Vorrei dare una serie di
stimoli o appunti sul tema: «parlare di Maria con l'immagine
e celebrare Maria con l'immagine», dividendo la trattazione
in tre momenti:
1. Perché parlare
di Maria con l'immagine.
2. Come parlare di Maria
con l'immagine.
3. Quando parlare di
Maria con l'immagine.
PERCHÉ PARLARE DI MARIA CON
L'IMMAGINE?
È un perché di fondo che possiamo
chiamare antropologico. Siamo spiriti incarnati, immersi nel sensibile
e arriviamo alle cose trascendenti, invisibili attraverso le cose
visibili. Dio stesso si è adattato a questa nostra condizione. Egli,
Trascendente, l'Assoluto, il Dio lontano è divenuto vicino a noi,
si è fatto sensibile, è diventato un bambino debole e fragile, bisognoso
di protezione.
In questa economia rientra anche
il mistero di Maria. C'è poi un motivo storico. La Chiesa, possiamo
dire da sempre, ha parlato della Vergine Santa con l'immagine. Nelle
catacombe di Priscilla vi sono dei documenti eccezionali, preziosi:
ci sono le prime rappresentazioni dell'an nunciazione e della natività
(III secolo).
Nella Chiesa fin dagli inizi,
dunque, si parla di Maria con l'immagine.
Non solo: ma il linguaggio verbale
stesso, quando si riferisce a Maria, è un linguaggio ricco di immagini.
Infine dobbiamo aggiungere un
motivo culturale. Viviamo oggi in una cultura visiva, in una civiltà
delle immagini. Le giovani generazioni ricevono ogni giorno dalla
televisione e dal cinema un'abbondante razione di immagini, sono
abituate a comunicare con l'immagine. Questo fatto, come afferma
l'Evangelii nuntiandi al n. 42, deve spingere a mettere in opera
nella trasmissione del messaggio evangelico i mezzi moderni escogitati
da questa civiltà. Tutti questi motivi ci inducono ad usare anche
il linguaggio visivo per parlare di Maria.
Prima di entrare nel nostro
specifico argomento, è necessario chiarire alcune nozioni fondamentali.
Che cosa è un linguaggio
Derivato dal modo più importante
di comunicare (che è quello della lingua), il linguaggio è fondamentalmente
un modo specifico di comunicare dei messaggi attraverso manifestazioni
esterne (percepibili dai sensi) che vengono chiamate segni. Quanto
più l'insieme dei segni è articolato e unitario, tanto più essi
trasmettono dei significati chiari. altrettanto più efficace sarà
il loro linguaggio.
In senso ampio, segno è qualsiasi
realtà che «sta per», che rinvia ad un significato,
che richiama una causa, che suppone un effetto.
La corrispondenza tra i segni
e i significati è il «codice». L'esempio più facile
è rappresentato dal codice stradale, dove ad ogni cartello segnaletico
corrisponde un avvertimento, una proibizione, un obbligo.
Il modo di utilizzare, all'interno
del codice, i vari segni per trasmettere dei messaggi, viene definito
«linguaggio»
Il linguaggio visivo
Accanto al linguaggio verbale
(il più antico, il più variegato, strutturato, consolidato, multiforme)
si è da tempo irnposto come efficace strumento di comunicazione
anche il linguaggio visivo. Che quello delle immagini sia un «linguaggi»
è ormai una verità accettata da tutti: non solo perché la nostra
esperienza ci insegna che dalle immagini possiamo trarre.messaggi
di ogni genere, ma anche perché esistono pienamente i presupposti
scientifici per definirlo tale.
Denotazione e connotazione
Una distinzione che interessa
particolarmente per parlare di Maria con l'immagine è quella fra
denotazione e connotazione.
Facciamo un esempio preso dalla
pubblicità: un grande manifesto pubblicitario sul quale è raffigurata
una schiera di ragazzi con in mano delle grosse fette di panettone,
e tutti i ragazzi sorridono gaiamente.
Riflettiamo su questa immagine:
l'osservatore vede si quello che abbiamo appena detto, ma «pensa»
immediatamente che quel panettone è buono, che fa la felicità dei
ragazzi, che i genitori, per rendere felici i loro ragazzi dovrebbero
dare loro delle belle fette di panettone...
In tal modo, quasi sempre inconsciamente
(tanto questi meccanismi sono ormai radicati in noi), noi siamo
andati al di là della semplice documentazione dell'immagine fotografica.
Abbiamo fatto un salto «interpretando» il fatto visivo
secondo alcuni parametri che abbiamo imparato a riconoscere. La
denotazione: significazione primaria
Partiamo da un esempio molto
semplice.
Se io pronuncio la parola «rosa»,
immediatamente il mio uditore legherà il suono che ha percepito
ad un preciso concetto. E il processo di significazione primaria:
«rosa» è quel bel fiore, con le tali caratteristiche,
che ha determinate funzioni.
Un concetto astratto che, magari,
potrà anche visualizzarsi mentalmente in un esemplare specifico,
magari quello che il mio interlocutore possiede.
Ma non ci sono possibilità di
equivoci e di confusione quando io gli dico: «Mauro ha regalato
un mazzo di rose alla fidanzata». Sia io, mentre pronuncio
questa frase, sia lui mentre la ascolta, sappiamo esattamente a
che cosa essa si riferisce e quale significato abbia la parola «rosa».
Non possiamo non essere d'accordo.
In questo caso la parola «rosa»
è stata usata nel suo senso proprio. I1 linguista francese De Saussure
chiama questo uso-in-senso-proprio denotazione. Denotazione è dire
che l'acqua è liquida, il ghiaccio è freddo, le montagne sono alte,
l'uomo ha i piedi e le mani, ecc.
La connotazione: significazione secondaria
Proviamo però, ora, a pronunciare
un'altra frase: «Maria è la rosa mistica». Che cosa
voglio dire? Che Maria ha i petali? Certamente no!
Moltissime persone, tuttavia,
capiranno che cosa voglio dire e magari saranno d'accordo con me.
In questo caso non ho usato la parola «rosa» per indicare
la totalità del concetto che vi è collegato, ma estraendone una
specifica attribuzione per collegarla alla persona Maria. Ho usato
la parola in senso figurato. Questo uso-figurato viene definito
dal linguista francese De Saussure connotazione.
Il doppio livello «denotazione-connotazione»
è la base: fondamentale di quasi tutti i fenomeni di comunicazione
E anche la ragione fondamentale dell'incredibile varietà e ricchezza
di un linguaggio. Il codice culturale
In ogni ambiente, in ogni cultura,
in ogni civiltà esistono grandi patrimoni espressivi, arricchiti
via via dal lavoro quotidiano, dalla evoluzione della società, dalla
letteratura, dall'arte, dalla scienza: vecchi concetti decadono,
nuovi ne nascono, in un processo vitale di crescita e di trasformazione.
Tuttavia, fin quando non arriveremo ad unificare il nostro pianeta,
esisteranno differenze anche profonde tra il modo di pensare e di
comunicare e di esprimersi delle varie culture.
Ora, se il processo di significazione
primaria (denotazione) è un processo facilmente estendibile all'intera
umanità, quello della significazione secondaria (connotazione deve
tener conto dell'ambito culturale in cui può avere; efficacia e
può essere compreso. Facciamo anche qui un esempio assai semplice.
Usando il senso denotativo, io posso affermare «A Bologna
vi sono due torri famose», e tutti coloro che conoscono la
lingua italiana (e, se traduco la frase nelle varie lingue, tutti
gli uomini e le donne di questo pianeta) capiscono perfettamente
ciò che voglio dire.
Ma se io dico quest'altra frase:
«Maria è la torre di David», quanti saranno in grado
di comprendere cosa voglio dire?
Solo chi conosce chi è David,
il suo posto nella storia della salvezza, il rapporto di Maria con
questo personaggio ... può dare un senso a questa espressione.
Nel linguaggio verbale la distinzione
tra «denotazione» e «connotazione» è normalmente
evidente.
Connotazione e Cultura
Nel campo dell'immagine,
e dell'immagine fotografica in particolare, ciò è molto difficile
da stabilire.
Mentre il processo di «significazione
primaria» (ciò che si vede nella foto) è legato semplicemente
al fatto di avere la vista, il processo di «significazione
secondaria o connotazione» è strettamente legato agli usi,
alle consuetudini, alla cultura di una persona.
Le conclusioni sono quasi ovvie.
Tutti riescono a guardare un'immagine, se hanno gli occhi per vedere.
Ma tutti possono «leggere» fino in fondo una immagine
quando questa diventa un «segno» di qualcosa che in
essa non è raffigurato, ma che le è stato strettamente collegato
da una certa tradizione culturale.
Ecco perché occorre imparare
a leggere le immagini: non solo, ma occorre anche apprendere attraverso
quali strumenti le immagini riescono a suggerire anche quello che
vi è raffigurato.
QUALI IMMAGINI USARE PER PARLARE DI MARIA?
Prima di tutto le immagini
della cultura cristiana. L'immagine infatti raggiunge il sublime
nell'opera d'arte. La cultura cristiana ha prodotto una messe immensa
di rappresentazioni della Vergine Santa e dei suoi misteri. Per
secoli e secoli i più grandi artisti, permeati di fede, hanno raccontato,
interpretato e attualizzato i fatti della vita di Maria riferiti
dai Vangeli. Hanno proposto la sua immagine alla venerazione dei
fedeli. Hanno educato generazioni di credenti presentando Maria
come un modello da imitare.
Le opere d'arte
Per questo motivo chi vuole
parlare di Maria con l'immagine deve ricorrere alla grande tradizione
iconografica. È necessario però anche «selezionare»
scegliendo le immagini artisticamente più valide e quelle più ricche
teologicamente. Non solo. È anche indispensabile fare di esse una
lettura corretta, inserendole nella cultura del tempo in cui furono
realizzate, per ricavarne le giuste connotazioni e i veri significati.
Facciamo un esempio: Maria col bambino delle Catacombe di Priscilla.
È la più antica rappresentazione della Vergine Santa.
(La trascrizione al tratto dell'affresco è di Severino Fabris).
Una lettura spontanea, immediata,
secondo gli schemi visivi della tradizione posteriore al dipinto
in questione, conduce ad una interpretazione errata. In questo i
ragazzi sono un test sicuro. Ho proiettato loro questa immagine
e ho chiesto che cosa rappresentasse. Tutti hanno risposto immediatamente:
Maria e Giuseppe col bambino Gesù. In realtà questo affresco non
è una raffigurazione del «presepio», ma una immagine
pienamente teologica.
Il personaggio accanto a Maria
non è Giuseppe, ma un profeta che indica la luce di una stella.
Secondo alcuni autori qui si fa riferimento all'oracolo di Balaam
che predice il «sorgere della stella dalla stirpe di Giacobbe».
«Orta est stella ex Jacob» (Nm 24,17).
Altri, seguendo Wilpert, pensano
che il profeta rappresentato sia Isaia. Egli aveva annunciato che
nei tempi messianici sarebbe sorta una grande luce su Gerusalemme
e che una vergine avrebbe concepito e dato alla luce un figlio (Is
7,14; 9,1ss).
Il dipinto dunque non vuole
tanto rappresentare il fatto, ma rilevare l'identità del bambino.
È lui il Messia atteso!
Gli esempi si potrebbero moltiplicare
analizzando quadri famosi come le Annunciazioni di Simone Martini,
di Duccio di Boninsegna, dell'Angelico.
Ne emergerebbero le interpretazioni
date all'evento, le allusioni attualizzanti, la forte capacità di
suscitare la contemplazione del mistero.
Oltre alle opere d'arte gli
educatori e gli operatori pastorali per parlare di Maria con l'immagine
hanno a disposizione sequenze di quadri, che potremmo chiamare didattici,
opera di validi illustratori, studiati appositamente per le varie
età. Ogni editrice catechistica ne offre molte serie. L'immagine
fotografica
Il linguaggio verbale dei Padri
della Chiesa e degli autori spirituali, quando parlano di Maria,
è ricco di metafore. La limpidezza dell'acqua, lo splendore della
luce, il candore della neve, la bellezza dell'esperienza materna,
l'altezza dei monti, il colore dei fiori, l'innocenza di un volto
di bambino... sono tutte immagini usate per alludere alla grandezza,
alle virtù, al significato, alla presenza di Maria nella nostra
vita.
La fotografia ci offre la possibilità
di tradurre queste immagini verbali in immagini visive. Importante
è selezionare immagini che abbiano una stimolante connotativa e
una forte valenza simbolica per richiamare allusivamente i valori.
Attraverso il montaggio, che accosta sapientemente le foto, le commenta
con un testo opportuno e con una musica adatta, è possibile fare
un discorso su Maria preciso teologicamente ed insieme ricco di
fascino, di suggestione, capace cioè di parlare al cuore.
QUANDO PARLARE DI MARIA CON L'IMMAGINE
Oggi la catechesi alle varie
età fa un uso notevole dell'audiovisivo.
Esiste anche un impegno per
usarlo in modo sempre più corretto, non come puro mezzo per tenere
viva l'attenzione degli ascoltatori, ma come linguaggio specifico.
L'immagine però è meno presente
nel momento celebrativo. Per l'uso in questo momento non ci sono
evidentemente regole fisse. Si possono richiamare soltanto alcuni
princìpi generali:
* L'immagine deve essere usata
con sobrietà per non sopraffare la struttura della celebrazione.
Deve essere sempre salvata la partecipazione attiva con il canto,
le risposte, i gesti del corpo... per non ridurre la celebrazione
a «spettacolo» a cui i fedeli assistono passivamente.
* Le immagini devono essere
adatte alla natura della celebrazione e all'ambiente sacro. Ciò
che è possibile mostrare in una scuola nel momento didattico, non
è opportuno proiettarlo, ad esempio, in una chiesa durante una celebrazione
della Parola.
* Le immagini devono avere una
coerenza con il mo mento specifico della celebrazione.
* Le immagini devono favorire
il clima di raccoglimento, di ascolto, di preghiera. Tutto ciò che
può distrarre, che suscita semplice curiosità, che non è facilmente
comprensibile non conviene sia proiettato.
* Di regola non è conveniente
usare cassette registrate per proclamare le letture o per l'ómelia.
Ricordàti questi princìpi generali,
possiamo aggiungere alcuni suggerimenti particolari e pratici. L'immagine
prima della celebrazione
È forse il momento più opportuno.
Le immagini proiettate devono essere poche per non occupare molto
tempo. La piccola sequenza adempie al ruolo della preparazione.
Con essa si può creare un clima di sereno raccoglimento, si possono
suscitare interrogativi a cui poi la celebrazione risponderà. Così,
ad esempio, prima di una celebrazione su Maria Immacolata si possono
proiettare i simboli classici dell'innocenza, della bellezza, della
purezza, oppure negativamente immagini che alludono alla distruzione
dell'uomo operata dal peccato e al bisogno di salvezza.
È molto utile «visualizzare»
il canto d'inizio. Mentre l'assemblea canta un testo conosciuto
bene a memoria, guarda le immagini che lo accompagnano.
L'immagine durante la celebrazione
L'uso più semplice in questo
momento è la visualizzazione dei testi biblici proclamati dal lettore.
I1 materiale esistente adatto a questo scopo è moltissimo. La scelta
delle immagini deve tener conto dell'età dei partecipanti alla celebrazione.
Anche durante l'omelia possono essere proiettate delle immagini.
I1 celebrante le usi con libertà e sobriamente, come aggancio iniziale,
come proposta attuaiizzante o come stimolo alla contemplazione.
Nella preghiera dei fedeli possono
essere presentare le situazioni di vita sulle quali l'assemblea
invoca l'aiuto di Dio. L'immagine è capace di parlare a tutto l'uomo,
al suo «cuore» inteso biblicamente. Non muove suscitando
itreddi ragionamenti, ma vive emozioni. Sicché l'immagine può dare
un contributo efficace per aprire l'anima alla preghiera.
CONCLUSIONE
Concludendo queste riflessioni
che hanno incoraggiato l'uso dell'audiovisivo nella celebrazione,
ci sembra opportuno richiamarne i limiti.
L'audiovisivo è sempre e solo
uno strumento a servizio della comunicazione. Non deve mai diventare
fine. Non va mai dimenticato che l'audiovisivo veramente efficace
è sempre la comunità credente, la sua vita «visibilmente»
vissuta in modo evangelico. La fede nel Signore Gesù, la devozione
sincera alla sua Madre Maria devono essere lette sul volto e nella
vita dell'operatore pastorale.
Maria è 1'«immagine»
di Dio. In lei Dio manifesta il suo amore onnipotente che salva.
Maria è colei che più di ogni altro ha attinto alla pienezza della
grazia di Gesù: è la prima redenta, l'Immacolata. È la creatura
riportata al suo originale splendore.
I1 primo atteggiamento di fronte
a Maria è la contemplazione piena di gioia e il ringraziamento per
le meraviglie che Dio ha compiuto in essa.
Guardando alla sua «immagine»
possiamo scoprire il nostro vero volto, il progetto che Dio ha su
di noi. |