L'argomento
indicato dal titolo orienta a ricercare l'ambito di approfondimento nel
contesto della preghiera cristiana, che ha il Padre celeste come destinatario
della lode dei credenti: i figli rigenerati dall'acqua e dallo Spirito,
a imitazione e obbedienti all'insegnamento di Gesù, si rivolgono
a Dio chiamandolo "Padre" (cf Mt 6,9-13; Lc 11,2-4). Nel
professare la paternità di Dio è implicito il riconoscimento
della condizione di figli, secondo la parola di san Paolo: «che
voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri
cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!»
(Gal 4, 6).
Alla luce di
tale convincimento si muove la liturgia della Chiesa, le cui preghiere
sono rivolte al Padre, per Cristo, nello Spirito Santo. Questo movimento
orante, ascendente dalla terra al cielo, suppone il movimento discendente
dal cielo sulla terra: dal Padre, per Cristo, nello Spirito è effusa
nel mondo la salvezza. A tale inesausto fiume di grazia risponde con la
lode la comunità dei figli di Dio raccolta in assemblea liturgica.
E sul modello della liturgia si muove anche la preghiera privata dei singoli
battezzati, conformemente all'ammonizione di Gesù: «Tu
quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre
tuo nel segreto; il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»
(Mt 6,6).
Pregare, per
i cristiani, significa vivere secondo il Vangelo, coniugando le labbra
con il cuore: Dio non ha bisogno di doni materiali, delle nostre cose,
desidera, invece, che accogliamo i suoi doni e ci impegniamo a corrispondervi
nel vissuto quotidiano. Recita significativamente un prefazio del Messale
Romano: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del
tuo amore ci chiami a renderti grazie. I nostri inni di benedizione non
accrescono la tua grandezza ma ci ottengono la grazia che ci salva»
(prefazio IV Comune).
Sappiamo
che la preghiera, secondo la rivelazione biblica, non è definita
da quanto viene formulato con la bocca quanto da ciò che è
praticato nella concretezza della vita. La Chiesa sa che la preghiera
gradita a Dio è quella che sale incessantemente da un'esistenza
che si consuma nella fede, nella speranza e nella carità per la
gloria di Dio, in obbedienza al suo volere; ossia la preghiera che si
eleva da un'esistenza conformata sempre più al perfetto orante,
che è Gesù Cristo.
Il Verbo fatto
carne per opera dello Spirito ha intonato, nella propria umanità,
la lode che glorifica perfettamente Dio Padre: le mani di Cristo alzate
sulla croce sono l'espressione dell'oblazione totale di sé, del
«culto
in spirito e verità», dell'obbedienza filiale alla volontà
del Padre iniziata fin dal concepimento nel grembo della Vergine (cf Eb
10, 5-10). Per questo Cristo è il sacrificio di lode che riconcilia
con il Padre l'umanità intera.
Alla luce di
Cristo, la Chiesa contempla in Maria la testimone qualificata della preghiera
cristiana, fatta di adesione esistenziale e perseverante alla parola di
Dio: dall'ora in cui la Vergine pronunciò col cuore e con le labbra:
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai
detto" (Lc 1,38)), ella non ha mai smesso di presentare al
Padre la propria disponibilità alla realizzazione dei disegni divini;
anche nello splendore della sua esaltazione regale alla destra del Figlio
risorto, Maria continua a chinare il capo al volere salvifico dell'Altissimo,
dandogli la lode perfetta che egli gradisce: "L'anima mia magnifica
il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché
ha guardato l'umiltà della sua serva".
Non a caso il cantico del Magnifcat è proclamato come vangelo
nella solennità dell'Assunzione della Vergine in cielo, espressione
dell'atteggiamento orante che ha accompagnato i passi del suo pellegrinaggio
terreno e che persevera immutato nell'assemblea celeste.
Maria si presenta
pertanto come il modello esemplare dell'orante cristiano, colei che più
assomiglia a Cristo, perché si è lasciata consumare la vita
dall'amore di Dio e per Dio: come un granello di incenso consumato dal
fuoco dello Spirito del Padre e del Figlio, ella ha liberato nel vissuto
di ogni giorno il dolce profumo che dà lode a Dio e rallegra il
prossimo - una preghiera che coniuga la dimensione verticale con quella
orizzontale. La Vergine con le braccia alzate raffigurata nell'abside
di note basiliche è l'immagine della vocazione dei battezzati,
chiamati a presentare al Padre il sacrificio di lode che egli desidera
ricevere dai figli rigenerati nello Spirito Santo, a immagine del suo
diletto Figlio Gesù.
Lo Spirito suscita la lode nello spirito
dei figli di Dio
La
preghiera biblica riunisce in sé una gamma di sfumature provenienti
dall'animo del credente, ben evidenziate nei Salmi: dall'invocazione alla
supplica, dal desiderio di vedere Dio al lamento per il suo nascondersi,
dal grido di aiuto nella sofferenza al rendimento di grazie e al canto
di lode per gli inattesi suoi benefici.
La lode e il ringraziamento non caratterizzano
i primi passi dell'orante, quanto piuttosto il suo approdare ad un'esperienza
significativa dell'opera della divina presenza in lui. In altri termini,
occorrono dei motivi per lodare il Signore: quando, nella storia personale
del credente, si fanno chiare le impronte del passaggio vitalizzante di
Dio, allora fiorisce spontaneo l'inno di lode e di rendimento di grazie.
Allorché, nell'esperienza religiosa,
"Dio" cessa di essere un'entità sconosciuta, lontana,
temibile... ed assume le fattezze del "Padre", si apre dunque
per l'orante lo spazio laudativo contrassegnato dalla gratuità,
dalla fiducia, dall'amore... Oltrepassata la soglia del rapporto con Dio
improntato alla paura dello schiavo verso il padrone ed assunto l'atteggiamento
del figlio verso il padre, la preghiera si instrada verso lo spessore
della maturità. La tradizione cristiana ci insegna, del resto,
che la consegna della preghiera del Padre nostro avveniva per i
catecumeni nell'imminenza del Battesimo e soltanto dopo aver ricevuto
il sacramento, colui che era divenuto fglio di Dio era ammesso
a recitare la Preghiera del Signore nella santa Chiesa.
Intessere un rapporto filiale con
Dio, libero da presunzioni e consapevole della grazia immeritatamente
ricevuta, è opera dello Spirito di Cristo riversato nei nostri
cuori dal Padre che sta nei cieli. Al riguardo così scrive san
Paolo: "Tutti coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro
sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per
ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi
per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso
attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,14-16).
Questo testo dell'Apostolo, mentre
annuncia il mistero della dignità propria dei battezzati aiuta
a leggere interiormente il cuore della Vergine del Magnificat. Dopo
aver ricevuto nel mistero dell'Annunciazione (cf Lc 1,26-38) l'unzione
dello Spirito Santo che l'ha consacrata tempio vivo del Dio vivente, Maria
avverte nell'incontro con Elisabetta il prodigio operato dall'Altissimo
nella sua umiltà, a beneficio dell'umana famiglia. Più che
la propria divina maternità - ma certo alla luce di essa -, la
Vergine canta nel Magnificat la consapevolezza del suo trasparente
rapporto con Dio, riconosciuto per quello che davvero egli è,
attraverso la considerazione delle meraviglie straordinarie da lui compiute
nella sua umile serva-figlia. L'esordio del cantico di Maria manifesta,
infatti, lo svelamento, ai suoi occhi di donna credente, dell'intervento
dello Spirito di Dio operante nello spirito umano: "L'anima mia magnifica
il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché
ha guardato l'umiltà della sua serva". Parafrasando le parole
di san Paolo richiamate sopra, lo Spirito di Dio che l'ha adombrata con
potenza nell'annunciazione attesta allo spirito di Maria, beata per aver
creduto, il suo essere figlia di
Dio.
Al
contrario di Eva, che vide Dio come meschino e geloso custode dei propri
interessi a sfavore di quelli dell'uomo, la Vergine del Magnificat
vede Dio con trasparente lucidità:
è il Salvatore che guarda con occhio benevolo la miseria di questa
terra colmandola di misericordia; è Colui che innalza gli umili
e ricolma di beni gli affamati...
Che
sia lo Spirito Santo ha suscitare la lode nello spirito di chi sperimenta
l'autentica relazione con il Padre celeste è testimoniato da Gesù
stesso, "che esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo
lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste
cose hai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì,
Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi
è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio
se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui
al quale il Figlio lo voglia rivelare"" (Lc
10, 21-22).
Maria
è la "figlia prediletta del Padre" (Lumen
gentium 53), la "figlia prescelta del
Padre" (Tertio Millennio adveniente
54), poiché
si relaziona con Dio con i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
il Figlio unigenito di Dio, il Figlio prediletto nel quale il Padre ha
posto ogni compiacenza. In Maria ha, infatti, trovato obbedienza il volere
del Padre che sta nei cieli, prontezza nel mettere in pratica i suoi disegni,
gratitudine e lode per le meraviglie di grazia operate nella sua vita.
L'inno del Magnificat testimonia
la consapevolezza con cui Maria ha vissuto il suo orante pellegrinaggio
su questa terra: con il cuore e lo sguardo rivolti al cielo. Non un cielo
pauroso, dal quale difendersi, ma un cielo generatore di vita, di misericordia,
di salvezza per tutte le generazioni, anzi per l'intera creazione.
Dall'eccomi al magnificat
Che
il cantico del Magnificat
sia espressione di una raggiunta maturazione
nell'itinerario compiuto dalla "figlia prescelta del Padre",
lo si vede dal contesto in cui è pronunciato da Maria nel vangelo
di Luca: conclude il dittico formato dai racconti dell'annunciazione e
della visitazione, intimamente connessi come due necessari componenti
del medesimo mistero. L'annunciazione è
ordinata alla visitazione, ossia
al portare Cristo al mondo, poiché il dono di Cristo è in
funzione della missione di donarlo ad altri; e la visita di Maria alla
parente Elisabetta suppone l'annunciazione, poiché il portare Cristo
non può prescindere dalla comunione vitale con lui.
Se
il vangelo dell'annunciazione illumina, attraverso l'eccomi
di Maria, la risposta che Dio si attende
da ogni autentico figlio, il vangelo della visitazione rischiara l'agire
di ogni figlio di Dio, mandato a testimoniare davanti al mondo la Presenza
che porta in sé. Il fatto che il cantico del Magnificat
non sia posto dall'evangelista al momento
dell'incarnazione del Verbo ma a coronamento della missione di Maria -
sospinta dallo Spirito che l'ha adombrata a recare Cristo ad Elisabetta
e al Battista, per la gioia di entrambi - attira l'attenzione su un momento
culmine: partendo dall'esperienza di Maria, l'inno dilata lo sguardo al
di là della singolare vicenda della Madre del Signore, per abbracciare
quella di ogni uomo e donna credenti alla Parola di Dio.
In realtà la Vergine
dà lode al Padre non solo per quanto ammira di ineffabile in lei,
ma anche per quello che egli ha compiuto in Elisabetta che le sta davanti,
figura di tutti coloro che sono (saranno) raggiunti dalla misericordia
di Colui che ha preso dimora nel suo grembo per essere il Salvatore di
tutti. Si consideri, infatti, quanto Maria dice nel suo cantico di lode:
"Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il suo
nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli
che lo temono". Il movimento orante oltrepassa la consapevolezza
dell'opera divina in lei per estendersi alla lode per la misericordia
che Dio stende su tutti quelli che lo temono.
In tale senso Maria eleva la lode
al Padre dinanzi ad Elisabetta, dando così voce non solo al proprio
personale sentire ma anche ai sentimenti della parente, e dunque di ogni
uomo e donna raggiunti, nel corso del tempo, dalla redenzione di Cristo.
La preghiera "solista" di Maria diventa quindi "collettiva" ed insieme
pedagogica per i redenti da Cristo, poiché ella esprime esemplarmente,
nella singolare esperienza che l'ha toccata, quella che è comune
a tutti i figli di Dio, chiamati a divenire un solo essere vivente con
Cristo e mandati a portarlo agli altri in opere e in parole. Nel formulare
l'inno del Magnificat, frutto dell'eccomi che le ha segnato
l'esistenza di consacrata al servizio del Signore, Maria diventa maestra
che insegna la lode dell'Altissimo a ciascun discepolo del Signore
e all'intera comunità cristiana.
Non è difficile cogliere nella
dinamica spirituale che ha suscitato in Maria il cantico del Magnificat
la dinamica che dovrebbe contrassegnare l'animo dei figli rigenerati
dal Padre, per Cristo, nello Spirito Santo. La lode del battezzato non
può fermarsi alla contemplazione dell'intervento di Dio nella sua
particolare storia: partendo dalla lettura di essa, deve dilatarsi alla
lode per la rigenerazione dell'umanità intera, inserendosi nel
coro laudativo che, di generazione in generazione, si eleva al Padre,
per Cristo, nello Spirito, seguendo l'intonazione della corifea dei redenti,
che è appunto la Vergine del Magnificat.
Il motivo della lode dei figli di Dio
Sia
la preghiera di Gesù ricordata sopra: "Io ti lodo Padre..."
che quella del Magnificat di Maria esplicitano il motivo dell'esultanza
in Dio: perché hai rivelato queste cose ai piccoli... perché
ha guardato l'umiltà della sua serva...
Il cantico
del Magnificat è lontano dall'autocompiacimento. Sappiamo
dal vangelo che la preghiera che penetra le nubi e va diretta al cielo
non è quella autolodativa: basti pensare al fariseo e al pubblicano
che salgono al tempio a pregare, distinti l'uno dall'altro dal contenuto
della loro preghiera: "O Dio, ti ringrazio che non sono come gli
altri uomini..."; "O Dio, abbi pietà di me peccatore"
(cf Lc 18, 9-14).
L'anima di
Maria, infatti, magnifica = fa grande, grandifica il Signore e
non se stessa: quando uno ingrandisce se stesso rimpicciolisce Dio, contemplando
invece la grandezza di Dio si prende coscienza della propria piccolezza
davanti a lui. La Vergine del Magnificat ha sincera coscienza della
propria umiltà e, per ciò, con cuore lucido confessa
la grandezza di Dio Salvatore. La preghiera della "figlia di Sion"
non pone dunque in primo
piano i propri meriti... quanto Colui che
ha guardato lumiltà della sua serva.
Ecco il
motivo che libera il canto della Vergine Madre: l'Altissimo guarda giù
dal cielo verso l'umile terra, scegliendo e amando al di là di
ogni merito la piccolezza e povertà della sua serva. L'anima di
Maria grandifi ca il Signore, percependo la proporzione tra il
Creatore e la creatura, tra l'Onnipotente e la fragilità umana
fatta oggetto di tale benevolenza. La beatitudine della Madre del Signore
l'ha colta per prima la parente Elisabetta, che prontamente riconobbe:
"beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore"
(Lc 1,
45). Se Maria comprende che, come Elisabetta, tutte le generazioni la
chiameranno beata, ella sa che ciò non è a motivo della
sua piccolezza, ma perché Dio ha guardato e amato tale piccolezza;
ella esalta non la propria umiltà ma la misericordia di Dio. E'
Dio, e soltanto lui, il protagonista della lode di Maria: egli è
il Salvatore, l'Onnipotente che fa grandi cose nei cuori dei piccoli e
dei poveri, il Santo che distende la sua misericordia di generazione in
generazione... Ecco il vero volto di Dio, quello della misericordia: movimento
del cuore che si commuove della miseria e la ricopre di speciale amore.
Lo sviluppo orante del Magnificat
si diffonde,
quindi, nella motivazione laudativa annunciata nelle prime battute, prolungandosi
nella successione di altri sette verbi relativi a Dio, che illustrano
la sua azione nella storia umana:
"ha spiegato la potenza
del suo braccio,
ha disperso i superbi di cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia...".
Sono queste le azioni
mediante le quali Dio trasfigura la storia umana in storia di salvezza,
imprimendole dinamismo pasquale, convertendo la morte in vita. La potenza
dispiegata dal braccio del Signore - come nell'antico esodo per liberare
i suoi figli dalla schiavitù dell'Egitto - è più
forte di ogni ostacolo!
Disperde
i superbi nei loro fatui pensieri di dominio: distrugge la falsa sicurezza
dell'arrogante, perché ridotto a terra, reso piccolo piccolo, questi
riscopra la verità delle cose e riconosca la grandezza di Dio con
animo pronto (pensiamo a Saulo sbalzato a terra dalla sua arrogante cavalcatura
di persecutore, perché riscoprisse il volto di Dio nella debolezza
di Cristo Gesù: cf At 9, 1-18).
Ricolma
di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi: perché ridotti
alla fame essi imparino a invocare l'Altissimo, il quale apre la sua mano
e sazia la fame di ogni vivente (cf Sal 104, 28).
Ai
figli di Dio il Magnificat
insegna, dunque, l'infinita bontà
del Padre celeste e non il buonismo fatto di confusione tra bene e male;
insegna la paternità di Dio e non il paternalismo, che non permette
ai figli di crescere nella libertà. In realtà, Dio non chiude
gli occhi davanti alla malvagità del mondo e alla superbia dell'opera
delle sue mani. E' un Padre misericordioso con tutti, ma sa educare rovesciando
a terra chi pretende di farsi "dio". E' il Padre onnipotente che sta nei
cieli e non un idolo costruito dalle mani dell'uomo, manipolabile a seconda
delle occasioni e degli umori: davanti al Padre del Signore nostro Gesù
Cristo, il credente, sull'esempio di Maria, coglie la propria piccolezza
ed insieme la grandezza dell'amore che l'ha scelto e gratuitamente amato.
La Vergine del Magnificat
educa alla preghiera i figli di Dio
Dio ricerca e gradisce pienezza di risposta.
E Maria l'ha esaudito, arrendendosi senza riserve. In tale disponibilità
senza limiti può agire lo Spirito e creare ciò che egli
desidera: un capolavoro di pura grazia, la perfezione della lode elevata
al Padre.
Così, alla luce dei misteri dell'annunciazione
e della visitazione, per Maria pregare significa confessare con l'esistenza
l'assoluta priorità della divina parola; significa unirsi vitalmente
alla preghiera di Cristo che entra nel mondo per offrire in sacrifico
il suo corpo e il suo sangue per la salvezza degli uomini e la gloria
del Padre; significa lasciarsi condurre per i misteriosi sentieri che
si illuminano poco a poco, non senza lasciarsi ferire l'animo dall'amore
che crea cieli nuovi e terra nuova.
Il Nuovo Testamento ci congeda dalla figura
di Maria presentandola in preghiera con i discepoli di Gesù. Gli
Atti degli Apostoli (1,12-14; 2,1-4) rimarcano la comunione orante dei
discepoli con la Madre di Gesù: la partecipazione dello Spirito
di Dio allo spirito dell'uomo non avviene, infatti, al di fuori della
preghiera, giacché la grazia divina suppone animi ben disposti,
cuori rivolti verso il Signore, desiderosi di ricevere il suo Dono. Presente
tra gli Apostoli in attesa dell'unzione spirituale, Maria insegna loro
a dilatarsi al fuoco dello Spirito, in modo che il Maestro interiore possa
insegnare ai loro spiriti la verità della preghiera, quella offerta
nella concretezza della vita.
Il Cenacolo in cui si trovano riuniti non
è un luogo generico di preghiera ma quello in cui Cristo ha celebrato
la Cena pasquale con i suoi amici. Il medesimo luogo per l'Eucaristia
e la Pentecoste sottolinea significative connessioni: ogni volta che celebriamo
i santi misteri il Padre effonde lo Spirito Santo sulla comunità
dei figli radunati nel nome del suo diletto Figlio Gesù, ora come
ai primordi della Chiesa, raccolti in comunione orante con Maria. Certo,
la celebrazione ha sempre e solo per oggetto l'incontro vitale con Gesù
Cristo. Ma ciò non esclude, anzi comporta, la comunione con tutti
i credenti in lui, tra i quali la prima è Maria. E' quanto viene
ricordato, fin dall'antichità, nel cuore dell'Eucaristia, dove
si prega: "In comunione con tutta la Chiesa, ricordiamo e veneriamo
anzitutto la gloriosa e sempre vergine Maria, Madre del nostro
Dio e Signore Gesù Cristo" (Preghiera eucaristica I).
La famiglia dei figli di Dio celebra, dunque,
il memoriale del sacrificio di lode che riconcilia col Padre i figli dispersi
(cf Gv 11,52), in intima comunione con Maria, prolungando
gli atteggiamenti cultuali che qualificarono la sua vita consumata a lode
del Padre: con Maria la Chiesa loda, benedice, esalta Dio, associandosi
al canto della Vergine del Magnificat; con Maria ascolta la Parola
di Dio, la conserva nel cuore, vi aderisce con fede pronunciando il sì
oblativo; con Maria partecipa al mistero pasquale di Gesù,
lasciandosi coinvolgere in prima persona nell'opera della redenzione;
con Maria implora e attende dal Padre il dono dello Spirito santificatore
che consacra la vita dei credenti; con Maria cammina, forte nella
speranza e operosa nella carità, verso l'incontro con Dio nella
Gerusalemme del cielo.
La comunione orante dei fedeli con Maria
si alimenta nell'imitazione delle sue virtù, esemplari per
ciascuno e per l'intera comunità: come Maria gli oranti
aprono i loro spiriti per diventare il tempio di Dio, il luogo in cui
egli ha scelto di essere adorato in spirito e verità; come Maria
presentano la loro vita a Dio Padre, pronti a attraversare con fortezza
le prove che comporta il fare la volontà divina; come Maria
si lasciano spingere dal soffio missionario che muove a farsi portatori
del Vangelo nel mondo; come Maria stanno in silenzio davanti agli
incomprensibili disegni di Dio, ripetendo in cuore l'assenso evangelico
della fede; come Maria rendono grazie per la misericordia che il
Padre celeste estende di generazione in generazione.
Il
popolo consacrato al Signore prega dunque con Maria e come Maria
(cf Introduzione alle Messe della Beata Vergine Maria, nn.
9-10 e 12-13), riconoscendo nella Vergine il modello della preghiera della
Chiesa (cf Marialis cultus, nn. 16-23: Vergine in ascolto, Vergine
in preghiera, Vergine Madre e Vergine offerente). Non è tanto importante
il fatto che Maria abbia pregato (come tanti in Israele) quanto piuttosto
l'atteggiamento interiore che motivava la sua orazione, tradotto in vita
vissuta, insieme al contenuto della preghiera (abbiamo visto il Magnificat).
Già sant'Ambrogio ricordava che "dev'essere in ciascuno dei
cristiani l'anima di Maria per magnificare il Signore; dev'essere in ciascuno
il suo spirito per esultare in Dio" (Expositio Evangelii secundum Lucam
II, 26).
Conclusione
Ogni sera, nell'ufficio
dei Vespri, da veneranda tradizione la comunità cristiana insieme
al Padre nostro intona anche il cantico della Beata Vergine: la
voce della "figlia prescelta del Padre", risuona nelle voci
dei figli di Dio. E' facile scorgere in Colei che ha offerto se stessa
come lode vivente, santa e gradita al Padre il riflesso della vocazione
condivisa da tutti i battezzati (cf Rm 12, 1-2). La lode elevata
con Maria al Padre che ha posto sulla storia il sigillo della Pasqua del
suo Figlio, impegna gli oranti a vivere sull'esempio della Vergine del
Magnificat.
La donna che in virtù dello Spirito
Santo è divenuta tempio del Sacerdote eterno, sempre vivo ad intercedere
per noi presso il Padre (cf Eb 7, 25), è specchio della
Chiesa in preghiera. In Maria, dimora del Dio vivente, si è stabilito
il sacrificio dell'eterna Alleanza che è Cristo Redentore; dal
suo grembo si è elevata al cielo la lode perfetta del Verbo incarnato;
da lei ha preso forma il Pane disceso dal cielo che dà la vita
al mondo; da lei è sgorgato per noi il Sangue versato per tutti.
La celebrazione dell'Eucaristia, massima espressione di lode e ringraziamento
dei figli al Padre che sta nei cieli, riconduce, infatti, all'ora dell'Incarnazione,
ora che associa in un'unica oblazione di lode il Verbo che si fa carne
e la Vergine che ne diviene la Madre, lasciandosi segnare l'esistenza
dal fuoco dello Spirito. Per questo, celebrando l'Eucaristia la Chiesa
guarda a Maria, sperimentandone la sua vicinanza esemplare e la sua comunione
di preghiera.
Il testo del prefazio II della Beata Vergine
Maria, esprime bene la convinzione che il cantico della "figlia prescelta
del Padre" guida il canto di lode dei figli di Dio:
"E' veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
renderti grazie, o Padre,
per le meraviglie che hai operato nei tuoi santi,
ma è soprattutto dolce e doveroso
in questa memoria della beata Vergine Maria
magnificare il tuo amore per noi
con il suo stesso cantico di lode.
Grandi cose tu hai fatto, Signore,
per tutta l'estensione della terra,
e hai prolungato nei secoli
l'opera della tua misericordia,
quando, volgendoti all'umile tua serva,
per mezzo di lei ci hai donato il Salvatore del mondo,
il tuo Figlio, Gesù Cristo, nostro Signore".
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