MARIA
A SERVIZIO DELLA CREAZIONE E DELLA VITA
INTRODUZIONE
Una delle preoccupazioni più forti
della nostra epoca sta nel rendersi conto di come sia seriamente compromesso
l'equilibrio dei fattori che, nella loro interdipendenza, garantiscono
al mondo la sua sopravvivenza. Molteplici sono le cause di disgregazione
e da esse l'uomo non è totalmente estraneo. Tutti questi fattori tuttavia
si inseriscono in una più ampia cornice rappresentata dal valore della
vita, dono prezioso offertoci da Dio e realizzato in tutta la sua valenza
cosmica e temporale dall'azione salvifica operata da Cristo. È Lui ad
aver restituito all'uomo la dignità perduta a causa del peccato.
Ora, tale fattore disgregante del
peccato è tenuto in conto dalla preghiera della Chiesa che celebra l'Eucaristia,
cioè si immerge quotidianamente in un tempo propizio per crescere e maturare
nella fede e portare il messaggio della vita ai lontani e, prima di tutto,
attuarlo.
Attraverso l'Eucaristia, il significato
della vita viene riaffermato con forza nella vittoria di Cristo sul peccato
e sulla morte. Il fatto che Egli è lo stesso "ieri, oggi e sempre" (Eb
13,8) viene professato nell'acclamazione dopo il racconto dell'Istituzione:
"Acclamiamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione nell'attesa
della tua venuta". Ebbene: la comunità credente (e professante la propria
fede) contempla i misteri salvifici, i mirabilia Dei, eventi e persone,
tra i quali Maria ha un luogo del tutto speciale. C'è da osservare che
il rapporto tra Maria e la creazione ed il servizio che la Madre di Dio
svolge a favore della vita e del cosmo è molto articolato, tale da prendere
in considerazione diversi aspetti. Ma essi possono essere individuati
attraverso una riflessione sul testo della Colletta della S. Messa "Maria
Vergine, Sede della Sapienza"1.
Ne riportiamo il testo:
Padre della luce, che per risollevare in Cristo
l'umanità decaduta hai eletto la Vergine Maria come sede della
Sapienza, donaci con il suo materno aiuto una coscienza profonda
dei nostri limiti, per non lasciarci travolgere dall'orgoglio
e servirti con l'umiltà che a te piace. Per il nostro Signore
Gesù Cristo....
In questo testo eucologico troviamo
almeno quattro linee di osservazione che, nel loro insieme, ci mostrano
la reale consistenza del ruolo che Maria svolge nei confronti della vita
e del cosmo. Divideremo perciò questo nostro contributo in cinque parti
delle quali le prime quattro avranno come titolo altrettanti aspetti che
troviamo in questa preghiera. Nella parte conclusiva tenteremo un bilancio
globale dell'importanza che la Vergine Santa mantiene nel suo essere la
prima e più grande promotrice di vita.
I. UMANITÀ
DECADUTA
Possiamo partire con un dato di
fatto molto realistico: nel nostro mondo la vita è minacciata. Diverse
sono le manifestazioni, unica la causa. Manifestazioni come la violenza,
la fame, la miseria, la paura hanno privato l'uomo della sua caratteristica
fondamentale: l'umanità. La causa unica che agisce in modo trasversale
percorrendo luoghi ed epoche diverse è il peccato. Non c'è bisogno di
aprire i libri di teologia o di sociologia per accorgersi di come e quanto
il peccato operi in termini di disfacimento: lo constatiamo perché viviamo
a contatto con esso.
I. 1. Origine e caduta
Il primo elemento da considerare
perciò è l'umanità decaduta, ma perché ? Le prime pagine del libro della
Genesi ci mostrano un Dio all'opera, un Dio che mette ordine nel caos2.
Da esso emerge qualcosa di nuovo; il cosmo con un carattere fondamentale:
la bontà (Gen 1,25). Bontà che è dono che Egli elargisce: l'ambiente
stesso, completo di ogni essere vivente, regolato dai cicli cosmici e
dai fenomeni naturali è pronto per accogliere l'uomo, quella creatura
formata a sua immagine e somiglianza (Gen 1,26)3.
Qui la bontà aumenta di intensità (Gen 1,31): contemplando con
gioia la creatura che Egli ha prodotto, Dio se ne compiace, lo ama ! In
cuor suo l'ha già destinato ad una gloria grande poiché fin da ora lo
ha eletto suo collaboratore.
L'uomo è ora proclamato "signore"
del creato, impegnato a vivere in una duplice armonia: con Dio e con il
cosmo4.
Già nel primo racconto della creazione in Gen 1 si avverte tale
armonia ed essa si manifesta esplicitamente nel v. 28 ("Siate fecondi
e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela") in due momenti:
la riproduzione, ossia il perpetuare la vita, attraverso la quale Dio
intende offrire un futuro5.
In secondo luogo, il soggiogare la terra non soltanto servendosene per
i bisogni primari allontanandosi da un fine o da propositi di distruzione6,
ma anche "nel fatto che l'uomo, e per mezzo di lui tutta la creazione,
elevino un canto di benedizione a Dio perché è enorme il suo amore e la
sua misericordia"7.
Tutto è davvero un paradiso, quello terrestre: il giardino, luogo di delizie
al cui vertice c'è appunto l'armonia, l'amore immacolato e senza ombre
tra Dio e l'uomo (cfr. Gen 2,28). Egli è nudo, non prova vergogna (Gen
2,25): non deve nascondere nulla, non soltanto le parti esteriori, ma
neppure il cuore e la mente.
Ma qualcosa all'orizzonte minaccia
e guasta: "conoscendo il bene e il male sarete come Dio" (cfr. Gen
3,5). Basta questo per deformare i rapporti: non più l'armonia, ma la
sopraffazione; non più la limpidezza, ma la paura e la falsità8.
La stessa immagine di Dio proposta dal serpente non è quella vera e reale:
si tratta di un Dio dipinto nei termini dell'egoismo, quando in realtà
sappiamo che Egli è il Dio che ha creato il mondo e l'uomo e che gode
del suo donarsi ed anche il suo potere, il suo dominio sono sotto il segno
dell'amore. Ma, istigato dal Maligno, l'uomo va in direzione inversa,
compie il peccato, considerandolo il modo giusto per arrivare al bene.
Qui sta il nucleo della proposta del Maligno9,
che ha le sue ripercussioni non solo sull'uomo, ma sui rapporti che egli
possiede con l'intero cosmo.
I. 2. Gli effetti del peccato
Chiudendo per il momento la pagina
scritturistica ed aprendo quella del mondo ci si accorge facilmente che
da più parti, nei confronti del mondo in cui viviamo, espressioni come
"Tutto va male" oppure "Si è toccato il fondo" non sono
rare. Tutto questo è indice di insofferenza e di disaffezione verso un
mondo e verso un ambiente che l'uomo - indebolito dal peccato che l'ha
trasformato da signore a tiranno - ha reso sovente inabitabili10.
È chiaro che non si tratta solo di ambiente, ma di tutto un insieme di
comportamenti che attentano alla vita dell'uomo, considerandola non più
come scopo o fine da servire o perseguire con le conquiste del progresso
tecnico-scientifico quanto piuttosto come terreno di sperimentazione.
Proseguendo nel suo magistero a forte
carattere antropologico, Giovanni Paolo II nella sua Evangelium vitæ del
1995 mostra, in modo quanto mai esplicito, le radici del crollo morale
del quale l'umanità è, al contempo, vittima e complice. L'aspetto più
grave è che, per esempio, politica e medicina hanno abdicato alle loro
funzioni di tutela e protezione della vita dell'uomo percorrendo strade
di morte. Una distorsione di nobili arti.
Scrive Giovanni Paolo II:
Il fatto che le legislazioni di molti Paesi, magari
allontanandosi dagli stessi principi basilari delle loro Costituzioni,
abbiano acconsentito a non punire o addirittura a riconoscere la piena
legittimità di tali pratiche contro la vita è insieme sintomo preoccupante
e causa non marginale di un grave crollo morale: scelte un tempo unanimemente
considerate come delittuose e rifiutate dal comune senso morale, diventano
a poco a poco socialmente rispettabili. La stessa medicina, che per
sua vocazione è ordinata alla difesa e alla cura della vita umana,
in alcuni suoi settori si presta sempre più largamente a realizzare
questi atti contro la persona e in tal modo deforma il suo volto,
contraddice se stessa e avvilisce la dignità di quanti la esercitano11.
Molto vicino a noi si situa il recente
documento della Pontificia Accademia Mariana Internazionale (PAMI) intitolato
"La Madre del Signore. Memoria, presenza, speranza", che ha efficacemente
individuato due aree dove è maggiormente visibile questa preoccupante
situazione del mondo12.
Un primo campo è quello ecologico in cui tra gli altri effetti si segnalano
la desertificazione, gli incendi e l'inquinamento, mentre il secondo -
quello sociale ed etico - tocca, invece, più direttamente l'uomo nella
sua concretezza, come essere sottoposto alla violenza, allo sfruttamento,
alla strumentalizzazione per scopi anti-umani. È chiaramente soggiacente
un'errata idea di libertà spogliata e staccata da ogni risvolto metafisico
e trascendente al quale è costitutivamente orientato l'uomo13.
Anteriore a questo documento, al
termine del 210° Capitolo Generale14
svoltosi nel 1995 a Città del Messico, l'Ordine dei Servi di Maria stilò
un suo contributo per la Chiesa universale dal titolo eloquente Servi
del Magnificat15.
In esso, una parte notevole è stata dedicata al tema della vita ma anche
di quei molteplici ed inquietanti aspetti che, purtroppo, ne favoriscono
la disgregazione. Il tutto chiaramente svolto sotto un'ottica mariana.
La descrizione presentata da SdM è molto attraente anche nello
stile ricco di figurazioni scritturistiche, nonché di elementi sui quali
la tradizione credente, orante e vivente della Chiesa torna costantemente
a riflettere. Prendendo lo spunto da Ap 6, ad esempio, viene ritratta
la lotta tra il cavallo bianco e gli altri tre (rosso, nero e verdastro)
ai quali vengono associati quattro tipi di mali che affliggono l'umanità:
fame, guerra, ingiustizia criminosa e devastazione ecologica16.
Ognuna di tali manifestazioni opera una lacerazione: la fame opera i maggiori
guasti, quindi la devastazione ecologica - felicemente definita come il
"risultato di un antropocentrismo assoluto"17
- che ha posto con estrema urgenza il problema ecologico che permette
di considerare attentamente la bontà del creato18.
Comune tratto di entrambi questi documenti
è il registrare come il decadimento del cosmo e il decadimento dell'umanità
sono fattori che, tra loro, si richiamano e che possono essere risolti
attraverso la precisazione dei limiti entro i quali l'uomo deve esercitare
il suo dominio sulla terra19.
Ed è appunto il problema ecologico,
quello che viene discusso vivacemente da alcune correnti ed esponenti
della teologia contemporanea; nell'insieme delle loro posizioni si riscontra
l'unanimità nel ridurre e nel ridimensionare le pretese di dominio dell'uomo
sul cosmo mostrando come in esso (e non solo nell'uomo) è presente la
vita20.
II. COSCIENZA
PROFONDA DEI NOSTRI LIMITI
In base a quanto detto, il peccato
- qualunque esso sia - appare sempre una realtà oscura che offende anzitutto
chi se ne rende autore, ma il prendere coscienza di esso e dalla limitatezza
che da esso si origina è già un primo passo verso il cambiamento (cfr.
1 Gv 1,8-9). È la cosiddetta "penitenza interiore" di cui
parla il Catechismo della Chiesa Cattolica e che è frutto di una lunga
tradizione teologica e spirituale21.
L'uomo è qui facilitato in due direzioni: dagli effetti che il peccato
porta con sé nell'ambito dei rapporti interpersonali ed il secondo rappresentato
dalla singolare vicenda della Vergine Santa: donna che è parte integrante
di quell'umanità che prende coscienza della propria situazione. Vediamo
attentamente questi elementi.
II. 1. Il recupero degli elementi
minacciati
Circa il primo punto è ormai nota
la differenziazione, in sede teologica, tra i concetti di peccato originale
originante e peccato originale originato, applicato alla disobbedienza
dei nostri progenitori. Molto è stato scritto in manuali e monografie
su questo aspetto. Sta di fatto che, sin dalla disobbedienza iniziale
e attraverso di essa, la separazione all'interno dell'umanità stessa e
di questa con il cosmo intero è andata allargandosi, usando un'espressione
familiare e parlata, "a macchia d'olio". A nulla servono i tentativi di
giustificazione dei progenitori in Gen 3,11-13, anzi sono proprio
essi a mostrarci l'inizio di una storia che, se agli inizi - dopo la creazione
- era idillica e perfettamente comunionale, ora - dopo aver ceduto al
serpente ed accolto la sua proposta - si intride di peccato e mostra quelle
fratture che sono i prodotti dell'individualismo22.
Gli eventi successivi fino alla Torre di Babele lo confermano. Le distruzioni
(diluvio) e le dispersioni (Babele) che incontriamo in Gen 4-11
si mostrano già ora come quegli strumenti con i quali Dio ferma l'uomo
nelle sue azioni ispirate dall'idolatria. Il "sarete come Dio"
prosegue con il suo potere di illusione ed accecamento. Non solo l'uomo
deve essere al centro del mondo, ma l'uomo può esserlo se riprende
coscienza di essere luogotenente di Dio, custode di quella creazione che
Egli gli ha affidato23.
Togliendo tale comunione ecco che l'uomo manifesta tutta la sua debolezza
e tutta la finitezza dissimulate, o comunque nascoste, da una pretesa
ostentata di libertà che, in realtà, è schiavitù alla parte peggiore di
sé stesso24.
Ritornando al dettato biblico, soltanto
la nuova iniziativa di Dio nel chiamare Abramo riesce ad imprimere una
svolta e a liberare - seppure in ancora in modo incompleto - il genere
umano dal ristagno dell'idolatria. Ad Abramo viene affidata una missione
comunionale: l'uomo vecchio si affida a Dio che lo visita e che gli promette
una discendenza nonostante l'età avanzata che gli impedirebbe di generare.
Il figlio Isacco - che la tradizione cristiana posteriore ha considerato
un'anticipazione del Cristo - rappresenta una novità non solo per la sua
nascita, ma per la sua funzione di capostipite di un nuovo popolo.
Perché tutto questo ? Senz'altro un'anticipazione
della salvezza che vedremo realizzata nel NT con Cristo, ma essa non sorge
in modo spontaneo. La preparazione veterotestamentaria nasce da una precisa
volontà soprannaturale del Dio Creatore e Redentore, tuttavia c'è da osservare
che "il mondo reca certo le tracce del peccato, ma ha anche profondamente
inscritto l'anelito alla salvezza, suo autentico marchio di fabbrica,
sigillo originario del Creatore"25.
Un Dio perciò che produce un bene superiore al peccato e del quale si
fa araldo S. Paolo nel sottolineare che "laddove ha abbondato il peccato,
ha sovrabbondato la grazia" (Rom 5,20). S. Agostino tornerà a distanza
di secoli sull'argomento nel suo De Civitate Dei parlando di un
bene originale26
superiore al male per cui all'uomo non è impossibile pregare dicendo "rimetti
a noi i nostri debiti".
Ciò rende l'uomo cosciente dei suoi
limiti, senza gettarlo nella disperazione, ma facendogli piuttosto scoprire
di essere parte integrante di un cosmo e di una vita segnati dal favore
di Dio: un cosmo dal quale è possibile risalire all'Autore27
perché esso è il luogo dove Dio ha lasciato la sua impronta. Appartenente
a questa nostra umanità - e perfettamente integrata ad essa - è Maria,
la Madre del Signore.
II. 2. La Vergine Maria
Ora prima di intraprendere un discorso
religioso dichiaratamente cristiano e leggendo il Vangelo semplicemente
come un racconto ci accorgiamo di come Maria, attenta alla Parola, prende
continuamente coscienza di sé e del suo rapporto con Dio e con la vita,
e se per i cristiani Ella è la creatura destinata ad una missione particolare,
per i non-credenti o per coloro che non ricorrono subito ad un discorso
di fede, Maria appare più semplicemente persona in ricerca che si interroga.
Anche Lei è pellegrina nella fede28.
Dinanzi a Dio, anche Lei si pone la domanda sul senso della Rivelazione
e della vita (cfr. Lc 1,29).
Se in SdM al n. 63 Maria appare come
"frammento singolare in cui, dopo Cristo, tutto è ricapitolato e in cui
tutto è detto", ciò ha valore non soltanto nella sfera dell'essere, ma
anche nell'azione. Un parallelismo, dunque, con quanto è avvenuto agli
inizi del mondo. Si tratta di quella mediazione che, dall'unico
Cristo (cfr. 1 Tim 2,5-6), si estende a tutti gli uomini29
e che ci permette di leggere in Maria il nostro compito di custodi dell'universo,
apportatori della novità di Cristo e del suo messaggio di redenzione.
Sull'esempio di Maria - portatrice di "Colui che fa nuove tutte le cose"
(cfr. Ap 21,5) e cosciente di sé stessa - è possibile compiere
un itinerario di riflessione su quelli che sono non soltanto i nostri
limiti, ma anche sui germi di luce che il Signore ha deposto nella nostra
umanità30.
Da un lato, quindi, abbiamo le nefaste conseguenze del peccato, mentre
per altro verso l'uomo - creato di poco inferiore agli angeli, ornato
di gloria e di onore (cfr. Sal 8,6) - è chiamato a testimoniare
attivamente e concretamente la grandezza di Dio attraverso l'impiego di
talenti e carismi. Molto opportune suonano allora le parole del documento
della PAMI per il quale "al paradigma individualistico dell'epoca moderna
si sostituisce un modello nuovo, le cui componenti sono la relazionalità
e la solidarietà, la sinergia e la complementarietà:
componenti che rispecchiano l'ordine della natura e sono in perfetta consonanza
con l'insegnamento evangelico"31.
Da questa base prende forza il nuovo significato dell'attività umana nel
mondo e tutte le scienze, ciascuna nel suo campo, possono offrire il loro
servizio che opera nel cosmo e nella storia.
Se le componenti citate dal documento
della PAMI vengono poste in atto è possibile diminuire l'incidenza del
peccato, tenendo contro, tra l'altro, che esse - provenendo dalla bontà
di Dio - rinsaldano la nostra comunione con Lui e la nostra superiorità
all'interno del creato. Questo ha precisi riscontri nel discorso mariano
ad un duplice livello: anzitutto nella considerazione di Maria quale creatura
di comunione e come colei che mostra in pienezza la risposta di senso
che la Rivelazione offre all'uomo32
e, al contempo, la necessità della mariologia di aprirsi sempre più al
dialogo con le altre sezioni della teologia. Una superiorità - proseguendo
in questa linea mariana - intesa come servizio, profondamente aderente
al dettato evangelico espresso dal Magnificat, laddove Maria, dopo
aver accolto la Parola con un atto di fede libero, ecclesiale (di una
ecclesialità che compendia e perfeziona il dato veterotestamentario33),
ma soprattutto determinato dal suo Oggetto34,
unisce ed evidenzia la reciprocità esistente tra le due dimensioni dell'umiltà
e della esaltazione. Leggendo attentamente Lc 1,48 facilmente ci
si accorge che l'esaltazione passa per l'umiltà della serva e, a sua volta,
tale umiltà riceve il suo coronamento nell'esaltazione che è motivo di
gioia espresso dai versetti precedenti. Tutto questo ci mostra che, all'interno
del Mistero di Dio, "insignificanza e incapacità non vogliono dire improduttività
o inutilità (cfr. Sal 30,8 [LXX]; Gen 29,32)"35.
Queste sono le "chiavi" offerte dal
mistero di Dio all'uomo per farsi comprendere ed amare, perché attraverso
l'umiltà e dichiarandosi umile (cfr. Mt 11,29), Gesù Cristo si
presenta come pienezza della Rivelazione di Dio.
La consacrazione-conformazione battesimale
del credente a Cristo e la sua seconda nascita, non possono prescindere
dalla Vergine Santa così come ce la presentano i Vangeli: la creatura
della quale l'Altissimo ha guardato l'umiltà. In effetti, il battesimo
possiede dei tratti mariani da valorizzare36.
In questo, tanto la tradizione orientale come quella occidentale è esplicita
nel rilevarli. Cirillo di Alessandria (+ 444), ad esempio, nota che, attraverso
la Vergine Santa, i credenti arrivano alla grazia del battesimo37.
In Occidente è soprattutto Leone Magno (+ 461) a sottolineare il rapporto
di esemplarità tra Cristo che nasce dalla Vergine Maria e i cristiani
che nascono dalla Vergine Chiesa38.
III. NON
LASCIARCI TRAVOLGERE DALL'ORGOGLIO
La fragilità dell'uomo è tanto più
tangibile ed evidente quanto più insistenti sono le forze che incidono
su di essa. Ciò che determina la caduta dell'uomo sta proprio nel ritenere
queste forze negative, queste sollecitazioni come fattori di realizzazione
e di conseguenza adeguarsi ad essi. Ne nasce l'orgoglio che, come ci ricorda
G. Marcel, esagerando la cura verso sé stessi ci priva di quell'apertura
che mi permette di coglie ciò che è altro-da-me39.
Qui si inserisce un interrogativo di fondo che investe l'uomo e il cristiano.
III. 1. Cristianesimo: origine
del disastro ecologico?
Facciamo un piccolo passo indietro
ed iniziamo questa nuova sezione con una considerazione in base a quanto
si legge si ascolta: spesso il Cristianesimo è stato accusato di essere
in parte responsabile del disastro ecologico che appare sotto i nostri
occhi e ciò è provenuto da un'errata e superficiale lettura ed interpretazione
di Gen 1,2840.
Come rispondere oggi a tali accuse
? Potremmo subito affermare che se di disastro si vuol parlare esso va
ascritto al pensiero scientista e materialista che ha contribuito alla
separazione tra cosmo e Dio.
Il fatto che l'uomo riceve le cose
da Dio, le guarda e le onora come se al presente uscissero dalle sue mani41
ci riporta all'impegno di fondo che l'uomo ha avuto da Dio: partecipare
e collaborare fattivamente alla sua opera. Ciò che si dovrà dire allora,
correggendo l'espressione iniziale, può suonare come segue: non è il Cristianesimo
ad aver favorito lo sfruttamento indiscriminato del cosmo (con tutti gli
scompensi tragici che ne sono derivati), ma un cattivo modo di intendere
la religiosità come fenomeno che lega l'uomo al Divino e all'Assoluto.
Tale deformazione ha avuto diversi effetti: il secolarismo, l'efficientismo,
il tecnicismo che hanno degradato l'uomo ed il cosmo offuscando grandemente
quella capacità di vedere in sé l'orma del Divino42.
III. 2. Sguardo nuovo e contemplativo
sulla creazione
Ma, arrivati a questo punto, quale
mistica si rende necessaria per contemplare l'universo? Senz'altro è possibile
seguire uno stile che si rifà a canoni orientali, servendosi di alcune
istanze, piste e suggerimenti, a patto però di non scivolare in un sincretismo
(ora sottile, ora evidente) con l'integrazione di temi che non appartengono
alla nostra fede43.
Una prima strada percorribile, ma sulla quale fare attenzione è appunto
quella indicata; accanto ad essa si colloca, però quella rappresentata
dalla S. Scrittura che diviene specchio attraverso ci si presenta la creazione
e dinanzi alla quale è possibile operare una meditazione. Nella S. Scrittura,
soprattutto nell'AT, troviamo un numero considerevole di riletture degli
eventi della creazione e, nella maggioranza dei casi, si tratta di testi
a sfondo e dimensione sapienziali.
Di tali testi, quello classico è Prv
8,22-31 che induce non solo alla celebrazione del Dio Creatore, ma ribadisce
un'analogia con l'uomo. Riportiamo il testo rispettando la divisione dei
versetti:
Così parla la Sapienza di Dio: / Il Signore mi
ha creato / all'inizio della sua attività, / prima di ogni sua opera,
fin d'allora. / Dall'eternità sono stata costituita, / fin dal principio,
dagli inizi della terra. / Quando non esistevano gli abissi, io fui
generata; / quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;
/ prima che fossero fissate le basi dei monti, / prima delle colline,
io sono stata generata. / Quando ancora non aveva fatto la terra e
i campi, / né le prime zolle del mondo; / quando egli fissava i cieli,
io ero là; / quando tracciava un cerchio sull'abisso; / quando condensava
le nubi in alto, / quando fissava le sorgenti dell'abisso; / quando
stabiliva al mare i suoi limiti, / sicché le acque non ne oltrepassassero
la spiaggia; / quando disponeva le fondamenta della terra, / allora
io ero con lui come architetto / ed ero la sua delizia ogni giorno,
/ dilettandomi davanti a lui in ogni istante; / dilettandomi sul globo
terrestre, / ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.
La Sapienza è qui presentata felicemente
con tratti antropomorfici, umani e ciò aiuta a riflettere sul modo con
il quale l'uomo può contemplare il mondo ed operarvi in spirito di comunione
con la coscienza umile e discreta dei suoi limiti e, al contempo, consapevole
di essere collocato all'interno del Mistero di amore che lo ha creato.
Già questo è un fecondo punto di partenza per un orizzonte nuovo che può
aprirsi per l'uomo: ponendosi in quest'ottica religiosa intesa - come
prima si diceva - quale situazione di legame con il divino (e che, per
questo, può superare gli steccati confessionali) e nel guardare il mondo
con gli squilibri sovente da lui provocati o innescati, l'uomo è preda
di uno stato di ansietà che lo conduce a chiedersi se ci sia realmente
una via d'uscita.
IV. UMILTÀ GRADITA
AL SIGNORE
Molto importante chiarire bene il
concetto di umiltà che è comune tanto in teologia quanto in filosofia.
IV. 1. Quale umiltà?
Se si considera come umiltà derivi
da humus (terra) si comprende come essa non è altro che un riferimento
al luogo materno delle origini dal quale l'uomo è tratto: l'antico Adamo
ed il nuovo Adamo, cioè l'uomo Gesù Cristo. In entrambi i casi si tratta
di una terra vergine. L'umiltà quindi è connessa con la verginità che
è vera e propria forma di santità intesa come separazione da tutto ciò
che in qualche modo può corrompere ed offuscare.
Separazione, tuttavia, non significa
alienazione. La Lettera agli Ebrei, parlando del Cristo che entra nel
mondo attuando il sacrificio nuovo, sottolinea con parole eloquenti l'importanza
della corporeità (cfr. Eb 10,5.10). Ciò significa che, in luogo
dell'alienazione - che per il pensiero ateo è la sigla dell'uomo che crede
in Dio e che ripone in Lui la sua speranza venendone in tal modo svuotato
e depauperato - la santità-separazione indica incontro e partecipazione,
tale da decretare il trionfo della vita. Dio si muove verso l'uomo assumendone
la terrena esistenza e la consistenza del suo essere affinché l'uomo sia
elevato. L'umiltà quindi, nel suo rapportarsi alla terra come luogo delle
origini, diviene condizione imprescindibile per scandagliare i rapporti
tra Dio e l'uomo, all'interno dei quali la Vergine Santa ricopre un ruolo
fondamentale44.
Si tratta, per quanto concerne la Madre di Dio, di una umanità che - pur
nella sua purezza ed assenza di peccato - non elimina la sua relazione
con la nostra umanità, peccatrice e continuamente insidiata dal "Mysterium
iniquitatis", quanto piuttosto si qualifica nel suo essere "Mater
misericordiæ" e "Refugium peccatorum". Due titoli che appartengono
alla lex orandi della Chiesa e che esprimono una lex credendi orientata
ad un più saldo e robusto vivere cristiano fatto di misericordia e di
opere non soltanto buone, ma atte alla riconciliazione.
Azione materna di misericordia, quella
posta in atto da Maria (ed in questo, l'episodio di Cana - in Gv
2,1-12 - ha molto da insegnarci in termini di generoso servizio alla vita)
e, ancor prima, di costante unità tra Lei ed il genere umano.
In una delle sue più belle omelie,
Germano di Costantinopoli (+ 733), parlando della Dormizione della Vergine
Santa, sottolinea proprio che non c'è stato abbandono dell'uomo da parte
della Madre di Dio, ma lei continua a vegliare su tutto il genere umano45.
Presenza di misericordia, presenza che, in ordine a Cristo, favorisce
la riconciliazione tra cielo e terra, ma tutto questo perché Maria è modello
di perfezione. In tal senso il recupero e l'attenta considera zione del
titolo litanico "Virgo inviolata" che appare in SdM al n.
108 appare più che giustificata e plausibile: collegando Maria alla creazione
ciò non ci impedisce di vedere questa assenza di violenza come
un ritorno ed un recupero fattivo dello stato originario della terra.
L'umiltà allora non è mascheramento, ma naturalità con la quale ci si
mostra quali si è realmente, senza alterazioni46,
e come si è stati creati inizialmente da Dio per un rapporto integro con
la creazione47.
IV. 2. Ap 12: una proposta
sempre attuale
La Virgo Inviolata non è solo
un invito per l'uomo a rifiutare la violenza o il pensiero violento di
sfruttamento, quanto un rimettere al centro quale memoria operativa,
se così possiamo dire, la situazione armoniosa delle origini, non per
rimpiangere un'immaginaria "età dell'oro", ma per agire a favore di un
ambiente più conforme alla dignità dell'uomo fatto ad immagine e somiglianza
di Dio.
Molto opportuno è il considerare il
testo biblico di Ap 12. La donna vestita di sole, immagine - secondo
la felice espressione di H. Urs von Balthasar - di una "Chiesa tutta mariana"48
inondata dalla luce di Dio, si contrappone al drago rosso, capace soltanto
di produrre disordine e male (cfr. Ap 12,4). Ed anche la duplice
fuga della donna che si vede minacciata assume un significato nuovo: non
è allontanamento dalle proprie responsabilità, ma vuole essere per la
Chiesa un monito a non abbandonare la propria situazione di continua lotta
per la vita. Una lotta che si può portare avanti non con la violenza,
replicando male al male, ma con la costante unione a Dio49.
Uno dei significati più profondi di
Ap 12 vede l'umanità stessa rappresentata dalla donna (e di cui
l'Israele antico e la Chiesa dei tempi nuovi sono parte integrante e migliore
nel loro impegno di testimonianza) che si trova in una situazione difficile
per le minacce del drago, e successivamente compiersi un destino di gloria
tale da infondere speranza nelle varie traversie50.
L'uomo è libero di scegliere: o seguire
il drago apocalittico che continua oggi a sconvolgere gli equilibri con
il complesso delle varie ideologie, i sistemi ed i codici di distruzione
a vasto raggio oppure guardare alla Virgo Inviolata, a Maria Immacolata
ossia rendersi conto della gloria alla quale Dio ha chiamato il mondo,
non un destino di distruzione o di anonimato, ma il recupero del valore
della vita perché solo attraverso di essa è possibile scrutare la grandezza
e la potenza di Dio, una potenza alla quale l'uomo può partecipare e farsene
strumento e ciò avviene totalmente nel mistero pasquale al quale il testo
di Ap 12 allude fortemente. L'impegno del cristiano nel mondo è
essenzialmente impegno alla vita affinché essa trionfi. All'interno di
tale programma di vita si colloca la Madre del Signore, terra umile e
vergine che addita all'uomo, nel Cristo, la luce per uscire da strade
senza ritorno e la forza per non cedere agli allettamenti e alle mode
di una pubblicità ed una violenza tanto impudenti quanto scalmanate. In
parallelo a Cristo - Alfa e Omega della creazione - e plasmata dallo Spirito,
Maria si pone quale terra vergine degli inizi, dove la vita serenamente
abbonda (cfr. Gen 1,24) e, al contempo, rappresenta la realtà finale
che testimonia concretamente il trionfo della vita sulla morte e sulle
tante manifestazioni di male che fanno guerra alla vita e all'uomo (cfr.
Ap 12,17).
IV. 3. Bellezza e sapienza di
Maria parametri per l'uomo
In un suo discorso del 1992 Giovanni
Paolo II osservava che in Cristo uomo perfetto "il progetto antropologico
di Dio ha raggiunto la perfezione assoluta. Ora nella radice di Cristo
- la sua concezione nel grembo di Maria - è nella sua nascita alla vita
definitiva - dal sepolcro inviolato - vi è un "elemento verginale" di
grande portata in riferimento al suo essere, alla sua esemplarità per
tutti i suoi discepoli"51.
Per questo motivo ogni uomo e donna
che contemplano Maria quale "specchio posto davanti alla creazione che
aspira al rispetto della sua integrità"52,
non possono restare indifferenti alla richiesta di pacificazione che sale
dalla terra attraverso le voci della natura. Significative in merito le
parole con le quali SdM conclude la trattazione relativa ai rapporti tra
Maria ed il cosmo: "Maria di Nazareth - nota il documento - non subì corruzione.
Degrado e inquinamento le furono estranei"53.
"Tota pulchra es Maria". Questa
frase non si limita ad un semplice, seppur suggestivo, titolo litanico,
ma manifesta la profondità di una reale condizione54.
Se - come osserva Giovanni Damasceno nella sua Omelia della Trasfigurazione
del Signore55
- l'uomo è per costituzione un microcosmo tale da portare in sé il vincolo
di ogni essenza visibile ed invisibile, la presenza di Maria - indice
di una umanità perfetta - induce a pensare nei termini delle origini dove
la bontà delle cose che Dio crea, in forza della loro armonia, si sposa
con la bellezza e questo perché tutta la creazione è orientata verso un
tèlos che la realizza e che è Dio stesso. Proseguendo nel suo discorso,
G. Damasceno osserva che è piaciuto al Signore, creatore e governatore
dell'universo che nell'unico Figlio a lui consustanziale si facesse l'unità
della divinità e dell'umanità e per mezzo di questa di tutta la creazione
perché Dio fosse tutto in tutti56.
Ragion per cui è possibile proseguire su quella strada e portare avanti
le sue istanze nell'elaborare un'estetica teologica che non si limiti
a parlare della bellezza, ma lasci che essa parli all'uomo contemporaneo.
IV. 4. Bellezza di Maria e bellezza
della creazione
C'è da osservare che se questa unità
della creazione con la divinità si è attuata tramite la persona del Figlio
eterno e consustanziale, questo fa sì che la bellezza della creazione
non è riducibile alle mode o ai gusti passeggeri, quanto piuttosto è il
linguaggio attraverso il quale Dio non soltanto parla nella creazione
e all'uomo, ma mediante il parlare tale linguaggio l'uomo può conoscere
e ritrovare quella verità, bontà, unità e bellezza che egli porta in sé,
essendo stato formato a immagine e somiglianza di Dio, e che, nel loro
insieme, lo realizzano tanto come credente quanto come creatura, uomo
o donna che sia.
Di questo si è fatta eco la PAMI nel
suo documento, riprendendo ed approfondendo quanto Paolo VI, già alla
metà degli anni '70, sottolineava proprio in relazione alla bellezza attraverso
l'immagine della donna apocalittica57.
Se - come osserva ancora il documento La Madre del Signore - la
via della bellezza è passata da "strumento pastorale" alla categoria di
"strumento di indagine teologica", la riflessione mariologica non ha costituito
certo un ostacolo oppure un pregiudizio, anzi l'ha favorita grandemente.
"La Tota pulchra - nota il documento - è in strettissimo contatto
con Dio, la sorgente stessa della bellezza, che ella copiosamente riceve,
da cui è pienamente plasmata; la diffonde, dopo Cristo, sul Cosmo e la
rimanda, trasfigurata in inno di lode e di ringraziamento, alla Fonte
da cui proviene"58.
Tutto questo lo ritroviamo nell'Omelia
sulla Dormizione di G. Palamas (+ 1359) quando il grande monaco e vescovo
di Tessalonica pone la Vergine in situazione mediana tra i due mondi:
umano e divino. "Essa sola è il confine tra natura creata e increata e
nessuno potrebbe andare a Dio se da lei non fosse illuminato di splendore
divino: Dio sta in mezzo ad essa; non vacillerà (Sal 45,6)"59.
Senz'altro è possibile notare in questo
testo una dimensione ecclesiale, ma ciò che interessa è la posizione (prioritaria
rispetto a quella ecclesiale) che Maria ricopre di "Vertex creationis"60
per cui Maria rappresenta senz'altro il "sì" di Dio all'uomo, ma un "sì"
che Dio non pronuncia esteriormente, ma prendendo e nobilitando quella
creazione della quale Maria è la parte più eminente61,
tale da sancirne il progressivo processo di théosis.
V. IL RUOLO
DI MARIA
Abbiamo qui un interrogativo di fondo
che si impone con certa urgenza: come è possibile parlare della Vergine
Santa quale Serva del Signore, da Lui stesso collocata a servizio della
vita e del cosmo? La risposta possiamo trarla ancora una volta dalla S.
Scrittura e, in modo particolare, riprendendo l'episodio delle nozze di
Cana (cfr. Gv 2,1-12).
V. 1. Ritorno a Cana
Cominciamo con il dire che in tale
episodio abbiamo almeno tre motivi di interesse: un insieme di elementi,
di simboli e di segni tra loro collegati, l'atteggiamento di collaborazione
proprio di Maria e, al centro e più importante, la sovranità di Cristo
sulla creazione, sovranità in ottica di rinnovamento e compimento. Tali
motivi non sono staccati, ma vivono e trovano il loro significato in reciproca
connessione.
Circa la simbolica soggiacente al
testo, essa è stata evidenziata molto bene da A. Serra a partire dal significato
del numero 6, il numero delle giare, che " rappresentano le sei epoche
del mondo, nel corso delle quali è stata rivelata la Torâh. Siccome ciascuna
giara realizza il numero 6, ossia la totalità, potremmo dire che ogni
età della Legge mosaica era in cammino verso la pienezza rappresentata
da Cristo"62.
Con la sua presenza in parole ed opere, Cristo completa quanto è stato
rivelato prima di lui e lo orienta alla sua persona: nel suo affacciarsi
alla storia, Cristo ne rappresenta la totalità ultima. Di qui discende
anche il secondo elemento costituito dal cambio dell'acqua in vino: alla
Torâh, all'AT si sostituisce la Nuova Legge, quella dell'Alleanza Nuova
tra Dio e l'umanità racchiusa e compiuta dalla persona di Cristo63
che è Colui che fa nuove tutte le cose (cfr. Ap 21,5).
A tutto questo progetto posto in azione
dal Figlio di Dio, Maria collabora silenziosamente limitandosi a far osservare
la mancanza del vino in quel banchetto, circostanza pregiudicante la riuscita
di esso. Si tratta di un atteggiamento di somma discrezione oltre che
di partecipazione gioiosa ad un evento - come le nozze - che celebra il
trionfo della vita. Ed è proprio questo trionfo che il Figlio di Dio -
con il suo primo miracolo - inizia a siglare nel mondo e nella storia.
Se con Lui entra nel tempo il valore più profondo e più alto della vita,
Maria oltre ad esserne la prima a beneficiarne, è, al contempo, la prima
a rendersene promotrice. "La beatitudine di Maria è dovuta proprio alla
sua capacità di lasciar entrare nella propria vita il mistero di Dio e
renderlo operativo con la sua collaborazione"64.
Non deve meravigliare allora la sua premura, unita a profonda discrezione,
nel rilevare che non c'è più vino alla festa e - accanto a ciò - non deve
stupire più di tanto il rinviare a Cristo per ricevere da Lui la novità
rappresentata dal fatto che, con il suo vino, Egli come Dio torna ad offrirsi
come Sposo dell'intera umanità.
Il mutamento dell'acqua in vino concorre
a rendere gioiosa l'atmosfera di un mondo che sappiamo essere piagato
da ogni sorta di male e di squilibrio. Ma, pur con le sue difficoltà,
il mondo resta sempre creatura di Dio bisognosa di trasformazione. In
tal senso è possibile attuare una ricomprensione di questa storia e della
creazione non come pure entità che passano o sulle quali è possibile spadroneggiare,
quanto piuttosto luoghi entro i quali Dio vuole far festa con noi e per
noi.
E la festa per eccellenza è la Pasqua:
evento in cui l'uomo e la creazione vengono rivestiti nuovamente della
gloria di Dio di cui Maria è già partecipe: Vergine Annunziata e piena
di grazia (cfr. Lc 1,28) e Vergine Assunta alla quale i cristiani
e tutti gli uomini possono guardare alla creatura "nella quale si sono
compiute le meraviglie di Dio, le meraviglie della grazia e sono invitati
a camminare verso la stessa meta"65.
V. 2. Fede e testimonianza
Anzitutto il tema della fede: il
v. 11 ci ricorda la manifestazione di Cristo alla quale si accompagna
il fatto che "i discepoli credettero in Lui". Primo passo verso un vero
servizio è la fede: aderire alla proposta di un Dio che, gratuitamente,
si rende servo per fare dell'uomo da tutto ciò che lo offende. Anche noi
- sorretti dalla fede - ci troviamo come discepoli di Cristo nell'analoga
situazione di coloro che hanno assistito al miracolo di Cana.
Accanto alla fede (e da essa derivante)
una testimonianza coerente in direzione di una reale promozione della
vita. È chiaro che la lode e la venerazione a S. Maria non possono restare
staccati e isolati da una condotta coerente, sempre in connessione con
la circolarità lex orandi, lex credendi, lex vivendi
nella quale si attua una sinergia di elementi utili ad un servizio che
renda credibile la grandezza di Colui che è venuto per risanare le antiche
rovine (cfr. Is 61,1-2 e Lc 4,16-21).
Tutto questo è vita recuperata con
una forza maggiore rispetto a quella propria del drago apocalittico e,
come vita recuperata e valorizzata, induce alla festa che è tale solo
se celebra l'armonia e la comunione dell'uomo e del cosmo con Dio che
ne è l'Origine e, nel celebrare, vive costantemente con scelte coerenti.
Gli invitati alle nozze non digiunano, né sono in lutto o afflitti quando
lo sposo è con loro (cfr. Mt 9,15), ma fanno festa, che non è euforia
disordinata e chiassosa, quanto piuttosto gioia di ritrovarsi con Colui
che dona la vita e la dona in abbondanza (cfr. Gv 10,10). Venendo
meno l'Autore della Vita, mettendolo in un angolo sotto la falsa idea
che esso possa limitare lo spazio dell'uomo, non si tarda ad entrare nel
mondo dell'errore, della non-chiarezza e dell'incompletezza. Ma soprattutto
smarrendo il senso della vita se ne acquistano e se ne sposano quei moduli
che ne incoraggiano il disprezzo e che si alleano ad azioni che, come
abbiamo già detto, offendono gravemente Dio ed il cosmo.
CONCLUSIONE
"Fuggite il male con orrore, attaccatevi
al bene" (Rom 12,9). Il pressante invito di S. Paolo alla comunità
di Roma oltrepassa spazio e tempo e giunge a noi nella sua freschezza.
"Fuggite il male con orrore…"
è allora soltanto un aspetto del vivere cristiano. Un male che non è soltanto
il peccato puntuale (piccolo o grande che esso sia), ma è - in modo più
apparentemente innocuo - il limite, l'incompletezza proprie del genere
umano. Allontanarsi da questo limite significa non ristagnare nella mediocrità
e nell'accogliere acriticamente quegli schemi che vengono oggi proposti
come latori di una realizzazione che, ben presto, si rivela illusoria.
Oltrepassare questo limite significa crescere e far crescere. Qui si cala
la forza di persuasione di un discorso su Maria. "È Lei la donna la cui
"cultura" fu a tal punto "la coltivazione di un essere umano" che la sua
esperienza al riguardo coincise col "culto" dovuto a Dio solo"66.
"…attaccatevi al bene" è la
seconda parte del monito paolino che è possibile ricondurre alla felice
espressione "coltivazione di un essere umano"; essa ci indica le due direzioni
del servizio di Maria: all'uomo e, attraverso di lui, al mondo. Servizio
all'uomo, perciò servizio alla vita, anzi all'Autore della Vita: attaccamento,
fatto di comunione, al Bene Sommo dell'umanità e che è la vera Fonte della
Vita, indice di una novità che sempre si ripropone nella sua attualità.
"…attaccatevi al bene": non
si tratta di un bene statico, ma si è dinanzi ad una Persona che ci spinge
a compiere il bene e che rende l'uomo protagonista di un'azione di bene
per sé per gli altri e per il cosmo.
Soprattutto e più visibilmente nell'episodio
di Cana, Maria - la Nuova Eva, la prima Redenta - può indirizzare l'uomo
a Dio67,
affinché collabori con Lui alla trasformazione, alla promozione gioiosa
della vita. La festa della vita indica il trionfo della fede. È possibile
allora osservare che il modo con il quale Maria si pone "davanti a noi
come luce per i problemi della nostra umanità è insieme presenza, esemplarità
e richiamo a collaborare con lei oggi per rendere presente la cultura
dell'amore di Dio che è vita e Risurrezione"68.
Si impone perciò un atteggiamento
vitale, ottimistico, ma non superficiale: ripartire dalla positività e
dalla bellezza della creazione per vedere attraverso di essa l'Originaria
Bellezza che ha un volto ed un nome: Gesù di Nazareth nel quale tutte
le promesse di Dio hanno il loro "sì" (cfr. 2 Cor 1,20). Un "sì"
alla salvezza, alla vita e alla cultura che da essa proviene. Un "sì"
potente, insomma, entro il quale si modellano tutti gli atteggiamenti
che parlano di promozione e rispetto della vita69.
Qui Maria rientra a pieno diritto e proprio per la convergenza di intenti
- esemplare per l'uomo - assume quella grandezza che, nel suo stile così
personale, Pierre Teilhard De Chardin illustra quale "gemma scintillante
della Materia, la Perla del Cosmo e suo punto d'attacco con l'Assoluto
personale incarnato, la Beata Vergine Maria, Regina e Madre di tutte le
cose..."70.
Una visione affascinante e che è suscettibile
- se vogliamo - di ulteriori approfondimenti, ma basta la sua carica dirompente
a rinsaldare la speranza in un miglioramento del nostro mondo con il ricordare
all'uomo la sua singolare vocazione di collaboratore con il Creatore e
custode dell'universo.
P. Luca M. Di Girolamo osm
Viale XXX Aprile, 6
I - 00153 ROMA
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