MARIA MODELLO DI PREGHIERA
PER TUTTA LA CHIESA

Corrado Maggioni, S.M.M.
 

      L'argomento indicato dal titolo orienta a ricercare l'ambito di approfondimento nel contesto della preghiera cristiana, che ha il Padre celeste come destinatario della lode dei credenti: i figli rigenerati dall'acqua e dallo Spirito, a imitazione e obbedienti all'insegnamento di Gesù, si rivolgono a Dio chiamandolo "Padre" (cf Mt 6,9-13; Lc 11,2-4). Nel professare la paternità di Dio è implicito il riconoscimento della condizione di figli, secondo la parola di san Paolo: «che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4, 6).
      
Alla luce di tale convincimento si muove la liturgia della Chiesa, le cui preghiere sono rivolte al Padre, per Cristo, nello Spirito Santo. Questo movimento orante, ascendente dalla terra al cielo, suppone il movimento discendente dal cielo sulla terra: dal Padre, per Cristo, nello Spirito è effusa nel mondo la salvezza. A tale inesausto fiume di grazia risponde con la lode la comunità dei figli di Dio raccolta in assemblea liturgica. E sul modello della liturgia si muove anche la preghiera privata dei singoli battezzati, conformemente all'ammonizione di Gesù: «Tu quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,6).
      
Pregare, per i cristiani, significa vivere secondo il Vangelo, coniugando le labbra con il cuore: Dio non ha bisogno di doni materiali, delle nostre cose, desidera, invece, che accogliamo i suoi doni e ci impegniamo a corrispondervi nel vissuto quotidiano. Recita significativamente un prefazio del Messale Romano: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie. I nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza ma ci ottengono la grazia che ci salva» (prefazio IV Comune).
      
Sappiamo che la preghiera, secondo la rivelazione biblica, non è definita da quanto viene formulato con la bocca quanto da ciò che è praticato nella concretezza della vita. La Chiesa sa che la preghiera gradita a Dio è quella che sale incessantemente da un'esistenza che si consuma nella fede, nella speranza e nella carità per la gloria di Dio, in obbedienza al suo volere; ossia la preghiera che si eleva da un'esistenza conformata sempre più al perfetto orante, che è Gesù Cristo.
      
Il Verbo fatto carne per opera dello Spirito ha intonato, nella propria umanità, la lode che glorifica perfettamente Dio Padre: le mani di Cristo alzate sulla croce sono l'espressione dell'oblazione totale di sé, del «culto in spirito e verità», dell'obbedienza filiale alla volontà del Padre iniziata fin dal concepimento nel grembo della Vergine (cf Eb 10, 5-10). Per questo Cristo è il sacrificio di lode che riconcilia con il Padre l'umanità intera.
      
Alla luce di Cristo, la Chiesa contempla in Maria la testimone qualificata della preghiera cristiana, fatta di adesione esistenziale e perseverante alla parola di Dio: dall'ora in cui la Vergine pronunciò col cuore e con le labbra: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me quello che hai detto" (Lc 1,38)), ella non ha mai smesso di presentare al Padre la propria disponibilità alla realizzazione dei disegni divini; anche nello splendore della sua esaltazione regale alla destra del Figlio risorto, Maria continua a chinare il capo al volere salvifico dell'Altissimo, dandogli la lode perfetta che egli gradisce: "L'anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva". Non a caso il cantico del Magnifcat è proclamato come vangelo nella solennità dell'Assunzione della Vergine in cielo, espressione dell'atteggiamento orante che ha accompagnato i passi del suo pellegrinaggio terreno e che persevera immutato nell'assemblea celeste.
      
Maria si presenta pertanto come il modello esemplare dell'orante cristiano, colei che più assomiglia a Cristo, perché si è lasciata consumare la vita dall'amore di Dio e per Dio: come un granello di incenso consumato dal fuoco dello Spirito del Padre e del Figlio, ella ha liberato nel vissuto di ogni giorno il dolce profumo che dà lode a Dio e rallegra il prossimo - una preghiera che coniuga la dimensione verticale con quella orizzontale. La Vergine con le braccia alzate raffigurata nell'abside di note basiliche è l'immagine della vocazione dei battezzati, chiamati a presentare al Padre il sacrificio di lode che egli desidera ricevere dai figli rigenerati nello Spirito Santo, a immagine del suo diletto Figlio Gesù.

Lo Spirito suscita la lode nello spirito dei figli di Dio

      La preghiera biblica riunisce in sé una gamma di sfumature provenienti dall'animo del credente, ben evidenziate nei Salmi: dall'invocazione alla supplica, dal desiderio di vedere Dio al lamento per il suo nascondersi, dal grido di aiuto nella sofferenza al rendimento di grazie e al canto di lode per gli inattesi suoi benefici.
      La lode e il ringraziamento non caratterizzano i primi passi dell'orante, quanto piuttosto il suo approdare ad un'esperienza significativa dell'opera della divina presenza in lui. In altri termini, occorrono dei motivi per lodare il Signore: quando, nella storia personale del credente, si fanno chiare le impronte del passaggio vitalizzante di Dio, allora fiorisce spontaneo l'inno di lode e di rendimento di grazie.
      Allorché, nell'esperienza religiosa, "Dio" cessa di essere un'entità sconosciuta, lontana, temibile... ed assume le fattezze del "Padre", si apre dunque per l'orante lo spazio laudativo contrassegnato dalla gratuità, dalla fiducia, dall'amore... Oltrepassata la soglia del rapporto con Dio improntato alla paura dello schiavo verso il padrone ed assunto l'atteggiamento del figlio verso il padre, la preghiera si instrada verso lo spessore della maturità. La tradizione cristiana ci insegna, del resto, che la consegna della preghiera del Padre nostro avveniva per i catecumeni nell'imminenza del Battesimo e soltanto dopo aver ricevuto il sacramento, colui che era divenuto fglio di Dio era ammesso a recitare la Preghiera del Signore nella santa Chiesa.
      Intessere un rapporto filiale con Dio, libero da presunzioni e consapevole della grazia immeritatamente ricevuta, è opera dello Spirito di Cristo riversato nei nostri cuori dal Padre che sta nei cieli. Al riguardo così scrive san Paolo: "Tutti coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,14-16).
      Questo testo dell'Apostolo, mentre annuncia il mistero della dignità propria dei battezzati aiuta a leggere interiormente il cuore della Vergine del Magnificat. Dopo aver ricevuto nel mistero dell'Annunciazione (cf Lc 1,26-38) l'unzione dello Spirito Santo che l'ha consacrata tempio vivo del Dio vivente, Maria avverte nell'incontro con Elisabetta il prodigio operato dall'Altissimo nella sua umiltà, a beneficio dell'umana famiglia. Più che la propria divina maternità - ma certo alla luce di essa -, la Vergine canta nel Magnificat la consapevolezza del suo trasparente rapporto con Dio, riconosciuto per quello che davvero egli
è, attraverso la considerazione delle meraviglie straordinarie da lui compiute nella sua umile serva-figlia. L'esordio del cantico di Maria manifesta, infatti, lo svelamento, ai suoi occhi di donna credente, dell'intervento dello Spirito di Dio operante nello spirito umano: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva". Parafrasando le parole di san Paolo richiamate sopra, lo Spirito di Dio che l'ha adombrata con potenza nell'annunciazione attesta allo spirito di Maria, beata per aver creduto, il suo essere figlia di Dio.
      
Al contrario di Eva, che vide Dio come meschino e geloso custode dei propri interessi a sfavore di quelli dell'uomo, la Vergine del Magnificat vede Dio con trasparente lucidità: è il Salvatore che guarda con occhio benevolo la miseria di questa terra colmandola di misericordia; è Colui che innalza gli umili e ricolma di beni gli affamati...
      
Che sia lo Spirito Santo ha suscitare la lode nello spirito di chi sperimenta l'autentica relazione con il Padre celeste è testimoniato da Gesù stesso, "che esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose hai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare"" (Lc 10, 21-22).
      
Maria è la "figlia prediletta del Padre" (Lumen gentium 53), la "figlia prescelta del Padre" (Tertio Millennio adveniente 54), poiché si relaziona con Dio con i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il Figlio unigenito di Dio, il Figlio prediletto nel quale il Padre ha posto ogni compiacenza. In Maria ha, infatti, trovato obbedienza il volere del Padre che sta nei cieli, prontezza nel mettere in pratica i suoi disegni, gratitudine e lode per le meraviglie di grazia operate nella sua vita. L'inno del Magnificat testimonia la consapevolezza con cui Maria ha vissuto il suo orante pellegrinaggio su questa terra: con il cuore e lo sguardo rivolti al cielo. Non un cielo pauroso, dal quale difendersi, ma un cielo generatore di vita, di misericordia, di salvezza per tutte le generazioni, anzi per l'intera creazione.

Dall'eccomi al magnificat

      Che il cantico del Magnificat sia espressione di una raggiunta maturazione nell'itinerario compiuto dalla "figlia prescelta del Padre", lo si vede dal contesto in cui è pronunciato da Maria nel vangelo di Luca: conclude il dittico formato dai racconti dell'annunciazione e della visitazione, intimamente connessi come due necessari componenti del medesimo mistero. L'annunciazione è ordinata alla visitazione, ossia al portare Cristo al mondo, poiché il dono di Cristo è in funzione della missione di donarlo ad altri; e la visita di Maria alla parente Elisabetta suppone l'annunciazione, poiché il portare Cristo non può prescindere dalla comunione vitale con lui.
      
Se il vangelo dell'annunciazione illumina, attraverso l'eccomi di Maria, la risposta che Dio si attende da ogni autentico figlio, il vangelo della visitazione rischiara l'agire di ogni figlio di Dio, mandato a testimoniare davanti al mondo la Presenza che porta in sé. Il fatto che il cantico del Magnificat non sia posto dall'evangelista al momento dell'incarnazione del Verbo ma a coronamento della missione di Maria - sospinta dallo Spirito che l'ha adombrata a recare Cristo ad Elisabetta e al Battista, per la gioia di entrambi - attira l'attenzione su un momento culmine: partendo dall'esperienza di Maria, l'inno dilata lo sguardo al di là della singolare vicenda della Madre del Signore, per abbracciare quella di ogni uomo e donna credenti alla Parola di Dio.
      
In realtà la Vergine dà lode al Padre non solo per quanto ammira di ineffabile in lei, ma anche per quello che egli ha compiuto in Elisabetta che le sta davanti, figura di tutti coloro che sono (saranno) raggiunti dalla misericordia di Colui che ha preso dimora nel suo grembo per essere il Salvatore di tutti. Si consideri, infatti, quanto Maria dice nel suo cantico di lode: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono". Il movimento orante oltrepassa la consapevolezza dell'opera divina in lei per estendersi alla lode per la misericordia che Dio stende su tutti quelli che lo temono.
      In tale senso Maria eleva la lode al Padre dinanzi ad Elisabetta, dando così voce non solo al proprio personale sentire ma anche ai sentimenti della parente, e dunque di ogni uomo e donna raggiunti, nel corso del tempo, dalla redenzione di Cristo. La preghiera "solista" di Maria diventa quindi "collettiva" ed insieme pedagogica per i redenti da Cristo, poiché ella esprime esemplarmente, nella singolare esperienza che l'ha toccata, quella che è comune a tutti i figli di Dio, chiamati a divenire un solo essere vivente con Cristo e mandati a portarlo agli altri in opere e in parole. Nel formulare l'inno del Magnificat, frutto dell'eccomi che le ha segnato l'esistenza di consacrata al servizio del Signore, Maria diventa maestra che insegna la lode dell'Altissimo a ciascun discepolo del Signore e all'intera comunità cristiana.
      Non è difficile cogliere nella dinamica spirituale che ha suscitato in Maria il cantico del Magnificat la dinamica che dovrebbe contrassegnare l'animo dei figli rigenerati dal Padre, per Cristo, nello Spirito Santo. La lode del battezzato non può fermarsi alla contemplazione dell'intervento di Dio nella sua particolare storia: partendo dalla lettura di essa, deve dilatarsi alla lode per la rigenerazione dell'umanità intera, inserendosi nel coro laudativo che, di generazione in generazione, si eleva al Padre, per Cristo, nello Spirito, seguendo l'intonazione della corifea dei redenti, che è appunto la Vergine del Magnificat.

Il motivo della lode dei figli di Dio

      Sia la preghiera di Gesù ricordata sopra: "Io ti lodo Padre..." che quella del Magnificat di Maria esplicitano il motivo dell'esultanza in Dio: perché hai rivelato queste cose ai piccoli... perché ha guardato l'umiltà della sua serva...
      
Il cantico del Magnificat è lontano dall'autocompiacimento. Sappiamo dal vangelo che la preghiera che penetra le nubi e va diretta al cielo non è quella autolodativa: basti pensare al fariseo e al pubblicano che salgono al tempio a pregare, distinti l'uno dall'altro dal contenuto della loro preghiera: "O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini..."; "O Dio, abbi pietà di me peccatore" (cf Lc 18, 9-14).
      
L'anima di Maria, infatti, magnifica = fa grande, grandifica il Signore e non se stessa: quando uno ingrandisce se stesso rimpicciolisce Dio, contemplando invece la grandezza di Dio si prende coscienza della propria piccolezza davanti a lui. La Vergine del Magnificat ha sincera coscienza della propria umiltà e, per ciò, con cuore lucido confessa la grandezza di Dio Salvatore. La preghiera della "figlia di Sion" non pone dunque in primo piano i propri meriti... quanto Colui che ha guardato l’umiltà della sua serva.
       Ecco il motivo che libera il canto della Vergine Madre: l'Altissimo guarda giù dal cielo verso l'umile terra, scegliendo e amando al di là di ogni merito la piccolezza e povertà della sua serva. L'anima di Maria grandifi ca il Signore, percependo la proporzione tra il Creatore e la creatura, tra l'Onnipotente e la fragilità umana fatta oggetto di tale benevolenza. La beatitudine della Madre del Signore l'ha colta per prima la parente Elisabetta, che prontamente riconobbe: "beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 45). Se Maria comprende che, come Elisabetta, tutte le generazioni la chiameranno beata, ella sa che ciò non è a motivo della sua piccolezza, ma perché Dio ha guardato e amato tale piccolezza; ella esalta non la propria umiltà ma la misericordia di Dio. E' Dio, e soltanto lui, il protagonista della lode di Maria: egli è il Salvatore, l'Onnipotente che fa grandi cose nei cuori dei piccoli e dei poveri, il Santo che distende la sua misericordia di generazione in generazione... Ecco il vero volto di Dio, quello della misericordia: movimento del cuore che si commuove della miseria e la ricopre di speciale amore.
      
Lo sviluppo orante del Magnificat si diffonde, quindi, nella motivazione laudativa annunciata nelle prime battute, prolungandosi nella successione di altri sette verbi relativi a Dio, che illustrano la sua azione nella storia umana:

"ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi di cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia...".

       Sono queste le azioni mediante le quali Dio trasfigura la storia umana in storia di salvezza, imprimendole dinamismo pasquale, convertendo la morte in vita. La potenza dispiegata dal braccio del Signore - come nell'antico esodo per liberare i suoi figli dalla schiavitù dell'Egitto - è più forte di ogni ostacolo!
       Disperde i superbi nei loro fatui pensieri di dominio: distrugge la falsa sicurezza dell'arrogante, perché ridotto a terra, reso piccolo piccolo, questi riscopra la verità delle cose e riconosca la grandezza di Dio con animo pronto (pensiamo a Saulo sbalzato a terra dalla sua arrogante cavalcatura di persecutore, perché riscoprisse il volto di Dio nella debolezza di Cristo Gesù: cf At 9, 1-18).
       Ricolma di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi: perché ridotti alla fame essi imparino a invocare l'Altissimo, il quale apre la sua mano e sazia la fame di ogni vivente (cf Sal 104, 28).
       Ai figli di Dio il Magnificat insegna, dunque, l'infinita bontà del Padre celeste e non il buonismo fatto di confusione tra bene e male; insegna la paternità di Dio e non il paternalismo, che non permette ai figli di crescere nella libertà. In realtà, Dio non chiude gli occhi davanti alla malvagità del mondo e alla superbia dell'opera delle sue mani. E' un Padre misericordioso con tutti, ma sa educare rovesciando a terra chi pretende di farsi "dio". E' il Padre onnipotente che sta nei cieli e non un idolo costruito dalle mani dell'uomo, manipolabile a seconda delle occasioni e degli umori: davanti al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il credente, sull'esempio di Maria, coglie la propria piccolezza ed insieme la grandezza dell'amore che l'ha scelto e gratuitamente amato.

La Vergine del Magnificat educa alla preghiera i figli di Dio

       Dio ricerca e gradisce pienezza di risposta. E Maria l'ha esaudito, arrendendosi senza riserve. In tale disponibilità senza limiti può agire lo Spirito e creare ciò che egli desidera: un capolavoro di pura grazia, la perfezione della lode elevata al Padre.
       Così, alla luce dei misteri dell'annunciazione e della visitazione, per Maria pregare significa confessare con l'esistenza l'assoluta priorità della divina parola; significa unirsi vitalmente alla preghiera di Cristo che entra nel mondo per offrire in sacrifico il suo corpo e il suo sangue per la salvezza degli uomini e la gloria del Padre; significa lasciarsi condurre per i misteriosi sentieri che si illuminano poco a poco, non senza lasciarsi ferire l'animo dall'amore che crea cieli nuovi e terra nuova.
       Il Nuovo Testamento ci congeda dalla figura di Maria presentandola in preghiera con i discepoli di Gesù. Gli Atti degli Apostoli (1,12-14; 2,1-4) rimarcano la comunione orante dei discepoli con la Madre di Gesù: la partecipazione dello Spirito di Dio allo spirito dell'uomo non avviene, infatti, al di fuori della preghiera, giacché la grazia divina suppone animi ben disposti, cuori rivolti verso il Signore, desiderosi di ricevere il suo Dono. Presente tra gli Apostoli in attesa dell'unzione spirituale, Maria insegna loro a dilatarsi al fuoco dello Spirito, in modo che il Maestro interiore possa insegnare ai loro spiriti la verità della preghiera, quella offerta nella concretezza della vita.
       Il Cenacolo in cui si trovano riuniti non è un luogo generico di preghiera ma quello in cui Cristo ha celebrato la Cena pasquale con i suoi amici. Il medesimo luogo per l'Eucaristia e la Pentecoste sottolinea significative connessioni: ogni volta che celebriamo i santi misteri il Padre effonde lo Spirito Santo sulla comunità dei figli radunati nel nome del suo diletto Figlio Gesù, ora come ai primordi della Chiesa, raccolti in comunione orante con Maria. Certo, la celebrazione ha sempre e solo per oggetto l'incontro vitale con Gesù Cristo. Ma ciò non esclude, anzi comporta, la comunione con tutti i credenti in lui, tra i quali la prima è Maria. E' quanto viene ricordato, fin dall'antichità, nel cuore dell'Eucaristia, dove si prega: "In comunione con tutta la Chiesa, ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo" (Preghiera eucaristica I).
       La famiglia dei figli di Dio celebra, dunque, il memoriale del sacrificio di lode che riconcilia col Padre i figli dispersi (cf Gv 11,52), in intima comunione con Maria, prolungando gli atteggiamenti cultuali che qualificarono la sua vita consumata a lode del Padre: con Maria la Chiesa loda, benedice, esalta Dio, associandosi al canto della Vergine del Magnificat; con Maria ascolta la Parola di Dio, la conserva nel cuore, vi aderisce con fede pronunciando il oblativo; con Maria partecipa al mistero pasquale di Gesù, lasciandosi coinvolgere in prima persona nell'opera della redenzione; con Maria implora e attende dal Padre il dono dello Spirito santificatore che consacra la vita dei credenti; con Maria cammina, forte nella speranza e operosa nella carità, verso l'incontro con Dio nella Gerusalemme del cielo.
       La comunione orante dei fedeli con Maria si alimenta nell'imitazione delle sue virtù, esemplari per ciascuno e per l'intera comunità: come Maria gli oranti aprono i loro spiriti per diventare il tempio di Dio, il luogo in cui egli ha scelto di essere adorato in spirito e verità; come Maria presentano la loro vita a Dio Padre, pronti a attraversare con fortezza le prove che comporta il fare la volontà divina; come Maria si lasciano spingere dal soffio missionario che muove a farsi portatori del Vangelo nel mondo; come Maria stanno in silenzio davanti agli incomprensibili disegni di Dio, ripetendo in cuore l'assenso evangelico della fede; come Maria rendono grazie per la misericordia che il Padre celeste estende di generazione in generazione.
       Il popolo consacrato al Signore prega dunque con Maria e come Maria (cf Introduzione alle Messe della Beata Vergine Maria, nn. 9-10 e 12-13), riconoscendo nella Vergine il modello della preghiera della Chiesa (cf Marialis cultus, nn. 16-23: Vergine in ascolto, Vergine in preghiera, Vergine Madre e Vergine offerente). Non è tanto importante il fatto che Maria abbia pregato (come tanti in Israele) quanto piuttosto l'atteggiamento interiore che motivava la sua orazione, tradotto in vita vissuta, insieme al contenuto della preghiera (abbiamo visto il Magnificat). Già sant'Ambrogio ricordava che "dev'essere in ciascuno dei cristiani l'anima di Maria per magnificare il Signore; dev'essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio" (Expositio Evangelii secundum Lucam II, 26).

Conclusione

       Ogni sera, nell'ufficio dei Vespri, da veneranda tradizione la comunità cristiana insieme al Padre nostro intona anche il cantico della Beata Vergine: la voce della "figlia prescelta del Padre", risuona nelle voci dei figli di Dio. E' facile scorgere in Colei che ha offerto se stessa come lode vivente, santa e gradita al Padre il riflesso della vocazione condivisa da tutti i battezzati (cf Rm 12, 1-2). La lode elevata con Maria al Padre che ha posto sulla storia il sigillo della Pasqua del suo Figlio, impegna gli oranti a vivere sull'esempio della Vergine del Magnificat.
       La donna che in virtù dello Spirito Santo è divenuta tempio del Sacerdote eterno, sempre vivo ad intercedere per noi presso il Padre (cf Eb 7, 25), è specchio della Chiesa in preghiera. In Maria, dimora del Dio vivente, si è stabilito il sacrificio dell'eterna Alleanza che è Cristo Redentore; dal suo grembo si è elevata al cielo la lode perfetta del Verbo incarnato; da lei ha preso forma il Pane disceso dal cielo che dà la vita al mondo; da lei è sgorgato per noi il Sangue versato per tutti. La celebrazione dell'Eucaristia, massima espressione di lode e ringraziamento dei figli al Padre che sta nei cieli, riconduce, infatti, all'ora dell'Incarnazione, ora che associa in un'unica oblazione di lode il Verbo che si fa carne e la Vergine che ne diviene la Madre, lasciandosi segnare l'esistenza dal fuoco dello Spirito. Per questo, celebrando l'Eucaristia la Chiesa guarda a Maria, sperimentandone la sua vicinanza esemplare e la sua comunione di preghiera.
       Il testo del prefazio II della Beata Vergine Maria, esprime bene la convinzione che il cantico della "figlia prescelta del Padre" guida il canto di lode dei figli di Dio:

"E' veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
renderti grazie, o Padre,
per le meraviglie che hai operato nei tuoi santi,
ma è soprattutto dolce e doveroso
in questa memoria della beata Vergine Maria
magnificare il tuo amore per noi
con il suo stesso cantico di lode.
Grandi cose tu hai fatto, Signore,
per tutta l'estensione della terra,
e hai prolungato nei secoli
l'opera della tua misericordia,
quando, volgendoti all'umile tua serva,
per mezzo di lei ci hai donato il Salvatore del mondo,
il tuo Figlio, Gesù Cristo, nostro Signore".