MARIA CONSOLAZIONE DEGLI AFFLITTI

Basilica di S. Maria in via Lata (Roma), 9 marzo 2002

      Questa meditazione è suggerita dalle situazioni attuali di grande dolore: guerre, sfruttamento e disprezzo dell'uomo da parte dell'uomo (sulle donne, sui bambini, in paesi del terzo e quarto mondo), malattie, conflitti generazionali, arroganza dei potenti, ecc.; e questo proprio perché la donna, soprattutto se madre, ha una capacità unica di soffrire, amare, consolare; di ridare vita e riaccendere la speranza. E che dire di Maria archetipo della donna secondo il progetto creativo di Dio?

Afflizione vs consolazione

      Introduco il tema con due testi: dalle "Beatitudini" (Mt 5, 3-10) e dall'Esodo, in cui Dio reagisce al grido del suo popolo: Es 3, 7-12.

1. Beati gli afflitti perché saranno consolati (paraklhqh/sontai) (Mt 5, 4).
     Beati voi che ora piangete, perché riderete (Lc 6, 21).

     Consolazione dall'afflizione: l'afflizione viene tolta dalla consolazione (para/klhsij): il termine è usato da Luca e da Paolo per descrivere la funzione della profezia, dono dello Spirito Paraclito, che consente di proclamare con efficacia la parola di Dio: "La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore" (Eb 4, 12).

      Potenza dall'impotenza: la nostra afflizione è legata alla nostra impotenza: di fronte alla malattia, alla morte e alla libertà degli altri. Ora lo Spirito Paraclito è proprio colui cui nulla è impossibile, poiché con la sua presenza rende possibile l'impossibile: Sara (Gen 18, 14), Maria (Lc 1, 37), la salvezza del ricco (Mt 19, 26). Lo Spirito Santo è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1, 16), nel senso che il Fuoco di Dio divora i nostri piccoli fuochi (Dt 4, 24).

      Riso dal pianto: Luca descrive il contrasto dai suoi effetti, sottolineando più la concretezza dell'afflizione e della consolazione: "Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo" (Sal 126, 5).

2. Il Signore disse a Mosè: "Ho osservato la miseria del mio popolo... ho udito il suo grido...
     Il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione
     con cui gli Egiziani li tormentano
(Es 3, 7-12).

      Seguendo questo testo l'afflitto è l'oppresso, l'umiliato; l'uomo privo della libertà e ridotto all'impotenza. Però siccome il Signore promette al suo popolo: "Voi servirete Dio!", viene da pensare che l'afflizione più profonda sia l'impossibilità di "servire il Signore", meglio, "di adorarlo in spirito e verità" (Gv 4, 23). La radice profonda dell'afflizione è la mancanza d'un rapporto di conoscenza ed amicizia con Dio; l'afflitto è colui che ha paura di Dio (padrone) e non conosce il Padre. Quindi l'afflizione ha una causa prossima (la schiavitù, l'Egitto) e una causa remota (la non conoscenza della paternità di Dio, rivelata e donata mediante l'incarnazione del proprio Figlio).

      La consolazione nasce dall'intervento di Dio che libera l'uomo dalla sua schiavitù, dal suo Egitto; anzi Dio si rivela Signore proprio nel gesto di liberare l'uomo: "Io sono il Signore!" (Es 6, 1-8). Però il nostro Egitto è il nostro conflitto con Dio, il nostro peccato; e quindi la liberazione (redenzione) diventa "condono" del nostro debito incalcolabile con Dio (Ger 31, 34: non mi ricorderò più dei vostri peccati!). Il passaggio dall'afflizione alla consolazione è bene espresso dalla parabola del servo spietato in Mt 18, 23-35. "Impietositosi del servo il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito". Utile sapere che 10.000 talenti equivalgono a 55 milioni di lire oro; e una lira oro aveva un valore superiore alla paga giornaliera attuale d'un operaio!. Ora il pieno condono si realizza nella croce di Gesù, per la quale è annullato ogni nostro debito con Dio (Col 2,13-14). Il senso della nostra consolazione è questo: "voi afflitti ora siete beati, perché è giunta a voi la liberazione, la consolazione: sulle vostre spalle non c'è più nessun peso; anche i vostri peccati vi sono stati tolti!". André Chouraqui, che traduce in francese letteralmente il testo greco avendo presente la terminologia ebraica, ci dà la seguente versione di questa beatitudine: "En marche, les endeuillés! Oui, il seront réconfortés! (Coraggio! Coloro che sono afflitti saranno consolati!).

2. Sangue di Gesù e lacrime di Maria

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!" (Gv 19, 25-26).

Stabat Mater dolorosa, Juxta crucem lacrimosa, Dum pendebat Filius. - Cujus animam gementem, Contristatam et dolentem, Pertransivit gladius (Stava la Madre dolente lacrimosa presso la Croce da cui pendeva il Figlio. - La sua anima gemente contristata e dolente fu trafitta dalla spada). Si realizza la profezia di Simeone: a te una spada trafiggerà l'anima (Lc 2, 35).

      Maria si trova unita al Figlio nel momento supremo (l'ora di Gesù continua nell'ora di Maria): sangue del Figlio e lacrime della Madre colano insieme e si mescolano per la redenzione del genere umano.
       La presenza di Maria accanto al Figlio inchiodato sulla croce realizza la profezia della spada (vs la lancia che trafigge il petto di Gesù); di qui l'iconografia del cuore di Maria trafitto da una spada, che diventa simbolo dei suoi dolori, per cui la spada si moltiplica in altre spade (in altri dolori), individuati dalla fede del popolo di Dio nei "sette dolori di Maria":

      Profezia di Simeone: Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima (Lc 2, 34-35).

      Fuga in Egitto: Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo". Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto (Mt 2, 13-14).

     Smarrimento di Gesù: Dopo tre giorni trovarono Gesù nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo". Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". Ma essi non compresero le sue parole (Lc 2, 46-50).

     Incontro con Gesù sulla via della croce: Mentre conducevano via Gesù, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui (Lc 23, 26-27).

     Crocifissione: cf. sopra Gv 19, 25-26.

      Deposizione: Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù […]. Pilato concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia (Mc 15, 43-46).

      Sepoltura: Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù (Gv 19, 40-42).

      Però questi momenti sono soltanto degli episodi particolari, perché tutta la vita di Maria fu segnata dalla sofferenza: pensiamo a come avviene la nascita di Gesù (fuori casa e in quale ambiente), l'incredulità di Nazareth, i discepoli che abbandonano Gesù nella sua passione e morte, la persecuzione poi degli stessi discepoli di Gesù.      

      Da qui due rilievi:

      Maria è donna di fede, di una fede continuamente messa alla prova: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 41-45).

      Maria annuncia la morte del Signore: A tutti Gesù diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per me, la salverà" (Lc 9, 23-24). E Paolo, a proposito dell'istituzione dell'Eucaristia: "Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me". Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga" (1Cor 11, 23-26). E nella lettera ai Romani: "Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo: dal momento che partecipiamo veramente alle sue sofferenze, parteciperemo anche alla sua gloria" (8, 17). Nello "Stabat Mater", preghiamo: "Fac me tecum pie flere, Crucifixo condolere, Donec ego videro… Fac ut portem Christi mortem (Fa che io pianga e com-patisca il Crocifisso finché io viva; fa che porti in me la morte di Cristo)".

3. La Paraclesis di Maria

Sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente, aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati (Rm 8, 22-24).

      La consolazione esce dall'afflizione, interiorizzata mediante l'azione dello Spirito Santo, che trasforma i nostri dolori in "doglie del parto". La via per la quale avviene questa trasformazione è la speranza, sostenuta dall'amore che Dio riversa nei nostri cuori intenerendoli e rendendoli capaci di abbandonarsi in lui: "La speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi" (Rm 5, 5-6).
      A Pentecoste Maria è attiva in mezzo ai discepoli del Signore: "Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (At 1, 14). La consolazione, che Maria ci offre, è quella che viene dallo Spirito Paraclito, aiutandoci a scoprire l'amore di Dio per noi, così che possiamo ricevere il dono delle lacrime per piangere i nostri peccati e la forza dell'amore fino al perdono.
      Il dono delle lacrime è legato al pentimento, al ripudio di ogni idolatria e ai nostri tentativi infruttuosi di cambiare vita per diventare sempre più simili a Gesù: la lacrime lavano gli occhi e inteneriscono il cuore, rendendoci più sensibili all'amore di Dio per noi. Il perdono rigenera relazioni, suscita o riaccende l'amore nel deserto provocato dal risentimento o, peggio, dalla vendetta.

Conclusione

      L'intervento di Maria, che ci sta accanto con la sua "paráclesis" di Madre, concorre all'attuazione di uno strano processo, di un capovolgimento paradossale, in cui la consolazione si riconverte in afflizione: come Maria anche noi impariamo a stare accanto alla croce dei fratelli, a faticare per la causa del Regno: "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1, 24). Qui l'afflizione diventa il segno dell'amore al prossimo e stimolo a diventare noi stessi consolazione per coloro che sono afflitti dell'afflizione che umilia, scoraggia e rende sterili.

Mons. Sante Babolin
Ordinario di Filosofia
Pontificia Università Gregoriana

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