COME
AFFIDARSI A MARIA
«In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire (diakonê) mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo (diákonos). Se uno mi serve, il Padre lo onorerà» (Gv 12, 24-26). Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo. (Gv 17, 24). «Maria è diventata non solo la "madre-nutrice" del Figlio dell'uomo, ma anche la "compagna generosa in modo del tutto singolare" (LG 61) del Messia e Redentore» (Redemptoris Mater (1987), 39). La presenza di Maria nella Signoria di Gesù si converte in diaconia di Maria per la causa del Regno; diaconia che significa mediazione materna, vicinanza affettiva ad ogni uomo da parte della Madre del Figlio dell'Uomo, preghiera d'intercessione e causa esemplare della salvezza. «La Chiesa sa e insegna con san Paolo che uno solo è il nostro mediatore: "Non c'è che un solo Dio, uno solo anche è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, che per tutti ha dato se stesso quale riscatto" (1Tm 2, 5). "La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia" (LG 60): è mediazione in Cristo» (Redemptoris Mater, 38). 1. Diaconia di Maria «"Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e perciò esaltato dal Padre (Fil 2, 8), è entrato nella gloria del suo Regno; a lui sono sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature, affinché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15, 27)". Maria, serva del Signore, ha parte in questo Regno del Figlio. La gloria di servire non cessa di essere la sua esaltazione regale: assunta in Cielo, ella non termina quel suo servizio salvifico, in cui si esprime la mediazione materna, "fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti" (LG 62)» (Redemptoris Mater, 41). Per comprendere il ministero di Maria, che sta accanto a Gesù nella gloria, può esserci utile riflettere sull'analogia tra Maria e Anna, la madre di Samuele. Sappiamo infatti che il cantico del "Magnificat" s'ispira al cantico che Anna rivolge al Signore dopo avergli offerto il figlio Samuele (1Sam 2, 1-10). «Dopo averlo divezzato, Anna andò con Èlkana, portando un giovenco di tre anni, un'efa di farina e un otre di vino e venne alla casa del Signore a Silo e il fanciullo era con loro. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli. Allora Anna disse: "Ti prego, mio signore. Per la tua vita, signor mio, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò anch'io lo do in cambio al Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore ". E si prostrarono là davanti al Signore» (1Sam 1, 24-28). Anna "cede al Signore, per tutti i giorni della sua vita, Samuele". Questo fatto non toglie la libertà a Samuele, ma provoca in lui una benedizione da parte di Dio, la quale diventa copertura del Signore per tutti i giorni della sua vita. Samuele resterà libero di fare le sue scelte, ma la benedizione di Dio su di lui resterà sempre come continua disponibilità del Signore a proteggerlo. 2. Affidamento a Maria «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quell'ora il discepolo la prese con sé» (Gv 19, 25-27). Tenendo presente il significato profondo dell'espressione greca (eis ta idia), Giovanni Paolo II commenta: «Si può dire, inoltre, che in queste stesse parole venga pienamente indicato il motivo della dimensione mariana della vita dei discepoli di Cristo: non solo di Giovanni, che in quell'ora stava sotto la Croce insieme alla madre del suo Maestro, ma di ogni discepolo di Cristo, di ogni cristiano. Il redentore affida sua madre al discepolo e, nello stesso tempo, gliela dà come madre. La maternità di Maria che diventa eredità dell'uomo è un dono: un dono che Cristo stesso fa personalmente ad ogni uomo. Il Redentore affida Maria a Giovanni in quanto affida Giovanni a Maria. Ai piedi della croce ha inizio quello speciale affidamento dell'uomo alla Madre di Cristo, che nella storia della Chiesa fu poi praticato ed espresso in diversi modi. Quando lo stesso apostolo ed evangelista, dopo aver riportato le parole rivolte da Gesù sulla Croce alla madre ed a lui stesso, aggiunge: "E da quel momento il discepolo la prese con sé" (Gv 19, 27), questa affermazione certamente vuol dire che al discepolo fu attribuito un ruolo di figlio e che egli si assunse la cura della Madre dell'amato Maestro. E poiché Maria fu data come madre personalmente a lui, l'affermazione indica, sia pure indirettamente, quanto esprime l'intimo rapporto di un figlio con la madre. E tutto questo si può racchiudere nella parola "affidamento". L'affidamento è la risposta all'amore di una persona e, in particolare, all'amore della madre. La dimensione mariana della vita di un discepolo di Cristo si esprime in modo speciale proprio mediante tale affidamento filiale nei riguardi della Madre di Dio, iniziato col testamento del Redentore sul Golgota. Affidandosi filialmente a Maria, il cristiano, come l'apostolo Giovanni, accoglie "fra le sue cose proprie" la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore, cioè nel suo "io" umano e cristiano: "La prese con sé". Così egli cerca di entrare nel raggio d'azione di quella "materna carità", con la quale la Madre del Redentore "si prende cura dei fratelli del Figlio suo", "alla cui rigenerazione e formazione ella coopera" secondo la misura del dono, propria di ciascuno per la potenza dello Spirito di Cristo. Così anche si esplica quella maternità secondo lo spirito, che è diventata la funzione di Maria sotto la Croce e nel cenacolo» ( Redemptoris Mater, 45) Per comprendere il nostro affidamento a Maria, è necessario considerarlo dal basso: non si tratta del Signore che viene a noi tramite Maria, ma siamo noi che ci affidiamo a Maria per andare da Gesù, per conoscerlo sempre di più e per scoprire come imitarlo. "Poiché tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo, la più perfetta di tutte le devozioni è senza dubbio quella che ci conforma, unisce e consacra in modo perfetto a Gesù Cristo. Ora, poiché fra tutte le creature Maria è la più conforme a Gesù Cristo, ne consegue che fra tutte le devozioni quella che consacra e conforma di più un'anima a Nostro Signore è la devozione alla Santissima Vergine, sua santa Madre, e che più un'anima sarà consacrata a Maria, più lo sarà a Gesù Cristo" (L. M. Grignion de Montfort, La vera devozione, Ed. Monfortane, Roma 2000, n. 120). Naturalmente per realizzare nella verità questo affidamento a Maria è necessario essere bene istruiti e illuminati sulla persona di Cristo, altrimenti si corre il rischio di cadere in false devozioni alla Madre di Dio: san Luigi M. Grignion de Montfort enumera sette forme di falsi devoti: critici, scrupolosi, esteriori, presuntuosi, incostanti, ipocriti e interessati. 3. Il discepolo del Signore è cristiano e mariano "Cristo è venuto fra noi seguendo la via della generazione umana. Ha voluto avere una madre, ha voluto incarnarsi mediante il mistero vitale di una donna, della Donna benedetta fra tutte. È da Lei che noi lo abbiamo. Egli è uomo come noi. È nostro fratello per il ministero materno di Maria. Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui ci conduce" (Paolo VI, Omelia al Santuario della Madonna di Bonaria, Cagliari 24 aprile 1970). La vera devozione a Maria, sempre secondo san Luigi M. Grignion de Montfort, deve essere interiore, tenera, santa, costane, disinteressata; tradurrei queste cinque caratteristiche in sei note esenziali che mi sembra debbano essere presenti in ogni autentica devozione a Maria: - cristocentrica: nel senso che è tutta finalizzata alla conoscenza amorosa (tipica di una madre verso il proprio figlio) di Cristo e alla piena adesione di fede a Lui (= consacrazione); - spirituale: vissuta nella docilità allo Spirito Santo (importanza di rinnovare le promesse battesimali) e fondata più sull'impegno interiore che sulle pratiche esteriori (pur necessarie); - santificante: perché accolta come dono di Cristo Signore e come via maestra (ecclesiale) per realizzare con generosità e radicalità la nostra conformazione a Cristo in ogni situazione spirituale e materiale: Maria è accanto a Gesù, è il prolungamento della sua sacrosanta umanità che lo rende più vicino a noi; - cordiale: alimentata cioè dalla gioia di conoscerla e di benedirla, dalla riconoscenza e dal desiderio di farla conoscere; - filiale: così da vivere l'atteggiamento del figlio verso la madre, l'affidamento vero come detto sopra; - fedele: perseverante e non soggetta al mutare dei sentimenti e delle difficoltà della vita. |