempre più... Chi sei, o Signora? Chi sei, o Immacolata?»19.
Questa ricerca di P. Kolbe
durata tutta la vita trova la risposta definitiva nelle pagine da
lui stese il mattino del 17 febbraio 1941 quando fu arrestato dalla
Gestapo:
«il nome dello Spirito Santo, `Immacolata
Concezione', è il nome di Colei nella quale Egli vive di un
amore fecondo in tutta l'economia soprannaturale»20.
Dono dell'alto che precede
o corona lo sforzo umano, la conoscenza di Maria per via esperienziale
resta un carisma suscitato dallo Spirito a favore della Chiesa.
Felici quei momenti in cui la Vergine si fa presente od offre un
segno della sua esistenza nella vita dei cristiani!
III - Via della spiritualità o della connaturalità
Se il simile è conosciuto dal
simile, è chiaro che chi si avvicina alla condizione di Maria è
più atto a conoscerla. È una conoscenza intuitiva, immediata, per
connaturalità. Ammonisce ancora P. Kolbe:
«Quando ti accingi a leggere qualcosa
sull'Immacolata, non dimenticare che in quel momento entri in
contatto con un essere vivente, che ti ama, puro, senza alcuna
macchia... Considera attentamente, inoltre, che quanto più pura
avrai la coscienza, quanto più la laverai con la penitenza,
tanto più le tue cognizioni su di lei saranno prossime alla
verità»21.
La dottrina giovannea per
cui «Chi ama Dio è nato da Dio e conosce Dio» (1 Gv
4, 7) percorre la letteratura cristiana ricevendo puntuali conferme
in tutti i secoli. Clemente Alessandrino asserisce che «Dio
è amore e si fa conoscere da quelli che amano»22:
l'amore diviene - aggiunge Guglielmo di Saint-Thierry -«un
occhio con il quale si vede Dio»23.
Anzi - precisa S. Bernardo -«non la disquisizione mala santità
comprende Dio, se in qualche modo poi si può comprendere ciò che
è incomprensibile»24.
La via della connaturalità
diventa «via amoris» in quanto nell'amore sta la perfezione.
L'ha compreso adattandola a Maria il primo mariologo, autore cioè
della prima mariologia, Placido Nigido, il quale in una sua opera
del 1623 dal titolo Mariale afferma:
«Perciò ama e hai adempiuto tutto. Ama,
ama con ardore colei che è ottima, bellissima, somigliantissima.
Ama esprimendola in te per poterti dire simile a lei... La Vergine
è da amare per la somiglianza di natura, di grazia e di gloria...
Sebbene (Maria) sia Signora gloriosa, eccelsa sopra le stelle
e i cori degli angeli... tuttavia ella è nostra sorella e nostra
carnea 25.
Non ci è difficile capire -
anche alla luce della psicologia - che l'amore spinge ad uscire
da sé (amor extasim facit) per entrare nell'altro
in rapporto di dialogo e di comunione. È una molla e uno strumento
di conoscenza profonda e personale. L'amore si tramuta in preghiera,
che trova il suo culmine nella liturgia, cioè in una conoscenza
più vera perché l'intenzionalità vi si esprime con più forza in
quanto mette in rapporto diretto con un'altra persona.
IV - VIA DELLA VERITÀ
Da quando esiste la teologia,
la via della verità ha reso molti servizi alla fede cristiana, anche
se talora l'ha condizionata racchiudendola in moduli legati a determinate
culture. Ha ottenuto «un'intelligenza oltremodo fruttuosa
(dei misteri), in parte per l'analogia con le conoscenze naturali,
in parte per il nesso dei misteri tra loro e con il fine ultimo»26.
La teologia, usando la ragione illuminata dalla fede, ha tratto
parecchie verità dall'implicito all'esplicito, ha organizzato i
dati rivelati in una sintesi organica, ha mostrato la concordia
o almeno la non-contraddizione tra fede e ragione. In
un testo famoso la Dei Verbum ha potuto affermare il progresso
della tradizione di origine apostolica con l'assistenza dello Spirito
Santo:
«Cresce infatti la comprensione, tanto
delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione
e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr.
Lc 2, 19 e 51), sia con l'esperienza data da una più profonda
intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione
di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto
un carisma sicuro di verità» (DV 8).
Teologi, vescovi e fedeli attenti:
tutti concorrono, ognuno nel proprio ordine, ad una maggiore conoscenza
della rivelazione cristiana.
Applicata a Maria la via logico-razionale
è un mezzo indispensabile per approfondirne il mistero. Essa ha
organizzato i dati biblico-tradizionali circa Maria, ha chiarito
i punti oscuri, ha esplicitato i dati implicitamente contenuti nella
rivelazione, ha perfino costruito la sintesi sistematica veicolata
dai trattati di Mariologia. Si deve, per esempio, all'intuizione
di alcuni teologi medioevali e in particolare a Duns Scoto il concetto
di «redenzione preservativa» come tipo di redenzione
più perfetta e non come eccezione alla salvezza operata da Cristo,
se la dottrina dell'Immacolata concezione ha superato la sua più
forte obiezione.
Indubbiamente l'intelligenza
umana ha un suo valore specifico come capacità di conoscere, cioè
di mettere a contatto con la realtà. II concetto, da parte sua,
pur non esaurendo in sé la realtà va al di là di sé perché è dotato
di intenzionalità. Ma, anche e soprattutto quando si tratta di Maria,
la concettualizzazione deve evitare di murarsi in astrattismo irreale
abbandonando il terreno storico-salvifico della Bibbia27.
La razionalità si muterebbe in razionalismo, in quella vana sapienza
del mondo fatta di vuote parole e incapace di percepire le cose
divine (cfr 1 Cor 2, 1-15).
Inoltre la mariologia come
la teologia devono uscire dalla pura speculazione per calarsi nella
vita del proprio tempo, incarnare il cristianesimo nelle varie culture,
assumere i moduli comunicativi più adeguati, mostrare il significato
del dato rivelato. La Mariologia sfuggirà così alle critiche di
H. Cox28, mostrando la
sua capacità di impegno e il suo peso nel risolvere i problemi più
importanti della vita spirituale della Chiesa e della sua missione
nel mondo.
V - VIA PULCHRITUDINIS
A questo punto dobbiamo cedere
la parola a Paolo VI, che in occasione del congresso mariologico-mariano
del 1975 ha indicato come presentare Maria al popolo, con parole
felici ed inedite:
«Al riguardo si possono seguire due vie.
La via della verità, anzitutto, cioè della speculazione
biblico-storico-teologica, che concerne l'esatta collocazione
di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa: è la via dei
dotti, quella che voi seguite, necessaria certamente, di cui
si avvantaggia la dottrina mariologica. Ma vi è anche, oltre
a questa, una via accessibile a tutti anche alle anime semplici:
è la via della bellezza, alla quale ci conduce, alla
fine, la dottrina misteriosa, meravigliosa e stupenda che forma
il tema del congresso mariano; Maria e lo Spirito Santo. Infatti,
Maria è la creatura `tota pulchra': è lo `speculum
sine macula'; è l'ideale supremo di perfezione che in ogni
tempo gli artisti hanno cercato di riprodurre nelle loro opere;
è 'la Donna vestita di sole' (Ap 12, 1), nella quale
i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli
sovrani, ma accessibili, della bellezza soprannaturale»29.
Nell'indicazione di Paolo VI
discerniamo un triplice problema, che la via della bellezza deve
affrontare nei riguardi di Maria: quello metodologico concernente
la ricerca nel campo mariano; quello contenutistico, che
ha il compito dì appurare il senso della bellezza di Maria; quello
cibernetico in vista di una comunicazione artistica del messaggio
mariano.
1. L'approccio estetico al mistero di Maria.
Il prevalere del metodo deduttivo,
basato sul sillogismo, mentre ha conferito allo studio di Maria
un carattere di logicità, ha fatto sì che la mariologia parlasse
quasi solo all'intelligenza, senza interpellare le altre facoltà
umane.
È giunto il tempo di superare
gli eccessi del razionalismo, pur assumendo la razionalità critica,
e di imboccare la via della bellezza, ossia di ricorrere all'approccio
estetico per accedere alle realtà teologiche, tra le quali si colloca
la Vergine Maria.
Dal punto di vista metodologico
la via della bellezza applicata alla mariologia implica l'uso di
procedimenti di vario genere, tutti concordi nel valorizzare strutture
non argomentative, ma legate al bello e all'arte.
a. L'estetica teologica.
Spetta al H. Vrs von Balthasar30
il merito di aver riproposto e valorizzato la categoria del bello
nell'interpretazione del messaggio cristiano. L'estetica teologica
svolge un duplice ruolo: scoprire Dio che si rivela attraverso l'esperienza
sensibile (aisthesisr = sensazione) e lasciarsi attrarre dello splendore
della sua gloria in un'ammirazione non utilitaristica.
Il procedimento estetico si
applica a Maria, persona concreta che preclude la via all'astrazione
raziocinante, qualora questa perdesse il contatto con l'individualità
storica di lei. Lo splendore e la bellezza intangibile operati dall'artefice
divino in Maria, si intuiscono come in un'opera d'arte, cioè nella
forma sensibile. Ciò che risplende in lei è la disponibilità attiva,
che pronuncia il sì perfetto della fede, offrendo un paradigma ideale
alla chiesa cristiforme. Maria è lo splendore della Chiesa. Le
indicazioni di Von Balthasar invitano il teologo a fare mariologia
valorizzando la percezione sensibile (estetica) come riferimento
vibrante di ammirazione alla figura della Vergine Madre, in cui
rifulge la gloria di Dio senza annullamento della sua consistenza
storica. II mariologo non è soltanto chi riflette sistematicamente
sui dati mariani e ne offre una sintesi organica razionale, ma innanzitutto
il mistagogo che sintonizza con l'esperienza religiosa di Maria
e trasmette lo splendore e il significato della sua persona a quanti
sono capaci di stupore e di contemplazione. La teologia estetica
applicata alla mariologia scoraggia ogni costruzione astratta e
puramente sillogistica ricordando che Maria non è un principio metafisico,
né una pura funzione o una semplice idea: è una persona umana, densa
di significato proprio in e attraverso la sua dimensione
storica, biologica, esistenziale31.
b. Il pensiero simbolico.
L'attività simbologenetica sorge dall'esigenza di esprimere una
conoscenza intuitiva ed emozionale, cioè un'esperienza interiore,
di realtà non raggiungibili con la sola ragione. Più ancora, il
simbolo nasce dal bisogno dell'uomo di recuperare la sua origine
e di integrarsi con il tutto. Esso «mette insieme» (symballo)
il visibile e l'invisibile, rimandando a ciò che non si conosce
e al mistero dell'essere, intuito: è l'epifania del significato
inaccessibile. Se per simbolo intendiamo pertanto «un qualsiasi
segno concreto che evoca, per un rapporto naturale, qualcosa dì
assente o dì impossibile a percepire» (Lalande), si comprende
come esso costituisca
«una maniera legittima di esprimete il
significato trascendente di Maria... È un altro cammino di approccio
alla realtà e al mistero di Maria... Il concetto è insufficiente;
il protocollo è freddo; ha bisogno del colorito dell'immagine
e dei simboli. Solo essi esprimono adeguatamente il definitivamente
importante per l'uomo. Così è della mariologia simbolica, Essa
costituisce il cuore della teologia mariana; qui appare il teologico
della teologia»32.
È chiaro che la via simbolica,
dominio privilegiato della poesia e dell'arte, conferisce alla mariología
un calore e una concretezza, che mancano alla costruzione puramente
razionale: mentre il concetto è statico e proietta verso 1'intemporale,
il simbolo porta allo spirituale senza abbandonare l'esperienza
storica e reale. Al mariologo incombe il compito di valorizzare
l'immensa tradizìone sìmbolica della teologia mariana, dalla prima
intuizione di Maria nuova Eva fino alla tipologia adottata dal Vat.
II che vede in lei l'icona escatologica della Chiesa. Si tratta
di classificare i simboli mariani, decodificarli nel loro significato
originario in base ai principi ermeneutici, cogliere nel loro carattere
«intenzionale» di apertura alla realtà del mistero di
Maria gli apporti alla mariologia.
c. La tradizione artistica,
La tradizione artistica mariana appare spesso come atto di culto
o un omaggio verso colei che tutte le generazioni chiameranno beata
(cfr. Lc 1, 48); essa deve però essere analizzata come espressione
di fede o simbolo culturale di un dato periodo o di un particolare
autore. Si avrebbe così il volto di Maria nell'interpretazione degli
artisti di tutti i secoli, con le sue molteplici variazioni, involuzioni
e approfondimenti. C'è chi prevede in tale studio l'emergere di
autentici valori, come pure di «formidabili deviazioni o eresie»
che hanno attraversato l'arte cristiana lungo i secoli, per esempio
l'invasione del paganesimo nel Rinascimento. A noi sembra che la
funzione principale delle espressioni artistiche mariane sia quello
di rendere più plausibile l'immagine della Vergine trasmessa dalla
riflessione mariologica nelle varie epoche culturali, aggiungendovi
i dati intuiti da poeti, letterati, pittori, scultori, architetti
e musicisti. È un campo sterminato che attende un'ermeneutica in
funzione teologica.
2. Una bellezza chiamata Maria.
La s. Scrittura riconosce Dio
«autore della bellezza» (Sap 13,3) e descrive la «bellezza
delle creature» (Sap 13, 5); non così il NT che tace perfino
circa la bellezza di Gesù e di sua Madre.
Di fronte al silenzio biblico
circa la bellezza fisica della Madre di Gesù, alcuni con S. Agostino
ne hanno preso atto affermando: «Non abbiamo conosciuto il
volto della Vergine Maria». Altri invece hanno voluto colmare
la lacuna biblica asserendo in generale che la bellezza conveniva
a Maria, in quanto «la stessa bellezza del corpo - diceva
S. Ambrogio - fu un'immagine dell'anima, figura della probità».
Tutta la tradizione iconografica
occidentale ha espresso in ricche variazioni la bellezza fisica
di Maria, mentre l'Oriente ha offerto nelle icone la bellezza mistica
di lei. Più ancora mentre l'arte mariana occidentale è minacciata
da naturalismo e arianesimo, in quanto prevale in essa l'aspetto
umano, quella orientale accentua la grazia e santità di Maria, talvolta
a scapito della sua bellezza fisica (rischio di monofisismo).
È significativa a questo proposito
la duplice esperienza fatta da Bulgakov a Dresda davanti alla Madonna
Sistina di Raffaello prima e dopo la sua conversione. Nel 1898 quando
si è trovato per la prima volta dinanzi a quella tela ebbe un'impressione
sconvolgente, da lui stesso descritta con queste parole:
«Là, gli occhi della Regina dei cieli
che sale al cielo con il suo divin Figlio mi hanno guardato.
C'era in quegli occhi una forza infinita di purezza e d'immolazione
volontaria... Ho perso i sensi, la testa mi girava; dai miei
occhi scendevano lacrime dolci e amare insieme, che fecero liquefare
il ghiaccio del mio cuore; era come se un nodo vitale si sciogliesse
improvvisamente. Non era un turbamento estetico; no, era un
incontro, una nuova conoscenza, un miracolo. Chiamavo questa
contemplazione una preghiera (ero allora marxista)...»
Più tardi, nel 1923, dopo la
sua conversione e la sua visione teologica sofianica, guardando
ancora a Dresda la Madonna di Raffaello il suo cuore rimase insensibile:
«Una cosa era chiara per me fin dalla
prima occhiata: quella non è un'immagine della Madre di Dio,
della purissima Semprevergine; non è un'icona. È un dipinto,
opera di un genio sovrumano, ma di tutt'altro significato e
contenuto dell'icona. C'è la suprema rivelazione del carattere
femminile del dono di sé, ma umano, soltanto umano... Ecco perché
ogni naturalismo nella rappresentazione di Maria sarà senza
forza, ingannatore e bugiardo, per quanto alto e perfetto possa
essere. Alla luce di questa relazione appare l'abbagliante sapienza
dell'icona ortodossa. Ho sentito e compreso chiaramente che
proprio essa mi aveva fatto perdere il gusto di Raffaello e
di tutta la pittura naturalista...» 33.
L'esperienza di Bulgakov ci
spinge a chiederci in che cosa consista la vera bellezza di Maria.
La sua indicazione orienta verso coesistenza tra umanità e mistero,
espressione artistica e contenuto storico-salvifico, immanenza nello
spazio materiale e trascendenza di significato. La rottura di questo
equilibrio porta ad un piatto naturalismo o alla kenosi del segno,
che teologicamente si traducono in monofisismo con accentuazioni
nestoriane o docetiste.
3. Bellezza di Maria e salvezza
del mondo
Se vale la pena insistere sulla
bellezza di Maria nell'annuncio del suo mistero, ne consegue che
occorre imboccare la «via della bellezza» anche nei
mezzi espressivi di comunicazione- In altre parole: è opportuno
ricorrere alle varie forme dell'arte (pittura, musica, teatro, cinema,
ecc.) per trasmettere i contenuti mariani nel loro dinamismo salvifico?
Conviene veicolare la «bellezza» di Maria attraverso
strumenti «artistici», cioè «belli»?
La risposta dipende dalla soluzione
del vecchio problema circa la funzione dell'arte. Platone si è mostrato
esitante ora condannando l'arte come copia del visibile e ancoraggio
al mondo materiale, ora facendone l'apologia in quanto invasamento
delle Muse e capacità di far intuire il vero mondo dei valori. Nel
corso dei secoli ha prevalso, anche nel cristianesimo dopo la drammatica
lotta iconoclasta (VIII sec.), la visione positiva delle espressioni
artistiche nella loro funzione catartica, didascalica e mistagogica.
Anzi con una frase celebre Dostoevskij ha asserito: «La bellezza
salverà il mondo»; ma lo ha fatto in un contesto problematico
dove ammette che «la bellezza è un enigma» e che quindi
bisogna intendersi: quale bellezza salverà il mondo?
Solzenicyn è del parere che
«ogni autentico capolavoro ha una forza di convinzione assolutamente
irresistibile e finisce per soggiogare i cuori più ribelli»34.
L'arte è un persuasore occulto, capace di scuotere le coscienze
assopite e di suscitare gioia ed eroismo; perciò anche quando veicola
contenuti mariani possiede tale efficacia risvegliando i cuori al
riconoscimento dei valori incarnati in Maria. La funzione critica,
anamnesica e prolettica dell'arte trova il suo campo
di applicazione in tutto ciò che riguarda Maria: le espressioni
artistiche mariane, quando raggiungono un certo livello qualitativo,
contestano il vissuto ecclesiale, richiamano gli aspetti dimenticati,
anticipano le verità che saranno poi riconosciute universalmente.
Per Evdokimov salverà il mondo
quella bellezza redenta, che sorge dallo Spirito ed è apparentata
con le ultime realtà: essa opera una coincidenza tra l'esperienza
estetica e quella religiosa35.
La rottura tra cultura attuale
e vangelo è forse la causa principale dell'assenza di autentiche
raffigurazioni opere d'arte mariane nel nostro tempo. Mancando un'esperienza
profondamente religiosa, tante espressioni artistiche a soggetto
mariano somigliano a studi o esercizi «occasionati»
dal riferimento a Maria più che a creazioni ispirate, captanti le
profondità del suo mistero e insieme le pulsazioni della vita contemporanea.
Similmente quando fa difetto il raccordo con la totalità dell'essere,
la genialità profetica e la fantasia creatrice, l'arte religiosa
o mariana scade nel kitsch o nell'oleografia devozionistica,
spesso languida e sentimentale.
Occorre pertanto invocare e
promuovere all'interno della chiesa una seria iniziazione cristiana
degli artisti in modo che possano assimilare e vivere l'intero mistero
salvifico, comprendente anche la persona di Maria con il suo ruolo
unico e determinante. Da questa esperienza cristiana e mariana sorgeranno
i nuovi artisti, che come già Dante o Jacopone da Todi, interpreteranno
con il fascino della poesia (e delle altre arti) la vicenda sempre
significativa della Madre di Gesù.
Ne ha dato prova, dopo Péguy
e Claudel, anche Giovanni Testori con l'opera di teatro Interrogatorio
a Maria36 rappresentato
in chiese affollate da giovani in oltre 100 città italiane. Nel
dialogo tra il coro e Maria, l'autore riconquistato alla fede «snoda
in un disegno armonioso, una sintetica e sostanziosa mariologia
esistenziale, illuminata dalla Bibbia e condotta da una acuta riflessione»37.
Per bocca di Maria, il drammaturgo
si trasforma in profeta, che denuncia ingiustizie e delitti dell'umanità
ormai «sul limite della sua totale distruzione» e accende
la fiamma della speranza additando l'ultima spiaggia di salvezza
nella donazione totale a Cristo («... ma a lui bisogna darsi;
/ in lui, di lui vivere e fidarsi»). Con questo esempio di
teatro a contenuto mariano Testori mostra l'efficacia della via
pulchritudinis per ripresentare la figura di Maria in modo da coinvolgere
l'uditore e tramutarlo in attore del dramma vitale del cristianesimo,
che si attualizza in ogni tempo.
La comunicazione del messaggio
cristiano su Maria in forma artistica è un cammino privilegiato
ed efficace: esso servirà a far risaltare la bellezza del piano
divino della salvezza nella figura di Maria, microcosmo della Chiesa,
e la imprimerà non nel labile razionicino, ma in tutte le facoltà
dell'uomo provocando un'esperienza vitale, trasformante e incancellabile.
Dalla bellezza di Maria, seguendo la linea sapienziale (Sap 13,
5), ci si eleverà al riconoscimento dell'autore stesso della bellezza.
CONCLUSIONE
A1 termine di questo carrefour
o incrocio di vie che portano alla conoscenza di Maria, potremmo
sembrare a forestieri che non sanno quale di esse scegliere e percorrere.
È importante imboccarne una, quella a ognuno di noi più congeniale,
e seguirla fino in fondo, riservandoci di raccordarci con le altre
secondo l'opportunità senza preoccupazione.
Se con Suarez possiamo ritenere
che la conoscenza di Maria è «la più utile e degna del teologo
dopo quella di Dio e di Cristo... la più gioiosa e adatta alla pietà»38,
nondimeno per noi è più importante l'incontro con lei, nostra madre
e modello di vita spirituale. Per questo incontro basta il recupero
della semplicità o di una seconda innocenza, intessuta di più matura
disponibilità allo Spirito: memoria e preghiera, sintonia vitale
e ammirazione contemplativa... sono alla portata di tutti.
Dal centro del nostro essere
muoviamo verso Maria, nostra Madre e sorella: ella non solo eleverà
il diapason della nostra vita spirituale, ma sarà come uno specchio
dove riconosceremo il volto più autentico della Chiesa, del cristiano,
dell'uomo. Ogni incontro con lei si risolverà mediante lo Spirito
in una penetrazione più profonda del mistero di Cristo e del Padre,
nella cui conoscenza consiste la vita eterna (Gv 17, 3) ultimo traguardo
della Chiesa pellegrinante.
NOTE
1
S. Bernardo, In Assumptione B. Mariae Virginis sermo IV,
PL 183, 423D.
2
Ivi, 424 B.
3
E. Schillebeeckx, Maria madre della redenzione, Catania,
Edizioni Paoline, 1965, p. 15.
4
Cfr. P. Prini, Conoscenza, in Enciclopedia Filosofica,
I, c. 1190. Qui andrebbe inserito il discorso sulla pre-comprensione,
che implica la propria esperienza di fede e il proprio mondo culturale.
Tutto ciò è aiuto e insieme condizionamento per la conoscenza di
una verità o di una persona.
5
M. Warner, Sola fra le donne. Mito e culto di Maria Vergine,
Palermo, Sellerio, 1980, pp. 17-19.
6
Severiano di Gabala, Oratio VI in mundi creationem, PG 56,
496-498.
7
A. Vanhoye, La Mère du Fils de Dieu selon Gal 4, 4, in Marianum
40 (1978) pp. 244-247.
8
Cfr. G. Söhngen, Sapienza della teologia sulla via della scienza,
in Mysterium Salutis I /2, pp. 512-520.
9
Per il testo di Basilio, cfr. J. Doresse-E. Lanne, Un témoin
archaïque de la liturgie copte de S. Basile; B. Cappelle, Les
liturgies «basiliennes» de saint Basile, Louvain,
Université.
Gli altri testi in D. M. Montagna,
La lode alla Theotokos nei testi greci dei secoli IV- VII,
in Marianum 24 (1962) pp. 479-488.
10
Ivi, pp. 479-480. Notiamo che il termine endoxos si
trova pure nel Transito della B.V. Maria apocrifo
del IV secolo: cfr. G. Bonaccorsi, Vangeli apocrifi 1, LEF,
1961, p. 260.
11
Max Thurian, Maria madre del Signore immagine della Chiesa,
Brescia, Morcelliana, 19652, pp. 199-200.
12
Cfr. S. De Fiores, Maria nella teologia contemporanea, Roma,
Centro di cultura mariana «Mater Ecclesiae», 1978, pp.
41-47.
13
Cfr. V. Macca, «Pati divina». La mistica mariana
nella Chiesa, in Michele Di S. Agostino, Vita mariaforme,
Roma, Ed. Monfortane, 1982, pp. 7-29.
14
Cfr. S. De Fiores, Veggente, in Nuovo Dizionario di spiritualità
p.1668, che riporta altre apparizioni mariane nell'epoca patristica.
15
Cfr. la dottrina proposta da K. Rahner, ibidem, p. 1671.
16
Michele Di S. Agostino, Vita mariaforme, Roma, Ed. Monfortane,
1982, p. 35.
17
Trattato della vera devozione a Maria, n. 119. Cfr. pure
i nn. 49, 112, 229; Segreto di Maria, nn. 1, 2, 67.
18
Trattato della vera devozione a Maria, n. 114.
19
S. Massimiliano Kolbe, Chi sei, o Immacolata?, Roma, Ed.
Monfortane, 1982, pp. 19 e 25.
20
Ivi, p. 44.
21
Ivi, p. 23.
22
Stromata, V, c. 1, PG 9, 27 B.
23
De natura et dignitate amoris, PL 184, 390.
24
De consideratione, V, c. 14, n. 30, PL 182 D.
25
P. Nigidus, Mariale seu de devotione erga Virginem Dominam in
quattuor opuscula digestum, Panormi, A. Orlandi, 1623, p. 29.
26
Concilio Vaticano I, De fide catholica, DS 3015-3016.
27
Per il concetto di verità come adeguazione alla rivelazione biblica
cfr. I. De La Potterie, Gesù verità, Torino, Marietti, 1973,
pp. 9-24.
28
H. Cox, La seduzione dello Spirito. Uso e abuso della
religione popolare, Brescia, Queriniana, 1974: l'autore vede
la mariologia ufficiale come «una forma
di seduzione, una manipolazione, calcolata, dello Spirito»
(p. 199) dal ruolo alienante e repressivo.
29
Paolo VI, Discorso per la chiusura del VII congresso mariologico
e l'inizio del XIV congresso mariano, Roma, 16-5-1975.
30
Cfr. soprattutto la sua poderosa opera Gloria, vol.1: La
percezione della forma, Milano, Jaca Book, 1975.
31
Qui si pongono i principi per un approccio storico a Maria sul modulo
della cristologia cfr. E. Schillebeeckx, Gesù, la storia di un
vivente, Brescia, Queriniana, 19762, pp.
83-94.
32
L. Boff, Il volto materno di Dio. Saggio interdisciplinare
sul femminile e le sue forme religiose, Brescia, Queriniana,
1981, p. 194.
33
S. Bulgakov, Notes autobiographigues, Paris, YMCA
Press, 1946, pp. 103-113.
34
Cfr. A. Martin, Solzenicyn il credente, Bari, Ed. Paoline
1974, pp. 94-95.
35
P. Evdokimov, Teologia della bellezza. L'arte dell'icona,
Roma, Ed. Paoline, 1981 (2), p. 63.
36
Milano, Mondadori, 1980(4).
37
G. Francini, L'Interrogatorio a Maria di Giovanni Testori,
in Marianum, 72 (1980) p. 152.
38
F. Suarez, Mysteria vitae Christi, Venezia, 1605 (1 a ed.
1592), Praefatio, p. 1.
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