Conosciamo tutti di quale preghiera
si tratta. L'abitutine del Papa - iniziata da Giovanni XXIII - di recitare
l'Angelus Domini prima di impartire, la domenica a mezzogiorno,
la Benedizione Apostolica ai pellegrini che si raccolgono in Piazza San
Pietro, ha favorito la sua universale conoscenza. Anche chi non è avvezzo
al fumo delle candele, ma vive con gli occhi aperti, sa dunque che cosa
è l'Angelus Domini.
Il riferimento evangelico che costituisce
il nucleo ispiratore dell'Angelus è la pagina del vangelo di Luca
dell'Annunciazione a Maria. La parte antica di questa pratica di pietà
risale all'uso dei fedeli di rivolgersi a Maria, salutandola con le parole
dell'Angelo e di Elisabetta. E' un fatto da rilevare fin da subito: tra
le innumerevoli preghiere, litanie, suppliche, invocazioni, espressioni
poetiche e in prosa testimoniate in ogni luogo, nel corso di due millenni
di storia, per rivolgersi alla Madre di Dio, eccelle l'uso antichissimo
e costante dei fedeli di volgersi a lei con le medesime espressioni tratte
dal Vangelo, ossia ripetendo il saluto dell'Angelo e l'acclamazione di
Elisabetta.
Mi sembra quindi assai conveniente
iniziare la nostra riflessione partendo dall'Ave Maria, che è la
parte connotativa dell'Angelus Domini, denominato anche saluto
alla Vergine a motivo dell'Ave.
1. L'«AVE MARIA» 1
C'è da pensare che fin dai tempi
apostolici non sia sfuggita ai cristiani l'importanza della figura di
Maria nel vivere in Cristo. Insieme all'indispensabile esserci di Maria
nei misteri di Cristo, le pagine del Vangelo lasciano trasparire discretamente
la venerazione a lei attribuita dalla primitiva comunità cristiana. Lo
si intravede dalla lode rivoltale da Elisabetta: «Beata colei che
ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» (Lc
1,45); dalle parole del Magnificat: «D'ora in poi tutte le
generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48); dall'esclamazione
dell'anonima donna della folla che alzò la voce per dire a Gesù: «beato
il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte»
(Lc 11,28). Sono espressioni variamente riprese nelle preghiere
e nei canti che costellano i due millenni di pietà mariana della Chiesa,
in Oriente come in Occidente.
Pur non avendo documenti della primissima
ora, c'è tuttavia da credere che lo spessore di espressioni del Vangelo
come: Vergine Maria (Lc 1,27), Rallegrati, piena di grazia
(Lc 1,28), benedetta fra le donne (Lc 1,42), Madre
del Signore (Lc 1,43), beata per aver creduto (Lc
1,45), Madre di Gesù (Gv 2,1; At 1,14), abbia almeno pervaso
la preghiera delle prime generazioni cristiane, quando non sia un'esplicita
testimonianza dello loro venerazione mariana. Non c'è da dubitare che
i fedeli abbiano attinto al saluto dell'Angelo Gabriele come all'esclamazione
di Elisabetta e ad altre espressioni evangeliche per lodare e invocare
la Madre del Signore. E' noto il rinvenimento del graffito chaire maria
sulla base di una colonna appartenuta alla primitiva chiesa edificata
a Nazaret, segno - tra l'altro - dell'uso venerando di rivolgersi a Maria
con le medesime parole di Gabriele.
L'accostamento di espressioni tratte
dal Vangelo non tardò a farsi strada, se l'unione del saluto dell'Angelo:
«Ave (Rallegrati), Maria, piena di grazia, il Signore è con te»
(Lc 1,28), con l'esclamazione di Elisabetta: «Benedetta tu
fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo» (Lc 1,42),
ricorre in Oriente nella liturgia fin dal IV secolo2.
Sappiamo dello sviluppo dei chairetismoi, espressioni laudative,
con risvolto supplicativo, che traggono ispirazione dal saluto dell'Angelo.
Lo stesso inno Akathistos del resto (sec. V), che canta la riflessione
mariologica dei primi tre grandi concili ecumenici, altro non è che una
estensione-dilatazione del chaire rivolto da Gabriele alla Vergine
nell'ora dell'incarnazione del Verbo.
Dei secoli VI e VII si conoscono due
òstraka che riportano tre tipi di preghiera a Maria con l'abbinamento
dei due saluti evangelici alla Vergine, conclusi così: «Perché tu
hai concepito il Cristo, il Figlio di Dio, il Redentore delle anime nostre».
In Occidente, l'unione dei medesimi versetti di Luca (ossia la prima parte
dell'Ave) compare negli Antifonari medievali come antifona d'offertorio
per la messa della IV domenica di Avvento, del mercoledì delle Tempora
di Avvento e della festività del 25 marzo.
Propagandosi al di fuori del contsto
liturgico, l'Ave Maria (fino a benedictus fructus ventris tui)
è divenuta una formula di preghiera nota a tutti. Se le prime raccomandazioni
a rivolgere a Maria il saluto dell'Angelo si incontrano in san Pier Damiani
(† 1072), fu nel XII secolo che prende piede la diffusione tra il popolo
della recita dell'Ave Maria. La favorì anche una legislazione in
proposito: la prima prescrizione è contenuta in un canone del Concilio
di Parigi del 1198, dove si domandava ai preti di esortare il popolo ad
imparare a memoria il Pater, il Credo e «il saluto
della beata Vergine»3.
Nel XIII secolo questa normativa si
generalizzò, soprattutto in Francia, Inghilterra e Italia, divenendo l'Ave
Maria la preghiera distintiva dei cristiani, adulti e bambini. Nel
1251 il Capitolo generale dei Certosini stabilì che, a Compieta, dopo
la Salve Regina, fosse recitato in ginocchio il versetto: Ave
Maria, seguito dall'orazione Concede nos (dalla messa votiva
del sabato).
Oltre all'importanza svolta dalla
predicazione popolare per propagare la recita dell'Ave Maria, contribuirono
al suo successo una fioritura di racconti edificanti concernenti straordinari
prodigi ottenuti grazie a questa preghiera (le raccolte dei miracoli di
Notre Dame), così come la diffusione della pratica ascetica
di compiere un certo numero di genuflessioni recitando l'Ave Maria.
L'invito a pregare quotidianamente l'Ave Maria in vista di ottenere
favori spirituali e materiali fu propagato ad esempio dalla Legenda
Aurea di Jacopo da Varagine († 1298)4.
Dante († 1321), nella cantica del Paradiso, la sente intonare dall'arcangelo
Gabriele, cui rispondono in coro tutti i beati5.
Dalla ripetizione del saluto angelico
sorse il genere di preghiera chiamato saluto mariano, composto
da una serie di invocazioni che iniziavano con Ave, Gaude,
Salve. Le stesse Laudi in onore della santa Vergine echeggiano
spesso il racconto dell'Annunciazione, motivo di lode a Dio e a Colei
che ha dato carne al Verbo divino.
Un riscontro evidente del contesto
spirituale in cui la devozione a Maria pervade il tessuto quotidiano dei
singoli e delle comunità è offerto dall'arte: pensiamo all'affresco dell'Annunciazione
posto dal Beato Angelico sulla parete in cima alla scala che, nel convento
di san Marco a Firenze, porta ai corridoi delle celle, sotto il quale
affresco la mano dell'Angelico ha scritto: «Virginis intacte cum
veneris ante figuram pretereundo cave ne sileatur Ave». L'atteggiamento
di umile e fedele servizio proprio dell'Angelo ispira e si
prolunga in chi sceglie di porsi in devoto servizio di Maria, scelta quale
Signora e Regina.
Nella seconda metà del XIV secolo
troviamo il testo più arcaico dell'Ave Maria, compresa la supplica,
aggiunto a mano sul dipinto dell'Annunziata di Firenze da fra Giovanni
Giorgi († 1391):
«Ave, dulcissima et immaculata virgo Maria:
gratia plena, dominus tecum: benedicta tu in mulieribus et benedictus
fructus ventris tui Jesus. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis
nunc et in hora mortis. Amen»6.
Nel XV secolo la preghiera raggiunge
la forma che conosciamo ancora oggi. San Bernardino da Siena, in una predica
del 1427, riferisce le parole: «Sancta Maria, Mater Dei ora pro
nobis». E un Breviario romano dei secoli XIV-XV aggiunge le ultime
parole: «ora pro nobis nunc et in hora mortis nostrae. Amen»,
ponendo la recita dell'Ave Maria dopo Compieta. C'è chi pensa che
proprio questa collocazione al termine della giornata, prima del sonno
notturno, abbia favorito l'aggiunta finale: «et in hora mortis nostrae».
Sarà san Pio V a introdurre la formula dell'Ave Maria nel Breviarium
Romanum (1569), prescrivendola dopo il Pater noster «ante
Matutinum et omnes Horas praeterquam ad Completorium».
2. L'ANGELUS DOMINI 7
La ripetizione dell'Ave Maria
in dati tempi della giornata è la radice dell'Angelus Domini, preghiera
che, al rintocco della campana, fa echeggiare nei cuori il ricordo dell'incarnazione
del Verbo nel grembo di Maria esortando a recitare il saluto dell'angelo.
Esso è memoria incessante, nel fluire del tempo, del Dio-con-noi e per-noi.
Un po' di storia
Nel Capitolo generale dei Francescani
tenutosi a Pisa nel 1263, presieduto da san Bonaventura, fu stabilito
che i frati invitassero i fedeli a salutare tre volte la Vergine al suono
della campana di Compieta; l'esortazione venne rinnovata nel Capitolo
di Assisi del 1269. Recependo una consuetudine conosciuta, l'abate Tommaso
I di Montecassino (1285-1288) prescrisse di suonare la campana «ad
Ave Maria sero et mane»8.
Verso la fine del XIII secolo, in Germania, si trovano campane con incisioni
relative alla preghiera dell'Angelus, indice del collegamento tra
questa preghiera e i rintocchi della campana9.
L'uso di suonare la campana a Compieta e di salutare la Vergine si propagò
dai monasteri alle altre chiese cattedrali e parrocchiali. Ancora oggi,
specie nei paesi di campagna, i primi e gli ultimi rintocchi di campana
delal giornata sono detti l'Ave Maria.
Nel XIV secolo, «due interventi
di Giovanni XXII († 1334) confermarono la pratica incipiente: nel 1318
il Papa lodava l'uso in vigore nella diocesi di Saintes e in altre delle
Gallie di suonare le campane la sera, e concedeva l'indulgenza ai fedeli
che, a tale suono, avessero recitato in ginocchio tre Ave Maria;
nel 1327 introduceva a Roma il pio esercizio, favorendone così un'ulteriore
diffusione»10.
Sintetizzando i vari usi e costumi
diffusi in Europa, a seconda dei luoghi, nei secoli XII-XV, si può dire
che: le preghiere universalmente conosciute dal popolo erano il Pater
e l'Ave Maria (la prima parte); l'uso di pregare 150 Pater
o 150 Ave Maria era un modo facile di sostituire, da parte dei
laici, la preghiera liturgica dei Salmi cantati nei monasteri e nelle
cattedrali; la recita di tre Ave Maria, con o senza antifone tratte
da ufficiature mariane, prese in certo senso il posto dei tre Salmi che
componevano la Compieta: si ha così la prima espressione dell'Angelus
Domini della sera (uso diffuso nel XIV secolo), esteso poi al mattino
(verso la metà del XV secolo è generalizzato in Europa) e più tardi anche
a mezzogiorno (comincia a sorgere in Francia per ordine di Luigi XI, al
fine di chiamare i fedeli a pregare per la pace nel regno, diffondendosi
poi un po' ovunque).
Nel XVI secolo fu stabilizzato l'uso
odierno di intercalare le Ave Maria con tre versetti biblici: la
formula è documentata in un catechismo stampato a Venezia nel 1560. San
Pio V, nel 1571, fece inserire questa formulazione, senza il versetto
«Ora pro nobis, sancta Dei genetrix...» nell'Officium parvum
B.M.V. da lui approvato, sotto il titolo di exercitium quotidianum.
Solo nel XVII secolo l'Angelus si impose come osservanza generale, secondo
il modello ancora in vigore.
Il triplice suono quotidiano di campana
per invitare alla recita dell'Angelus divenne consuetudine universale
sotto il pontificato di Benedetto XIII, che nel 1724 concesse l'indulgenza
plenaria, una volta al mese, ai fedeli che avessero recitato in
ginocchio l'Angelus Domini al suono della campana11.
Nel 1742, Benedetto XIV prescrisse
che nel Tempo pasquale l'Angelus venisse sostituito con l'antifona
Regina caeli12.
Nel 1815, Pio VI concesse indulgenze a chi recitasse «tre volte
la dossologia Gloria Patri… all'aurora, a mezzogiorno, alla sera,
ringraziando la santissima Trinità per gli esimi doni e privilegi concessi
alla beatissima Vergine Maria»13.
Paolo VI, nell'Esortazione apostolica Marialis cultus (n. 41),
ha indicato la possibilità di sostituire la tradizionale orazione Gratiam
tuam, a conclusione dell'Angelus, con la colletta della solennità
dell'Annunciazione.
La struttura
Semplice nella forma e armonico
negli elementi, l'Angelus di compone di tre Ave Maria, precedute
da versetti biblici e seguite da un'invocazione a Maria, da un'orazione
a Dio Padre, dalla piccola dossologia, Angelo di Dio e L'eterno
riposo.
C'è da pensare che la sostituzione
dei tre Salmi di Compieta con la recita di tre Ave Maria, abbia
portato all'uso di far precedere ciascuna Ave da un'antifona, secondo
il modello dell'ufficiatura. I cinque grani iniziali della corona del
Rosario, detto anche salterio della Vergine, - tra altre spiegazioni
- sono riconducibili alla recita dell'Angelus Domini: 1° grano:
il versetto «O Dio vieni a salvarmi» (come nell'ufficiatura);
i tre grani vicini: le tre Ave con la loro antifona; il 5° grano: il primo
Padre nostro.
I versetti biblici o antifone costituiscono
l'elemento contemplativo e commemorativo dei misteri che sono il motivo
della ripetizione del saluto angelico alla Vergine. Senza il riferimento
al mistero la lode e la supplica a Maria restano in qualche modo senza
contesto e radice.
Il primo versetto: «L'angelo
del Signore portò l'annuncio a Maria / ed ella concepì per opera dello
Spirito Santo», sintetizza bene la pagina di Lc 1,26-38. In due
battute rievoca l'azione compiuta dall'angelo Gabriele, mandato da Dio
a recare il lieto annunzio alla Vergine Maria (perciò il chaire
greco = rallegrati, tradotto in latino Ave), e il fatto
dell'ineffabile concepimento della Vergine per la potenza dello Spirito
Santo. Tra l'annuncio di Gabriele, con cui esordisce il racconto dell'annunciazione,
e la concezione della Vergine, si dispiega il mistero, le sue motivazioni
e le sue modalità di compimento. Così il primo versetto o antifona dell'Angelus
enuncia i fatti: che l'angelo portò l'annuncio a Maria e che ella concepì
di Spirito Santo.
Il secondo versetto: «Eccomi,
sono la serva del Signore / si compia in me la tua parola», riferendo
la risposta della Vergine all'annunzio recatole da Gabriele (Lc
1,38), dice qualcosa in più dei semplici fatti appena enunciati. Esprime
la parte attiva avuta dalla Vergine, il suo consenso alla vocazione svelatale
dall'angelo, la sua consegna ai disegni di Dio, la sua risposta orante
alla potenza dell'Altissimo. Esprime il suo assenso alla Trinità: l'accoglienza
del volere del Padre, l'accoglienza del Verbo di Dio nel proprio cuore
e, dunque, nel suo grembo, l'accoglienza della potenza dello Spirito Santo.
E' l'eccomi che impegna la vita, e tutta la vita di Maria, in una
preghiera vissuta.
Il terzo versetto: «E
il Verbo si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi» riferisce
il messaggio centrale del prologo di Giovanni (1,14), che ben esprime
il grande mistero avvenuto nell'ora dell'Annunciazione a Nazaret, compiutosi
per l'eccomi della Vergine. Così, il terzo versetto dell'Angelus
chiarisce il senso dell'annunzio dell'Angelo, Chi è il concepito dalla
Vergine per opera dello Spirito Santo, ed il ruolo di Maria nell'avvento
dell'Emanuele. Viene ricordato agli oranti il fatto storico dell'incarnazione,
con ciò che tutto questo comporta, ossia la mortalità del Verbo fatto
carne, la condiscendenza divina, ed insieme la perennità della portata
di questo fatto per tutta la durata del tempo: da quell'ora, per sempre
Dio-con-noi e per-noi.
All'enunciazione dell'opera di Dio
che colma la distanza tra cielo e terra, tra lui e noi, si risponde con
l'Ave Maria, riconoscendo il ruolo avuto da Colei che ha
dato corpo al Creatore dei corpi, ossia la Vergine che ha reso possibile
l'incontro indissolubile tra Dio e l'uomo. L'Ave Maria, nei suoi
accenti mariologici (piena di grazia, benedetta fra le donne) e cristologici
(benedetto il frutto del tuo seno), ravviva il ricordo della decisività
di Maria nel mistero della nostra salvezza in Cristo.
La terza Ave Maria è seguita
da un versetto invocativo che riprende la supplica, già contenuta
nella seconda parte dell'Ave: «Prega per noi, santa Madre di Dio,
affinché siamo resi degni delle promesse di Cristo». La promessa
di Cristo, di prenderci per sempre con sé nel regno del Padre suo, fine
dell'incarnazione del Verbo, è dono gratuito ma insieme corrispondenza
da parte nostra da dimostrare nel cammino del nostro pellegrinaggio quotidiano.
Infine, a coronamento, introdotta
dall'orazione silenziosa (l'invito Preghiamo), troviamo l'orazione
rivolta al Padre:
«Infondi nel nostro spirito la tua grazia,
o Padre; tu che all'annuncio dell'angelo ci hai rivelato l'incarnazione
del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce, guidaci alla gloria
della risurrezione».
Appartenente alla tradizione eucologica
romana della festività del 25 marzo (il testo figura nel Sacramentario
Gregoriano Adrianeo), viene pregata oggi come colletta nella domenica
IV di Avvento e nella memoria della Beata Vergine del Rosario, il 7 ottobre,
con l'aggiunta dell'intercessione mariana). In una incisiva visione unitaria,
l'orazione presenta il mistero pasquale di Cristo, dall'incarnazione alla
passione e risurrezione, ed il frutto ecclesiale della redenzione pasquale.
L'altra orazione alternativa:
«O Padre, tu hai voluto che il tuo Verbo si
facesse uomo nel grembo della Vergine Maria: concedi a noi, che adoriamo
il mistero del nostro Redentore, vero Dio e vero uomo, di essere partecipi
della sua vita immortale».
E' l'odierna colletta del 25 marzo,
testo di nuova composizione (riprende un'espressione di san Leone Magno)
che sottolinea, su base biblica, l'admirabile commercium tra natura
divina e umana.
La dossologia: Gloria al
Padre; l'invocazione dell'Angelo di Dio; il ricordo dei defunti
con L'eterno riposo.
Il valore spirituale dell'«Angelus Domini»
Afflato biblico, respiro liturgico,
facilità e semplicità della forma, legame col ritmo del giorno, fanno
dell'Angelus Domini una preghiera adatta a tutti, compiuta sia
singolarmente che insieme ad altri, e perciò da promuovere nel popolo
cristiano. I tempi li consociamo: al mattino, a mezzogiorno (prima dei
pasti), alla sera; come apertura del Rosario.
I Servi di Maria, tradizionalmente
legati a questa preghiera (l'Annunziata di Firenze), hanno proposto varie
forme celebrative, per diverse occasioni.
Il senso della recita dell'Angelus
Domini è immediato, giacché ravviva nel cuore dei credenti la consapevolezza
dell'Emmanuele. Già san Leone Magno così osservava in un'omelia natalizia:
«Ogni giorno e in ogni momento, carissimi,
alla mente dei fedeli che meditano i divini misteri, si offre il ricordo
della nascita del Signore e Salvatore nostro dalla Vergine Madre;
sì che l'animo, levandosi a lodare il suo Autore, sia nel gemito della
supplica, sia nell'esultanza della lode, sia nell'offerta del sacrificio,
con lo sguardo interiore nulla fissi con maggiore frequenza e maggior
fede del mistero per cui Dio, Figlio di Dio, nato dal Padre e al Padre
coeterno, è al tempo stesso nato da parto di donna. (…) Non solo alla
mente, ma in certo modo alla vista ritorna il colloquio dell'angelo
Gabriele con Maria attonita, e la concezione per opera dello Spirito
Santo, promessa in modo mirabile e mirabilmente accolta nella fede».14
NOTE
1
Cf. H. LECLERQ, Marie (Je vous salue), in
DACL, X/2, Paris 1932,
coll. 2043-2062; H. THURSTON, Ave Maria,
in Dictionnaire de Spiritualité, I, Paris 1937, coll. 1161-1164;
E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, cit.,
I, 519-564; W.M. BÉDARD, L'évolution de l'Ave
Maria du XIIe au XVe siècle, in De cultu mariano saeculis
XII-XV, cit., II, 243-249; J. IBÁÑEZ - F. MENDOZA,
El Ave Maria y su valor cultual en los autores de la baja
edad media, in ivi, 251-271; S. MAGGIANI,
Angelus, in NDM, 26-29; J.
EVENOU, Liturgie et devotions, in Notitiae 23
(1987), 39.
2
Nell'anafora di Giacomo fratello del Signore, dopo le intercessioni, il
ricordo di Maria è introdotto dal saluto ripetuto tre volte: «Ave,
piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne e
benedetto il frutto del tuo grembo, perché hai generato il Salvatore delle
anime nostre». Similmente nell'anafora di san Marco.
3
Cf. MANSI, Conciliorum..., cit., XXII, col.
881.
4
Cf. JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea, Libreria
Ed. Fiorentina, Firenze 1990, 238-240.
5
Cf. Paradiso, XXXII, 94 ss.
6
Cf. S. MAGGIANI, Angelus, in NDM, 37, nota
42.
7
Cf. W. HENRY, Angelus, in DACL,
I/2, Paris 1907, coll. 2068-2078; E. CAMPANA,
Maria nel culto cattolico, cit., I, 565-588; Angelus Domini.
Celebrazione dell'annuncio a Maria, Curia Generalis OSM,
Roma 1981, 13-31; S. MAGGIANI, Angelus, cit.,
25-39; M. M. PEDICO, La Vergine Maria nella pietà
popolare, Ed. Monfortane, Roma 1993, 85-90.
8
Cf. M. INGUANEZ, Un Documento Cassinese del secolo
XIII. Per il suono dell'Angelus, in Rivista Liturgica
19 (1932), 250.
9
Cf. E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico,
cit., I, 569-570.
10
Angelus Domini. Celebrazione dell'annuncio a Maria, cit., 15.
11
Cf. Angelus Domini. Celebrazione, cit. p. 18, nota 12.
12
Cf. Angelus Domini. Celebrazione, cit. p. 18, nota 13.
13
Cf. Angelus Domini. Celebrazione, cit p. 19, nota 14.
14
In Nativitate Domini Sermo VI (XXVI), 1: CCL 138, 125.
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