Archetipo significa "simbolo che
produce altri simboli". Affermare che Maria è "archetipo di femminilità"
significa riconoscere che tutte le connotazioni della donna convergono
in Maria come nella sua fonte: Maria, nuova Eva, rivela e realizza la
gloria della donna nella Creazione e nella Redenzione.
Gloria di Maria nuova Eva
Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine,
a nostra somiglianza; domini sui pesci del mare e sui volatili del
cielo, sugli animali domestici, su tutte le bestie selvatiche e su
tutti i rettili che strisciano sulla terra". Dio creò l'uomo a Sua
immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina lo creò (Gen
1, 26-27).
Dio unico parla al plurale. Mi sembra
giustificato, come in casi analoghi (cf Gen 18, 1-10 dove i Tre usano
il singolare), vedere un preannuncio della rivelazione dell'Uni-trinità
di Dio. Dio uni-trino crea l'uomo uni-trino (padre, madre, figlio); la
divina Trinità crea l'umana trinità.
Mi sembra che proprio in questo stia
la grandezza dell'uomo, creato maschio e femmina: "Se guardo il tuo cielo,
opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa
è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi?
Eppure lo hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai
coronato" (Sal 8, 4-6). Nel mistero della Trinità, unicamente al Padre
è attribuito l'atto del generare; e Dio Padre conferisce all'uomo, maschio
e femmina, il potere di generare altri esseri umani che siano simili a
se stesso e a Dio. Nell'umana trinità, maschio e femmina partecipano congiuntamente
al privilegio divino di generare, mediante un atto di unione d'amore che
li rende con-creatori con Dio Padre che dona alla nuova creatura umana
l'anima immortale.
In questo prodigio di grandezza, dentro
l'umana trinità, è riservata alla donna la parte migliore nella partecipazione
all'atto con-creativo di altri esseri umani. Il Prologo di Giovanni ci
rivela l'interiorità del mistero di Dio, quando dice che "il Figlio unigenito
è nel seno del Padre" (Gv 1, 18); e Paolo, in forma scultorea, parla dell'Incarnazione
dicendo: "quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio,
nato da donna" (Gal 4, 4): Colui che dimora nel seno del Padre viene a
dimorare nel grembo di Maria. Di qui la sconvolgente associazione della
maternità di Maria con la paternità di Dio, della generazione umana del
Figlio di Dio, per l'Incarnazione, con la generazione divina ed eterna
del Figlio da parte del Padre nella vita intra-trinitaria di Dio.
Maria, nuova Eva, con la sua femminilità
rivela la grandezza della maternità umana, come partecipazione privilegiata
alla creazione degli uomini da parte di Dio Padre; maternità che ora,
nella pienezza dei tempi, è diventata espressione piena dell'agape divina:
"Dio è amore; chi dimora nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui"
(1Gv 4, 16). L'agape è un amore che si fa dono, un amore gratuito e misericordioso,
tale cioè da riuscire a ridare vita, e per questo è essenzialmente materno,
un amore com-passionevole che riesce a togliere la distanza e a compiersi
nella immedesimazione con l'altro.
Possiamo concludere che Maria è la
gloria della donna; e la divina maternità è la gloria di Maria; ed è proprio
la divina maternità che fa partire l'opera della redenzione.
Gloria di Maria madre del Signore
Gli archetipi della mascolinità
e femminilità si trasformano, nell'economia della salvezza, in carismi
archetipi; e come gli archetipi nell'ordine naturale determinano le tipologie
della vita, dell'amore e del comportamento, - così i carismi archetipi
nell'ordine della grazia determinano le vocazioni, i ministeri, l'esercizio
della carità e i compiti istituzionali. Meditiamo perciò sulla divina
maternità, che qualifica il carisma archetipo della femminilità in Maria
e poi cerchiamo di capire come Maria, per la vicinanza di Giuseppe, favorisca
anche la qualificazione del carisma complementare della mascolinità.
1. MARIA VERGINE
MADRE
Credo sia decisivo comprendere il
significato profondo del concepimento verginale di Gesù da parte di Maria:
sembra che verginità e divina maternità si esigano reciprocamente.
Ogni uomo, in quanto creatura, viene
all'esistenza creato da Dio; in quest'opera della creazione si realizza
un concorso tra l'amore dei genitori (l'unione coniugale) e l'amore di
Dio Padre. Questo non è il caso di Gesù, perché egli non è una creatura.
Noi non preesistiamo prima del nostro concepimento nel grembo di nostra
madre, Gesù preesisteva, come Figlio di Dio, nel seno del Padre, prima
di prendere carne nel grembo di Maria. Nel concepimento di Gesù da parte
di Maria c'è soltanto il concorso di due volontà, di due amori: quello
di Dio per Maria e quello di Maria per Dio, del sì di Maria e del sì di
Dio Padre. Questa è verginità di Maria: il suo essere tutta e unicamente
di Dio.
L'Incarnazione del Figlio di Dio nel
grembo di Maria prosegue, come umanizzazione e inculturazione, anche dopo
la sua nascita mediante l'opera educativa portata avanti congiuntamente
da Maria e da Giuseppe. Anche in questo Maria rivela la sua perfetta femminilità
riconoscendo e favorendo il ruolo di Giuseppe dell'educazione del figlio.
L'episodio dello smarrimento e ritrovamento di Gesù al tempio è particolarmente
significativo sotto questo aspetto. Quando con Giuseppe ritrova Gesù,
parla lei ma per dire: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre
e io, angosciati, ti cercavamo" (Lc 2, 48). Maria mette davanti il padre.
Certamente è un fatto culturale, però possiamo ritenere che abbia fatto
questo consapevolmente e non per una semplice conformità sociale; anche
lei sapeva, meglio di noi oggi, che la sanità psichica del maschietto
esige una buona relazione con il padre; e Maria, evidentemente, favorisce
la relazione di Gesù con Giuseppe. È Giuseppe che introduce il carisma
archetipo della mascolinità nell'opera educativa di Gesù; e Gesù realizza,
come tutti i maschi bene formati, la sua identificazione psicologica con
Giuseppe; è su questo percorso che possiamo evidenziare la complementarietà
dei due carismi archetipi.
Ora seguendo il suggerimento di Pavel
Evdokimov (La donna e la salvezza del mondo, Jaca Book 1980), per
evidenziare questa complementarietà operante nella vita di fede, riflettiamo
sulla presenza di Maria nell'icona della Crocifissione (femminilità
di Maria vs mascolinità di Giovanni Evangelista) e della Deesis
(femminilità di Maria vs mascolinità di Giovanni Battista).
2. MARIA NELLA CROCIFISSIONE
E NELLA DEESIS
Nella Crocifissione Maria,
madre di Gesù, mostra ed offre il Redentore, accettando di essere trafitta
con la spada del dolore, secondo la profezia di Simeone: "Gesù è qui per
la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione
perché siano svelati i pensieri di molti cuori; ed anche a te una spada
trafiggerà l'anima" (Lc 2, 34-35). Accanto alla croce, Maria "sta in piedi"
vicina al Figlio, con il coraggio di Giovanni Battista; si direbbe che
nella sua femminilità assorbe l'energia della mascolinità.
Nella Deesis Maria, Madre della
Chiesa, guida i redenti alla gloria "per la gloria del Figlio", primogenito
di molti fratelli: compie nella Chiesa neotestamentaria quello che il
Battista compie nella Chiesa veterotestamentaria. Perciò dobbiamo riconoscere
che il Battista è il precursore di Gesù e di Maria. "Tra i nati di donna,
nessuno è superiore a Giovanni Battista", però Maria, la Donna, è la realtà
di quello che nel Battista era figura.
Conclusione
La riflessione è particolarmente
urgente: la distruzione dell'identità della donna, la perdita della femminilità
e del suo cuore dentro l'umana trinità, il deprezzamento della verginità
e della maternità, costituiscono un serio pericolo non solo per la scomparsa
delle culture, in cui queste negatività si affermano, ma anche dell'intera
umanità a motivo del processo di globalizzazione promosso dai mezzi di
comunicazione di massa.
Mons. Sante Babolin
Ordinario di Filosofia
Pontificia Università Gregoriana
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